Marijuana legale. Perugini, pm svizzero anti-droga, mette in guardia l’Italia: «Avrebbe effetti devastanti»

Parla a tempi.it il pm che ha fatto chiudere i canapai ticinesi. La liberalizzazione della canapa? Un danno per la salute dei cittadini e non servirebbe a contrastare la criminalità organizzata

«Legalizzare la cannabis avrebbe effetti devastanti per l’Italia, per la salute dei cittadini e per la sicurezza pubblica». Antonio Perugini, sostituto procuratore ticinese, ne è convinto. Il magistrato che a metà degli anni 2000 pose fine con le sue inchieste alla proliferazione dei canapai nel Canton Ticino, spiega a tempi.it che tollerare e legalizzare l’uso di droghe leggere non porta alcun vantaggio, né fiscale né sociale. «Sarebbe una scelta politica miope, basata sulla rassegnazione. Inoltre si scontra con il principio della salvaguardia della salute pubblica, che è comune a molte costituzioni occidentali, e se non sbaglio anche a quella italiana».

La marijuana è considerata una droga quasi innocua. Stando alla sua esperienza, è così?
L’effetto sulla salute è devastante. Quando nel Canton Ticino aumentarono le vendite legate al consumo di canapa, nelle cliniche psichiatriche si registrò un aumento consistente di ricoveri per psicosi precoce e disadattamento sociale, disturbi che colpirono soprattutto i giovani fra i quindici e i venticinque anni. Le persone che ne fanno uso stanno male. Bisogna capire che nella cannabis venduta oggi il principio psicoattivo Thc è presente al quindici, venti per cento, che è una concentrazione dieci volte superiore a quella della marijuana fumata dai “figli dei fiori” negli anni ’60. Sono dati riscontrabili. Fatti scientifici e comprovati. Sarebbe bene che prima di esaminare le proposte di legge, ci si basasse sui fatti scientifici.

Quindi non è vero che la canapa può avere uno scopo terapeutico?
È un alibi. Una droga si compra per drogarsi e non per curarsi. E ovviamente non si può sostenere che lo spinello sia una cura terapeutica. Sono pochi casi in cui la canapa è davvero utile, ed esistono già medicine che contengono quei principi attivi.

Si parla di una tendenza generale verso la legalizzazione. Gli ultimi esempi sono Uruguay e Colorado. Cosa ne pensa?
Molti dei paesi che li hanno preceduti oggi tornano sui propri passi. In Olanda, per esempio, dove la cannabis non è legalizzata ma semplicemente tollerata, sono stati chiusi molti coffe shop. La legalizzazione delle droghe è comunque un discorso che non può fare uno stato da solo. Questo atteggiamento non fa che spostare i consumatori da una parte all’altra del mondo, creando andirivieni di acquirenti fra un confine e l’altro. Questo fenomeno ci fu anche qui in Svizzera, e posso dire che è tutt’altro che un fatto positivo per la sicurezza pubblica. La scelta deve essere internazionale. E fino ad ora sulle droghe l’Onu si è sempre espressa con cautela e prudenza.

Tollerare il consumo delle droghe leggere può essere un’alternativa migliore alla legalizzazione?
No. La droga è un’emergenza educativa, che viene acuita da un malessere della nostra epoca che affligge soprattutto i giovani. Invece di interrogarsi sulla tollerabilità, che interessa solo una parte minima della popolazione, uno Stato dovrebbe chiedersi cosa sia stato fatto per prevenirne l’uso. Non bastano le sanzioni. Per risolvere il problema servono politiche della prevenzione a livello pubblico. Servono strutture apposite, investimenti, un lavoro costante e in profondità, che punti non solo a frenare la diffusione ma anche a contenerla. Bisogna far capire alle famiglie che non si può scegliere il disinteresse.

Qualcuno obietta che assumere droga è una scelta personale. Lo Stato dovrebbe lasciar perdere.
Questa libertà significa “fa ciò che vuoi ma poi ti arrangi”. La droga non è un bene per nessuno e non ha mai portato felicità. Rappresenta un problema per la sicurezza pubblica e inoltre è una scelta personale che però ha costi per la comunità: lo Stato deve mantenere i cittadini che hanno scelto di drogarsi, assisterli, pagare le terapie. Mi sembra paradossale che mentre impazza la moda per le politiche igieniste, che restringono la libertà dei cittadini, sulla questione della droga si vada in senso opposto.

Lei è un magistrato. Secondo lei legalizzare la droga serve a contrastare la criminalità organizzata?
È un discorso insensato. Il traffico passerebbe in altre mani, quelle di uno Stato che lucra sulla devastazione dei cittadini. E con i soldi risparmiati attraverso le tasse sulla canapa, si riuscirebbe solo in minima parte a ripagare i costi sociali della legalizzazione. Inoltre, non servirebbe a nulla per combattere il crimine, perché i trafficanti illegali riuscirebbero comunque a crearsi un mercato, abbassando i prezzi e contrabbandando.

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