Pace e intelligenza artificiale

Il messaggio di Papa Francesco del primo gennaio ci ricorda che il progresso di scienza e tecnologia non è neutrale, ma ha bisogno di uno sguardo umano che lo orienti e indirizzi

Papa Francesco durante l’udienza generale dello scorso 3 gennaio (foto Ansa)

In questa prima rubrica del 2024 non voglio far cadere le riflessioni e le provocazioni contenute nel Messaggio del Santo Padre Francesco per la 57°ma Giornata Mondiale della Pace, che, come ogni anno, è caduta il primo gennaio. Mi occupo, del resto, di relazioni internazionali per la Regione Lombardia e la prospettiva della pace è l’unico orizzonte in cui collocare ogni azione e ogni rapporto diplomatico che intercorra tra gli Stati, le Regioni o qualunque livello istituzionale o sociale.

AI e pace nel messaggio di Papa Francesco

Ciò che mi ha colpito del messaggio del Papa è il “taglio”, se così si può dire, che egli ha voluto dare alla sua riflessione: intelligenza artificiale e pace. Due temi che non siamo abituati a considerare contigui, ma che ci offrono spunti di riflessione non comune. Il primo dato che il Papa richiama è relativo alla consapevolezza che l’intelligenza artificiale, come qualunque altro progresso della scienza e della tecnologia, non sono mai neutrali, ma hanno sempre bisogno di uno sguardo umano e di un’antropologia che li orienti e li indirizzi.

Questa considerazione fa giustizia di tanti giudizi positivistici che vedono il bene assoluto in queste innovazioni, dimenticando che esse hanno bisogno di una capacità di giudizio umano che ha sempre intrinsecamente in sé un contenuto etico e morale. Tale valutazione è quella che permette all’uomo di orientare verso il bene la potenza di questi strumenti. Il Papa, ben lungi dal demonizzare il progresso, riconosce questi strumenti come fattori positivi, frutto dell’intelligenza e della dignità che Dio ha donato agli uomini. Considerarli un male sarebbe superficiale tanto quanto assegnare loro un valore prometeico, quasi salvifico, come se potessero risolvere tutto senza un giudizio etico e antropologico capace di orientarli.

Non a caso, il Papa accompagna questa riflessione al senso del limite del paradigma tecnocratico. Senso del limite che deve essere sempre presente sia in coloro che usano questi strumenti, sia in chi li sviluppa. Il rischio, sottolinea il Santo Padre, è che l’essere umano, essendo mortale per definizione, quando pensa di travalicare ogni limite trasformandolo in virtù della tecnica, nell’ossessione di voler controllare tutto, perde il controllo su sé stesso.

Educazione e sviluppo del diritto internazionale

Un terzo aspetto che mi interessa sottolineare è la considerazione che Papa Francesco esprime nel punto 6, intitolato “Trasformeremo le spade in vomeri?”, quando, tornando sulle grandi questioni etiche legate agli armamenti, pone l’accento su un aspetto tanto sottaciuto quanto rivelatore: «La possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra». Ecco, io credo che in questa osservazione ci sia un grande punto di verità, oramai incontestabile.

Le morti di Gaza City hanno superato oramai le ventimila persone, tra cui molti bambini, ma l’impressione è che il mondo occidentale abbia perso il senso dell’orrore. Le morti, come in videogame, diventano abitudine accidentale, prive di quella pietà che sempre dovremmo conservare al cospetto delle guerre. In questo panorama, desolante, i monaci benedettini della Cascinazza a Buccinasco, hanno voluto richiamare l’attenzione di tutti, costruendo un Presepe dove Maria, Giuseppe e Gesù sono posti all’interno di macerie, richiamando quando sta accadendo in Palestina. Un appello silenzioso quello dei monaci che deve farci riflettere, permettere di ridestarci dall’oblio della resa al male.

Per questo il Papa conclude richiamando alle sfide per l’educazione e per lo sviluppo del diritto internazionale. Certamente questi temi richiedono un lavoro educativo e muovono alla necessità di pensarlo in maniera adeguata, perché senza una capacità di discernimento l’intelligenza artificiale può produrre forme di “allucinazione” che si accompagnano alla stupidità umana. Il diritto internazionale altresì si ritrova impreparato al cospetto di strumenti che possono andare oltre le leggi del diritto, così come tradizionalmente lo intendiamo. La domanda sul futuro si rende indispensabile, perché la sfida che l’innovazione pone continuamente al potere, ci chiede di essere sentinelle vigilanti del nostro tempo.

Exit mobile version