Meglio soli che metaversi

Robot da compagnia con cui essere “migliori amici”, perfetti mondi digitali in cui rinascere “social”, cari estinti riesumati come app. Si fa di tutto per “curare la solitudine”. Eppure è proprio grazie ad essa che può nascere una vera comunità. L’insolito invito natalizio di Hadjadj

La signora Marinella era rimasta seduta per due anni su una sedia in cucina. Tirava un forte vento lo scorso febbraio a Prestino, periferia di Como, quando i vicini di casa, impauriti dall’ondeggiare degli alberi attorno alla sua villetta, avvisarono il nudo proprietario. I vigili del fuoco trovarono la mummia di Marinella nel tinello di una casa «ordinata in modo meticoloso». Nessuno si era accorto che la 70enne era morta, nessuno si era accorto che era viva. I giornalisti pubblicarono la sua foto, capelli ramati, orecchini a cerchio, chiamando Marinella «la solitudine fatta persona».

Altrove, la signora Robin stava piegando il bucato quando sentì il suo bambino di 5 anni parlare con qualcuno al piano di sotto: «Alexa, vuoi essere mia amica?». La madre trattenne il respiro per un tempo che le parve infinito, finché l’assistente virtuale rispose: «Sono felice di essere tua amica!». Altrove, il messaggio di Michaela – «mi manchi» – strappa...

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