«La vita ha tutte le risorse per farci lottare, solo così si può spaventare la malattia»

Luca Speziale ha scritto "La forza della vita", in cui racconta il suo incontro con alcune persone costrette a confrontarsi con l'incubo dello stato vegetativo: «Perché la vita germoglia anche dove il terreno è arido».

«È vero lo stato vegetativo è una condizione grave ed estrema, ma le persone che ho incontrato la combattono con una forza tale da far spaventare la malattia. La vita ha tutte le risorse per farci lottare», spiega Luca Speziale, giornalista e scrittore. Da qui il titolo del suo libro, La forza della vita. Quando è lo stato vegetativo ad avere paura (Società editrice fiorentina, 12 euro, 148 pagine). Dopo aver passato giorni con malati, familiari, medici e infermieri ha deciso di raccontare di un mondo ancora troppo sconosciuto e pieno di tabù. «Il libro alterna documenti che affrontano lo stato vegetativo a livello medico/scientifico e a livello normativo a pagine di un diario che racconta il tempo che ho speso con tutti quelli che hanno a che fare con questa condizione: ho appuntato le loro difficoltà e ambizioni, i loro dolori e le gioie che vivono come ciascuno di noi, anche se in maniera potenziata».

Tendenzialmente lo stato vegetativo crea situazioni al limite della sopportazione, sia per carenza di informazione sia per l’inadeguata assistenza socio-sanitario. «In Italia dopo l’uscita dal coma molte persone e famiglie spesso si trovano a dover gestire una situazione nuova e complicata senza essere indirizzate. Nonostante questo, però, ho scoperto che la voglia di vivere vince: ho conosciuto un attaccamento alla vita, una fiducia nel futuro e una positività, che raramente si ritrovano insieme con tale intensità». Il libro parla di persone fortunate: «Sono loro a definirsi tali. Anche io non capivo come fosse possibile, ma poi ho incontrato la madre di un ragazzo in stato vegetativo che per caso in un bar ha trovato un medico che gli ha aperto un mondo. Oppure una famiglia che grazie a un passa parola ha scoperto un’associazione che le ha dato la chiave di volta per iniziare a sperare». Il libro racconta di incontri che non sono una casualità di particolari che se visti in maniera superficiale possono non dire nulla, ma se si guarda l’“insieme” si scopre un quadro completo, bello, incredibilmente complesso ma caratterizzato da una precisa logicità. «Mi viene in mente la storia di Marta che per mesi ha mandato curriculum di lavoro. Poi in un giorno uggioso in cui era scoraggiata succede qualcosa che gli cambia la vita. Ora se si guarda indietro il puzzle della sua strada si è ricomposto».

Ogni storia dimostra che dalle situazioni più dure possono nascere fiori inaspettati. «Perché la vita germoglia anche dove il terreno è arido. L’ho visto succedere quando la gente che incontravo, invece di piangersi addosso, usava i suoi problemi e bisogni per indirizzarsi verso chi era capace di aiutarli a sopportarli e a tirare fuori la loro voglia di vivere». C’è una storia in particolare a cui è affezionato? «È quella di Edoardo. A 18 anni finì in coma dopo un incidente stradale. Dopo di che ha rischiato più volte di morire. Il suo percorso è stato difficile, ma ora che ha 34 anni, anche se con fatica, parla e cammina. Ricordo un giorno in cui eravamo insieme ad altri amici e lui scriveva al computer. “Edoardo” – gli domandai – “che scrivi?”. Girò lo schermo del pc verso di me, c’era scritto: “Luca ti voglio bene”».
Twitter: @frigeriobenedet

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