Nigeria, ora Boko Haram vuole trattare la pace: «Ma solo in Arabia Saudita»

Abdulaziz, numero due di Boko Haram, ha chiesto al governo nigeriano di trattare la pace ponendo le sue condizioni: «Non siamo contro lo Stato ma contro le forze di sicurezza, che ci uccidono».

Boko Haram vuole la pace, o almeno così dice a Maiduguri, roccaforte della setta nel nord della Nigeria, Abu Mohammed Ibn Abdulaziz, numero due del gruppo terroristico: «Noi non stiamo cercando di sfidare lo Stato, come la gente va raccontando, bensì le forze di sicurezza che uccidono i nostri affiliati, i nostri bambini e le nostre mogli. Se il governo è sincero, questi attacchi devono finire».

E I CRISTIANI? Non è chiaro perché Boko Haram, per «combattere le forze di sicurezza del governo nigeriano», faccia esplodere quasi un’autobomba ogni domenica davanti o dentro una chiesa cristiana, provocando morti e feriti a non finire, o perché, sempre per combattere le forze di sicurezza, insista che «i cristiani devono convertirsi all’islam e lasciare il nord del paese». Ad ogni modo, Boko Haram ha fatto una proposta e posto delle condizioni.

SI TRATTA SOLO IN ARABIA SAUDITA. Il primo round di colloqui di pace tra gli estremisti e il governo non era andato bene e le due parti non si erano più parlate da quando il portavoce della setta, Abu Qaqa, è stato ucciso dalle forze di sicurezza del paese in settembre. Abdulaziz avrebbe posto come condizioni al dialogo che l’incontro tra le parti avvenga in Arabia Saudita, paese che è difficile definire neutro, e che tra i mediatori ci sia Muhamed Buhari, colonnello islamico che ha dominato il paese per 20 mesi dopo aver preso il potere nel 1984.

SEGNALI POSITIVI. Secondo alcuni esperti citati dal quotidiano inglese Guardian, «la richiesta di Buhari come mediatore potrebbe significare che la volontà di dialogo è reale. Come quasi tutti i nigeriani del nord, Boko Haram crede che Buhari sia un musulmano fedele che non può in alcun modo essere convinto dalla politica a tradirli». La parola ora passa al presidente Goodluck Jonathan.

@LeoneGrotti

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