Meeting/ Calabresi: «Macché futuro rubato! I giovani devono avere fame»

Nord Africa e giovani sono i temi portanti affrontati nel penultimo giorno di Meeting. I ministri Frattini e Maroni hanno fatto il punto sul destino della Libia, il rapporto tra Tripoli e Roma e il problema dell'immigrazione. Il direttore della Stampa Mario Calabresi ha provocato la platea del Meeting: «Giovani, se volete un futuro, dovete prendervelo. Basta avere fame e guardare dei maestri». Maestri come Emilia Vergani, la cui storia è stata raccontata dal giornalista di Tempi Emanuele Boffi

«Non so dove sia Gheddafi ma quanto sta accadendo in queste ore dimostra che possa trovarsi a Sirte. L’idea di competizioni tra paesi piace solo a chi vuole colonizzare la Libia, il nostro intento è aiutare. I fatti dimostrano che abbiamo già chiesto perdono della colonizzazione passata, non vedo con chi dovremmo competere, visto che restiamo il primo partner libico. L’Italia vuole cominciare a dimostrare l’amicizia con il popolo libico ed è intensione di avviare fina da subito la formazione sanitaria e la creazione della guardia costiera». Nel penultimo giorno della XXXII edizione del  Meeting di Rimini il Nord Africa la fa padrone – come si intuisce dalle parole del ministro degli Esteri Franco Frattini, intervenuto alla manifestazione in serata – e certezze sul suo futuro ce ne sono ancora poche.

«I ribelli libici hanno programmi e progetti condivisibili – ha continuato il ministro. In primo luogo quello di una “road map” in direzione dell’approvazione della nuova Costituzione libica, che è l’aspetto più importante, poi ci sarà una chiara serie di tappe che dovranno condurre alle elezioni. Ma prima di tutto questo: si dovrà formare un governo rappresentativo dell’intera Libia, inclusivo, che possa guidare il Paese alle elezioni. Mi hanno assicurato che nel governo non si infiltreranno estremisti».

Difficile anche prevedere gli sviluppi che avrà l’immigrazione in Italia a seguito della guerra in Libia. L’unica certezza, secondo il ministro degli Interni Roberto Maroni, è che «a parte l’indiscutibile dovere di accoglienza di chi si presenta sulle nostre coste nelle condizioni che ormai conosciamo, dopo traversate drammatiche, è fondamentale stabilire regole per la permanenza, soprattutto evitando l’abuso delle vie del diritto d’asilo, effettuare rigorosamente i rimpatri, ma anche coordinarsi con le autorità locali per la gestione dei flussi dopo la prima fase di soccorso dei migranti». Migranti di età molto bassa: in Africa c’è un anziano ogni sedici giovani e sono soprattutto questi ultimi che arrivano in Italia sui barconi carichi di desideri e speranze.

Desideri e speranze che potrebbero tornare molto utili al nostro paese vista la cronica carenza che si riscontra nei giovani italiani. A parlare di questa mancanza è stato oggi il direttore della Stampa Mario Calabresi, che ha presentato il suo ultimo libro “Cosa tiene accese le stelle” insieme all’insegnante e scrittore Alessandro D’Avenia. «Dobbiamo smetterla – ha detto il giornalista – di permettere che i giovani dicano: “Ci hanno rubato il futuro”. Il futuro i giovani devono conquistarselo, anche se le condizioni sono difficili. L’Italia non può solo lamentarsi, deve reagire. Ai giovani deve tornare la fame e la pazienza di saper aspettare, perché i risultati non arrivano subito». Calabresi ha anche sottolineato l’importanza di avere qualcuno a cui guardare per avere il coraggio di sognare in grande: «Bisogna faticare molto per raggiungere dei risultati. E questo i giovani devono impararlo, guardando dei maestri. E l’Italia ne è piena, sono dappertutto, basta saper guardare».

L’esempio più fulgido di maestro che è stato possibile vedere oggi al Meeting è Emilia Vergani, fondatrice di In-presa, la cui storia è stata raccontata alla presentazione del libro “Emilia e i suoi ragazzi” (ed. Tempi-Lindau) dall’autore e giornalista di Tempi Emanuele Boffi e dal direttore di In-presa Stefano Giorgi. «Il libro è un racconto fatto attraverso altri racconti – spiega l’autore. Emilia ha visto che c’era un buco nell’assistenza sociale, che la scuola non bastava, ma occorreva inserire alcuni ragazzi in un contesto educativo a tutto tondo».

Come un fiume che nasce da una montagna e scende a valle, continua Boffi, «In-presa è un’opera che ha coinvolto tutti coloro che ha toccato. Alcuni sono stati solo lambiti, altri sono stati trascinati dentro, nessuno è rimasto indifferente. Mi ha colpito che anche chi ha avuto dissapori e ha lasciato l’opera, per un motivo o per un altro, non permette che il risentimento infici la positività che ha rappresentato per la sua vita».

All’In-presa, cooperativa sociale nata nel 1997 a Carate Brianza, ci sono 60 persone tra operatori, educatori e insegnanti, che lavorano per 370 ragazzi che frequentano la scuola. Tutto è nato dal genio educativo di Emilia Vergani, scomparsa il 30 ottobre 2000, un’assistente sociale – «che però non faceva assistenza, educava» come ha detto all’incontro Stefano Giorgi – che ha capito che «la scuola per alcuni ragazzi non bastava, ma occorreva inserirli in un contesto educativo a tutto tondo, che li aiutasse anche a cercare un impiego». Emilia aveva la certezza, continua il direttore, «che chiunque potesse trovare il suo posto nel mondo e che certi ragazzi per dire “io” hanno bisogno di un ambito che non sia la scuola». Tantissime le storie di ragazzi, magari con problemi familiari o in situazioni complicate, che hanno trovato un lavoro e riscoperto il proprio valore. Certo, attraverso un rapporto educativo faticoso ma, come ha dichiarato Giorgi, «il sinonimo di In-presa è “non ti mollo, io sto con te”».

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