La Nigeria sa dove sono le ragazze rapite da Boko Haram. Ma un accordo per liberarle è già naufragato

Intanto domenica è stato attaccato un villaggio i cui abitanti non sono riusciti a pagare una tangente ai terroristi. Spari sulla folla e un mercato incendiato

Il governo della Nigeria sa dove sono tenute nascoste le 300 ragazze rapite ormai sette settimane fa da Boko Haram, il gruppo terroristico islamico che da anni si muove con attentati e rapimenti nel nord del Paese africano. Tuttavia, come spiega Alex Badeh, direttore della Nigerian Air Force, ogni azione armata per liberare le giovani è difficile da organizzare, per paura che un blitz possa finire in un bagno di sangue. «Non possiamo andare e uccidere le nostre ragazze soltanto in nome di un tentativo di portarle indietro», ha spiegato in conferenza stampa.

SALTATO UN PRIMO ACCORDO. Le critiche verso il governo nigeriano si moltiplicano per la lentezza con cui si è mosso in queste settimane per liberare le ragazze rapite. Solo ora sono stati accolti gli aiuti offerti dagli stati stranieri, in particolare con i droni statunitensi che sorvolano le foreste nel nord-est del Paese e i confini col Chad, dove si pensa Boko Haram tenga nascoste le donne. Intanto, però, la Bbc rende noto che un accordo per rilasciare alcune delle giovani era vicino ad essere concluso qualche settimana fa, ma poi lo stesso governo nigeriano avrebbe inspiegabilmente fatto naufragare il patto. Un intermerdiario per il paese aveva incontrato i leader di Boko Haram ad inizio del mese, visitando anche il luogo dove le ragazze erano detenute. Il negoziato prevedeva la liberazione delle ragazze in cambio del rilascio di un centinaio di militanti del gruppo terroristico arrestati negli scorsi mesi. Ma poi all’ultimo momento tutto è saltato, poco dopo l’incontro che il presidente nigeriano Jonathan ha avuto a Parigi con Hollande, in cui i due premier si accordavano per un “piano d’azione globale e regionale” contro Boko Haram.

ATTENTATO A KAMUYYA. La ricerca delle ragazze continua: ad aiutare l’esercito nigeriano sono giunte anche gruppi da Gran Bretagna, Francia e Israele, che prestano assistenza speciale sul territorio. E continua anche la guerra di Boko Haram: domenica è stato attaccato il vilaggio di Kamuyya, dove sono morte 20 persone. Gli abitanti raccontano che i terroristi erano già venuti qui due mesi fa, chiedendo che il paese raccogliesse per loro 250 mila naira, affinché loro potessero eseguire «la volontà di Dio»: cifra altissima per un centro dove vivono quasi solo contadini. La raccolta si è fermata a 70 mila e, quando i militanti di Boko Haram sono tornati, hanno minacciato di tornare per punire il villaggio. L’assalto è avvenuto domenica, giorno in cui a Kamuyya c’è mercato: circa 20 terroristi hanno aperto il fuoco sulla folla, dando poi fuoco ad alcune bancarelle e alle auto.

LE PREGHIERE DEI MUSULMANI. Domenica è stato anche il giorno in cui i musulmani di Abuja si sono radunati per una giornata di preghiera speciale assieme al sultano di Sokoto, il leader spirituale dei nigeriani. «Ciò che sta accadendo nel paese è un caso davvero preoccupante di terrorismo. E il terrorismo non ha cittadinanza nell’islam. Dobbiamo tirare fuori questi pessimi elementi tra di noi», ha detto il sultano Muhammed Sa’ad Abubakar, aggiungendo che la crisi che ora sta vivendo la Nigeria è peggiore della guerra civile degli anni Sessanta.

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