Quanto potrà durare ancora il governo Letta-Alfano?

Le forze sfasciste premono per la caduta dell'esecutivo e chi lo sostiene lo fa in maniera tenue. Scenari prossimi venturi

Dell’attuale quadro politico nazionale regge soprattutto la cornice messa insieme con abilità e puntiglio da Giorgio Napolitano (diventato provvidenzialmente decisionista proprio nell’ultimo minuto della sua lunga esistenza). Quanto ai contenuti del quadro stesso, disegnati innanzitutto dal governo Letta-Alfano, è difficile non rilevarne i caratteri spesso tenui, quasi naturale espressione del continuo essere tenuti sotto scacco dal potente partito del caos che vede affastellarsi la banda di Repubblica tesa a difendere a tutti i costi il potere acquisito in questi decenni, Matteo Renzi che si è trasformato rapidamente da giovane speranza a solito avventuriero che antepone la propria carriera a qualsiasi altro obiettivo, il partito della magistratura politicizzata e di quella corporativa che ha dato il peggio di sé con una serie di processi che hanno trasmesso l’immagine di sentenze politiche e di un dibattimento delle prove più sul Fatto che in tribunale.

Dietro a questo ampio movimento disgregatore, consistenti influenze straniere dopo avere ben bene ridimensionato Finmeccanica puntano a colpire una delle poche grandi imprese nazionali ancora presenti sulla scena globale, l’Eni.
Tra il “caos” e i “tenui” si collocano poi una serie di forze astrattamente schierate per affrontare la crisi dello Stato, ma assai trattenute da una difesa innanzitutto dei propri interessi, con pochissima generosità verso vere politiche di emergenza e di riforma: così la Cgil di Susanna Camusso (pur rassicurata dalla segreteria del Pd di un altro già “tenue”, Guglielmo Epifani), così il Corriere della Sera, schierato per il governo ma incapace di suscitare veri consensi per le riforme (anche perché impelagato nella guerra per la sua proprietà).
Debole anche la capacità di indirizzo della Fiat (soprattutto quando si passa da Sergio Marchionne a John Elkann), della tenuissima Confindustria di Giorgio Squinzi. Pasticcione anche diverse personalità del Pdl, che scambiano – non senza pensare a propri tornaconti personali – per liberalesimo (dimenticando le lezioni morali degli Adamo Smith e dei Benedetto Croce, e la loro costante ricerca di saldatura fra tradizione e libertà) le istanze sessantottine (la dittatura dei desideri e della politically correctness). Insomma, si è di fronte a una situazione intricata nella quale il raggiungimento dei due obiettivi di fondo del governo Letta-Alfano (governare l’emergenza mentre si riforma lo Stato) non è affatto scontato.

L’idea che si possa vincere senza una strategia, per forza maggiore, per moral suasion, perché le alternative sono disperanti, nasce anche dal carattere dei politici che stanno guidando l’impresa: personalità che hanno sempre preferito un po’ di dissimulazione, la speranza del prevalere della ragione di per sé, il vincere per mancanza di alternative, a una lotta politica aperta e distesa, capace di assumersi anche forti rischi e non solo gli onori dovuti al buon senso. Vi è molto di buono in questa impostazione, maieutica, attenta a evitare i conflitti più aspri, ricca di abilità manovriera tipica di tutti i regimi parlamentari (e ancor più di quelli ultraparlamentari come il nostro). Però alla fine essa ha molte probabilità di perdere perché le soluzioni di una crisi di cui l’insieme della società avverte la profondità e la gravità difficilmente nasceranno senza movimenti di opinione ben distesi e ben difesi.

Moratoria sulla giustizia e sulle questioni etiche
Si è deciso di soprassedere alle questioni della riforma di una giustizia di cui è evidente lo stato pietoso: è una scelta più o meno discutibile ma che ha la sua ragione nel fatto che indirizzi chiari potranno essere assunti solo da uno Stato che abbia riacquisito una sua piena (sia pur relativa nel sistema globale esistente) sovranità nazionale e un suo netto (sia pur costituzionalmente regolato) rapporto con la sovranità popolare.
Questa scelta va difesa dagli attacchi del combinato partito dei pm e di Repubblica con accompagnamento dei vari squadristi giustizialisti.
In una situazione in cui il partito del caos utilizza ogni spiraglio per tirar giù il quadro politico, anche sui temi etici che richiedono serie discussioni trasversali e che mal possono essere governati in una situazione di emergenza, non sarebbe inutile istituire una moratoria delle decisioni.

Il governo Letta-Alfano, se gli andrà bene, ha ancora un anno-un anno e mezzo di vita, è necessario che si concentri sulle questioni economiche e istituzionali fondamentali, rimandando a un quadro politico più solido questioni pur di grandissima rilevanza politica e morale. Sono quelli esposti indirizzi molto di buon senso ma che non si affermeranno spontaneamente senza che un ampio fronte che si propone innanzitutto la salvezza della Repubblica e la ricostruzione del suo Stato si mobiliti positivamente, elabori le decisioni che vanno prese e le difenda con generosità (e anche un minimo di astuzia) di fronte a un’opinione pubblica per molti versi spaventata e sbandata.

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