La pietà “controrivoluzionaria” di František Suchý

Si chiamava František Suchý, classe 1927, era il figlio del direttore del crematorio di Strašnice, a Praga, il più grande d’Europa. È morto qualche giorno fa, in ospedale, dopo una banale caduta. Il 17 novembre scorso, in occasione della festa nazionale, era stato fra i quattro ex detenuti «politici» ad essere premiati presso il Teatro nazionale dall’associazione Post Bellum, che raccoglie e diffonde le testimonianze dei cittadini perseguitati durante i due totalitarismi che hanno interessato la Cecoslovacchia nel ‘900.

La storia di František – e di suo padre – è un po’ particolare, semplice e profonda allo stesso tempo. Tra le loro mani è passata infatti l’urna con le ceneri del generale Josef Mašín, eroe dell’antifascismo ucciso dai nazisti nel ’41, e quelle della deputata Milada Horáková, giustiziata per impiccagione dal regime comunista nel 1950 nonostante le proteste internazionali. Dopo la morte dello studente Jan Opletal durante una manifestazione antinazista nel 1939, i tedeschi che avevano occupato le terre ceche temevano che venissero creati luoghi-simbolo della resistenza, perciò fu stabilito che le spoglie di coloro che venivano giustiziati fossero cremate e le ceneri mescolate al compost. La stessa modalità fu poi «ereditata» dalla polizia politica comunista.

A Strašnice durante l’occupazione furono cremate circa 2.200 salme, e il giovane František con suo padre erano tenuti a compilare per le autorità tedesche l’elenco dei morti, ma ne facevano segretamente una copia, rischiando la vita. «Mio papà era tranquillo perché nel compost buttava la cenere delle canne fumarie, che era cenere vera e propria, e se qualcuno avesse ficcato il naso gli avrebbe mostrato quella», ha raccontato. «Ero un ragazzino di 16 anni, e anch’io copiavo gli elenchi. Praticamente erano persone che erano state appena decapitate». «Se abbiamo rischiato copiando i nomi delle vittime? Ma oggi non sapremmo chi è stato cremato a Strašnice e che le sue ceneri riposano in questo cimitero. È difficile da credere, ma per noi questo era più importante della nostra stessa vita».

Dopo il putsch comunista del ’48 al crematorio consegnavano le salme dei «nemici politici» impiccati dal nuovo regime. «Le urne poi avrebbero dovuto essere inumate in una fossa comune senza nessuna indicazione, così le ceneri si sarebbero confuse… Dopo il ’48 le salme arrivavano nelle bare, con un certificato medico, tutto nero su bianco secondo le regole, “morte per impiccagione”, solo che non si poteva fare il funerale, i parenti non potevano sapere cos’era successo ai loro congiunti e nemmeno venivano loro consegnate le urne». Perciò decisero di nasconderle in un luogo del crematorio lontano da sguardi indiscreti, in attesa che potessero essere sepolte dignitosamente, e informavano i parenti.

Presto la famiglia Suchý si scontrò con il nuovo regime: nel ’48, quand’era studente delle superiori, František partecipò alla manifestazione che chiedeva al presidente Beneš di non cedere al partito comunista, e che fu repressa dalla polizia. In seguito, per aver dato rifugio a un fuoriuscito arruolatosi come informatore dei servizi occidentali e per aver conservato dei volantini anticomunisti e delle armi tedesche recuperate alla fine della guerra, i Suchý finirono sotto processo.
Tenuto per mesi in isolamento per costringerlo – invano – a collaborare con la polizia politica («Canaglia, firma o ti impicchiamo!»), il giovane František fu condannato a 25 anni di carcere. Ne scontò una dozzina nelle carceri più famigerate dell’epoca, una volta in libertà lavorò come fabbro, e poté ottenere la riabilitazione solo dopo l’89.

«Non ci si può immaginare il tempo che c’è voluto per convincerlo a registrare la sua testimonianza – ha scritto uno storico suo amico: – diceva sempre che c’erano un sacco di altre persone più interessanti di lui». Nel 2014 i giardinetti dietro al crematorio e al cimitero di Strašnice (dov’è sepolto anche l’ex presidente Havel) sono stati dedicati alla memoria di suo padre František senior. Se passate dal parco Suchý, dedicate un pensiero a questa famiglia che in un’epoca spietata ebbe pietà per i morti.

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