«Le auto elettriche costano il 50 per cento in più». Abbiamo un problema

Dopo l'allarme dell'ad di Stellantis, occorre capire costi e benefici delle nuove automobili. Come diceva Marchionne l'elettrico è «un’arma a doppio taglio»

L’elettrificazione dei veicoli non è più una novità: dal 2035 in Europa si potranno vendere solo auto elettriche e le aziende costruttrici sfornano modelli “alla spina” senza sosta.

Una transizione così veloce e indotta soprattutto da una normativa stringente non è certo priva di conseguenze per l’intero comparto industriale, costretto a riconvertire enormi filiere in tempi molto rapidi.

Le preoccupazioni di Stellantis

«Quello che è stato deciso è di imporre all’industria automobilistica un’elettrificazione che comporta un 50% di costi aggiuntivi rispetto a un veicolo convenzionale – ha recentemente dichiarato l’amministratore del gruppo Stellantis, Carlos Tavares, per poi proseguire – Nei prossimi cinque anni, dovremo digerire un aumento del 10% della produttività all’anno, mentre il settore è abituato a un miglioramento dal 2 al 3%».

Per un settore già fortemente provato dalla crisi dei semiconduttori, il rischio è che la transizione si concretizzi soprattutto in una perdita di posti di lavoro e di competitività nei confronti dei concorrenti cinesi, più avanti a livello tecnologico.

Non è solo questione di pile

In Europa ci sono oltre 530 vetture ogni 1.000 abitanti con l’Italia ampiamente sopra la media a quota 646. Le preoccupazioni su come riuscire ad alimentare una simile quantità di automobili, allestire l’infrastruttura di ricarica come produrre tanta elettricità non mancano.

Ciò che si tende a dimenticare è che le vetture elettriche necessitano anche di meno componenti – nell’ordine del 30% – rispetto ad un’equivalente vettura alimentata da motore termico.

Parco circolante

Meno componenti nell’auto implica una filiera specializzata che necessita di trovare nuove produzioni, dal fornitore al piccolo meccanico che revisiona la distribuzione di un veicolo ogni 5 o 6 anni.

Destinata a cambiare è anche, almeno nel breve termine, la composizione del parco circolante: per chi solo pochi anni fa poteva trovare nelle super-utilitarie come Fiat Panda e 500, solo per restare nel gruppo Stellantis, soluzioni motoristiche diversificate per ogni esigenza – dal tradizionale benzina al gasolio passando per metano e gpl – oggi vede questa possibilità fortemente ridimensionata dal venir meno del diesel e dal ridimensionamento degli altri tipi di alimentazione.

Common rail, una rivoluzione durata appena 25 anni

Correva l’anno 1997 e Alfa Romeo lanciava la 156, vettura mossa da una tecnologia rivoluzionaria: il diesel common rail, antesignano di tutti i moderni motori a gasolio di medie dimensioni che negli anni Duemila invaderanno le nostre strade.

Persino la più piccola delle piccole, la Smart, monterà dal 1999 un minuscolo motore a gasolio di appena 0,8 litri e 41 cavalli che, complice il peso contenuto della macchina, riuscirà ad avvicinarsi ai 3 litri per 100 chilometri.

Una tecnologia tutta europea quella del gasolio a collettore comune, nata in Italia e capace di unire robustezza, affidabilità e bassi consumi. Tutto bene se non fosse per i problemi di emissioni che porteranno la tecnologia dal successo all’oblio in meno di 25 anni.

Piccole vetture a basso costo

L’impatto forse più tangibile per il consumatore della fine di quest’epoca non riguarda tanto la drastica necessità di riconvertire interi stabilimenti a nuove produzioni – la VM di Cento, ad esempio, produceva i 3 litri a gasolio che hanno segnato l’ultima stagione Maserati, Jeep e Lancia. Passata in pochi anni da oltre 1200 addetti a poco più di 900 è uno dei casi più emblematici – quanto piuttosto all’impossibilità di acquistare piccole vetture a basso costo ma estremamente versatili: una piccola Fiat Panda 1,3, ad esempio, era capace di percorrere poco meno di 1.000 chilometri con un pieno.

Una vera e propria manna nei piccoli centri alpini, ad esempio, dove la coppia del motore diesel e la trazione integrale sono particolarmente apprezzate su una vetturetta compatta.

L’elettrico costa di più, per ora

I prezzi delle batterie scenderanno, la tecnologia crescerà esponenzialmente all’aumentare degli investimenti in ricerca e alle vecchie competenze subentreranno le nuove, compensando in tutto o in parte gli squilibri occupazionali.

La questione vera, però, rimane cosa fare nel frattempo: in attesa che si compia la transizione tanto attesa, rischia di concretizzarsi la previsione di Sergio Marchionne che vedeva l’auto elettrica come «un’arma a doppio taglio» verso cui usare «lungimiranza e realismo».

Un realismo che portò il manager a finanziare al contempo la ricerca per la 500 elettrica e lo sviluppo della Giulia Quadrifoglio da 510 cavalli a benzina perché ogni tecnologia è una gran cosa se la si usa per ciò che è pensata, quando serve.

Foto Ansa

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