Reportage dalla “ricchissima” e “poverissima” Nigeria

Le contraddizioni di un paese che avrebbe tutto per essere economicamente florido e dove invece la gente vive con meno di due dollari al giorno. Parla il professor Michael Ufok Udoekpo, preside alla Veritas University di Abuja

Processione di cattolici ad Abuja, Nigeria (foto Tempi)

Leone Grotti, inviato di Tempi, è in Nigeria. Chi volesse sostenere il nostro reportage può farlo con una donazione al Fondo Più Tempi.

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Abuja. «La Nigeria ha tutto, è ricca di risorse, ma non sa cosa fare con la sua ricchezza, la spreca e la depreda. Ecco qual è il nostro problema più grande». Per trovare giudizi assennati e non scontati sul gigante addormentato dell’Africa bisogna allontanarsi dal centro caotico della sua capitale, Abuja, e dirigersi in periferia.

Qui le strade, spazzate dal vento afoso proveniente dal deserto del Sahara, non sono intasate dal traffico e dall’incessante ronzio delle moto, ma dalle mandrie di vacche, che con il loro manto bianco e le caratteristiche lunghe corna occupano noncuranti le lingue d’asfalto. Ai lati delle carreggiate i grandi cartelloni pubblicitari sono occupati dai volti dei personaggi più influenti della Nigeria: i politici, locali e nazionali, che magnificano se stessi da un lato e i pastori pentecostali di chiese sempre nuove che sorgono dovunque dall’altro. Attraverso la teologia della prosperità promettono ricchezza ai fedeli, ma nonostante le alte adesioni oltre la metà dei 220 milioni di abitanti della Nigeria continua a vivere sotto la soglia della povertà assoluta, con meno di due dollari al giorno.

Il 95 per cento vive in povertà

È in una valle circondata da meravigliose colline di terra rossa e brulla, dove la vegetazione pur depressa dalla stagione secca cresce forte e casuale, che sorge la Veritas University, l’unica fondata e gestita direttamente dalla Conferenza episcopale nigeriana. L’ateneo, che ha aperto nel 2008 e che è frequentato da 5 mila studenti, è un vero gioiello, offre corsi di laurea nei principali indirizzi umanistici e scientifici, e ha un solo obiettivo: cercare la verità e formare “integralmente” gli alunni.

Fedele alla missione dell’università, il preside della facoltà di Studi umanistici del dipartimento di Teologia, il professor Michael Ufok Udoekpo, offre una lettura senza sconti della realtà del paese più ricco e popoloso dell’Africa. «Abbiamo enormi risorse naturali, a partire dal petrolio, eppure meno dell’1 per cento della popolazione è ricca mentre il restante 99,5 per cento vive in povertà. In Nigeria non esiste la classe media. Com’è possibile una distribuzione così ineguale della ricchezza? Purtroppo abbiamo pessimi leader, corrotti e senza coscienza, che non cercano il bene comune».

Michael Ufok Udoekpo, preside della facoltà di studi umanistici del dipartimento di Teologia alla Veritas University di Abuja (foto Tempi)

I giovani nelle mani dei trafficanti

Il professore prende fiato, guarda il condizionatore che protegge la sua casa dall’aria calda e opprimente che arroventa l’esterno, e continua: «Io sono fortunato e posso permettermi un generatore. Ma quanti in Nigeria possono fare lo stesso? Pochi. Il governo non garantisce alla popolazione elettricità, né acqua potabile, né buone strade e soprattutto non protegge la popolazione dalla violenza che è esplosa irrefrenabile in ogni parte del paese. I genitori devono avere paura a mandare i figli a scuola perché potrebbero essere rapiti da Boko Haram: ci si può stupire se tanti giovani cercano di scappare da voi in Europa, finendo spesso nelle mani di trafficanti senza scrupoli e impoverendo il paese? Se la situazione fosse diversa resterebbero qui».

Il giudizio sull’operato dell’ultimo presidente musulmano, Muhammadu Buhari, ex dittatore militare del paese che riuscì a conquistare il potere anche in abiti civili, è pessimo. E dopo che le recenti elezioni, considerate dalla maggior parte dei nigeriani e degli organismi internazionali di validità “dubbia”, per utilizzare un eufemismo, hanno visto il trionfo del leader musulmano Bola Tinubu, appartenente allo stesso partito (Apc) di Buhari, non ci sono grandi speranze che le cose migliorino in futuro.

Tensioni tra cristiani e musulmani

Ma non è solo colpa dei leader del paese, tutti ottuagenari, se la Nigeria sembra crollare su se stessa (in città, dopo la riforma monetaria, sono introvabili anche le banconote). «Sono stati i britannici a creare la Nigeria, mettendo insieme persone molto diverse tra loro», prosegue il professor Udoekpo versandosi un bicchiere d’acqua e servendosi una locusta, una squisitezza arrivata direttamente dal Nord del paese. «Non siamo un paese omogeneo. Il Nord musulmano è diverso dal Sud cristiano, e il tribalismo è fortissimo. Le tre principali etnie (Hausa-Fulani, Yoruba e Igbo) non si fidano l’una dell’altra e i politici si avvantaggiano di queste divisioni».

La rivalità etnica è aggravata da quella religiosa: «In Nigeria la religione è tutto», conferma il preside di facoltà della Veritas University. «E c’è sempre tensione tra cristiani e musulmani, che costituiscono all’incirca il 50 per cento della popolazione ciascuno. Per ragioni storiche, tutti i posti che contano nel governo e nell’esercito sono occupati da musulmani». E sono le stesse persone, il professore non lo dice ma lo fa intendere, che per far vincere leader musulmani manipolano i risultati elettorali, anche quest’anno pubblicati con enorme ritardo senza apparente ragione, visto l’utilizzo del sistema elettronico.

Ingresso della Veritas University di Abuja in Nigeria (foto Tempi)

Nigeria: una statocrazia

«Molti leader civili sono stati prima leader militari e hanno mantenuto la stessa mentalità, anche se l’abito che indossano è diverso», continua Udoekpo. «Ecco perché secondo me la Nigeria non è una democrazia ma una stratocrazia. Perché la gente, come accade in Europa, non è scesa in piazza per protestare pacificamente contro il risultato elettorale? Perché aveva paura di essere uccisa dall’esercito. Questa è la verità: in Nigeria la libertà di espressione non è garantita».

È su questa enorme mole di problemi che si è innescato il cancro della violenza, che secondo i dati di Open Doors ha reso la Nigeria il paese dove vengono uccisi per la loro fede oltre il 90 per cento dei cristiani al mondo. «Noi purtroppo non siamo un popolo patriottico o nazionalista», cerca di analizzare le cause del fenomeno il professor Udoekpo. «La gente non capisce che siamo fratelli. I pastori Fulani non comprendono che non possono invadere le terre degli agricoltori cristiani, così come non possono pascolare le loro mandrie sulle strade. Alla base delle violenze c’è sicuramente l’ignoranza».

«Abbiamo risorse, ma non le usiamo»

Non solo. «In Nigeria non esistono leggi a tutela degli agricoltori. Siamo una società senza legge, dove la gente ha pochi diritti e spesso non sa neanche di averne. Quando il fenomeno del banditismo è nato, il governo non l’ha fermato e così, come un’infezione che inizialmente prende solo un arto e poi dilaga, si è allargato a tutto il corpo del paese. Chi oggi uccide, deruba e distrugge con armi sofisticate non viene perseguito, né arrestato, né condannato. L’enorme massa di giovani senza lavoro, sentendosi tradita dal governo, pensa di avere il diritto di rapire le persone per chiedere un riscatto e così guadagnarsi da vivere. Esiste anche un problema religioso, i fanatici islamici esistono, ma non è solo questo. Se quando avviene un attacco polizia ed esercito scappano, come si può fermare la violenza? La corruzione, purtroppo, si è diffusa dappertutto».

Per cambiare il paese servirebbe un miracolo, ma il professor Udoekpo, che è anche sacerdote cattolico, crede più nel lavoro. «Io ho lavorato a lungo come docente negli Stati Uniti e potevo restarmene lì. Ma quattro anni fa ho deciso di tornare in Nigeria per educare i suoi giovani alla Veritas University di Abuja», spiega. «Questo paese è ricco e ha veri angoli di paradiso che a volte lo rendono anche simile all’Italia. Dobbiamo imparare a usare i soldi che abbiamo invece che portarli nelle banche all’estero. Anche la comunità internazionale ci deve aiutare a crescere. Siamo una democrazia giovane e poco patriottica. Ma abbiamo risorse – soprattutto umane – enormi e dobbiamo imparare a sfruttarle».

La processione

Uscendo dalla casa del professore, per le strade del campus dell’ateneo, un gruppo di studenti cattolici recita il rosario in processione come ogni venerdì. In lontananza arriva l’eco di un muezzin che chiama i musulmani alla preghiera.

Fuori dagli alti cancelli dell’università protetti da agenti di sicurezza impazzano commerci di ogni tipo. Centinaia di giovani bighellonano o cercano di terminare la vendita del loro carico di mango e pannocchie per sbarcare il lunario. E si fatica a credere di essere in uno dei primi dieci paesi al mondo per esportazione di petrolio e per riserve certificate.

@LeoneGrotti

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