La fame. Vivere in Grecia a un passo dal default

Un lavoratore su quattro disoccupato. Le famiglie sulle spalle dei pensionati. I negozi chiusi. La moltiplicazione delle mense dei poveri. Così la recessione e l’austerity massacrano un paese europeo. Pubblichiamo l'articolo che appare su Tempi 06/2012 in edicola.

Corrispondenza da Atene

La crisi si tocca con mano. Basta un giro nel centro di Atene: tre grandi arterie principali che circondano Syntagma, la piazza “della Costituzione” proprio di fronte al parlamento, resa celebre dai duri scontri tra manifestanti e polizia. All’altro capo piazza Omonia, “della Concordia”, diventata bivacco dei disperati. I più vistosi sono i tossicodipendenti di ogni colore e lingua che ciondolano senza meta da un marciapiede all’altro. Ma ci sono anche i senzatetto immersi nei cartoni, i rifugiati afghani, gli africani che cercano di vendere boccette di profumi taroccati.

Oltre piazza Omonia è sconsigliato andarci. Prima della crisi era semplicemente sgradevole immergersi in un ghetto sottoproletario senza legge. Nell’ultimo anno è diventato anche molto pericoloso. Sono già 16 gli omicidi a scopo di rapina. La media del bottino si aggira intorno ai 20 euro. Le vittime sono prede facili, pensionati soli, donne, perfino bambini. Ma non c’è bisogno di superare Omonia per immergersi nella crisi. Già la passeggiata nella centralissima via Panepistimìou (via “dell’Università”) è un’esperienza dal sapore forte: quasi tutti i negozi sono chiusi, sbarrati. Fuori cartelli già logori che gridano affittasi o, i più ottimisti, vendesi. Funzionano solo i servizi dell’amministrazione pubblica, qualche banca – la facciata bruciacchiata dalle molotov degli anarchici – e molte caffetterie, piene di giovani studenti o disoccupati che passano intere giornate con un caffè e una consumazione da 3 euro.

Le statistiche dicono che, da quando nel luglio del 2010 la troika (Commissione europea, Bce e Fondo monetario internazionale) ha imposto la liberalizzazione dei licenziamenti, i disoccupati sono diventati un milione su 11 milioni di abitanti, 4,5 milioni di popolazione attiva. Un milione di persone che ha campato per un anno con un sussidio di 500 euro mensili. Poi più niente. Chi vive da solo alla fine molla tutto e torna dai genitori pensionati a farsi mantenere. Ci sono vecchiette che con la pensione di 400 euro al mese mantengono figli, nipoti, nuore e generi. Se poi la nonnetta sta in un piccolo centro della provincia, ancora meglio. Là si vive più a buon mercato e c’è sempre l’insalatina dell’orto. Nelle famiglie con tutti e due i genitori disoccupati, questa è una scelta obbligata. Chi non ha più i genitori sta peggio di tutti. Non sa dove appoggiarsi.

Già a dicembre le maestre lo hanno fatto sapere al ministero ma anche alla commissaria europea per la Gioventù, la cipriota Androulla Vassiliou: sempre più bambini si presentano a scuola affamati, denutriti. Raccontano che a casa mangiano riso bollito o pasta scondita. Le maestre discretamente offrono loro qualche merendina. Ma quanto può reggere così?

Le statistiche dicono che sono tre milioni i greci che vivono sotto la soglia della povertà. Si intende la soglia greca, non quella europea che è più alta. Decurtazioni fino al 40 per cento dello stipendio hanno colpito tutti i lavoratori: statali, parastatali e quelli del settore privato. Ma è la classe media (commercianti, tecnici, impiegati) quella più colpita. Ci sono manager cinquantenni licenziati da un giorno all’altro che ora vanno a una delle tante mense dei poveri organizzate dalla Chiesa o da qualche organizzazione non governativa. Un amico prete mi racconta che fino a due anni fa le mense erano quattro o cinque tra Atene e il Pireo, e ci andavano per lo più extracomunitari. Ora sono più di sessanta e ci vanno per lo più greci. Un pezzo di pane e una zuppa di fagioli o lenticchie che cucinano con tanto amore le parrocchiane. La Chiesa si è gettata con grande slancio in questa opera filantropica, ma sa che non ce la può fare da sola. Durante i giorni gelidi di inizio febbraio ha convinto i vari sindaci dell’Attica ad aprire le strutture pubbliche per ospitare le migliaia di senzatetto. Anche alcuni dei lussuosi stadi costruiti per le Olimpiadi del 2004 e poi abbandonati a se stessi. Ora si tenta di creare strutture permanenti in grado di ospitare chi è rimasto per strada. 

Anche i senzatetto sono una novità per i greci. Fino al 2010 ce n’erano pochissimi, tossicodipendenti, alcolisti, gente stravagante. Ora sono migliaia. Persone che hanno perso la casa perché una ventina d’anni fa hanno avuto la balzana idea di comprarla con il mutuo e ora, magari a pochi anni dal saldo, hanno dovuto interrompere i pagamenti. Altri, una minoranza, sono stati sfrattati perché non ce la facevano a pagare affitti di 200 o 300 euro al mese. Sfratti mai tranquilli: di solito ci sono sceneggiate melodrammatiche di fronte alle telecamere, pianti, bambini esibiti, minacce di suicidi. Ma non sono mancate anche violenze tra proprietari e sfrattati: dalle risse ai danneggiamenti per rappresaglia fino alle vere e proprie sparatorie, come quella scatenata da un ex poliziotto licenziato per corruzione. Ma se gli affitti sono crollati, le compravendite sono praticamente nulle. Per 80 mila euro è possibile acquistare un appartamento nel centro di Atene. Un affare, a patto che tossici e malavitosi un giorno siano cacciati dal vicinato.

Chi aveva qualcosa di valore lo ha svenduto in tempo. I compraoro sembrano gli unici esercizi in piena espansione. Molti hanno anche la guardia giurata all’ingresso per controllare la coda. A settembre il ministero del Commercio è arrivato al punto di far trasmettere dai tg istruzioni dettagliate ai cittadini su come evitare di farsi fregare in questi negozi. Ma oramai le file si sono diradate, c’è rimasto poco da vendere. La polizia sospetta che ora i compraoro si siano trasformati in ricettatori. Le file continunano invece a essere lunghissime fuori dagli uffici del ministero dei Trasporti. Centinaia di migliaia sono coloro che restituiscono la targa della macchina, diventata oramai un lusso.

Fino all’estate scorsa Atene era luogo di caccia preferito per troupe televisive e fotoreporter di tutto il mondo. Scontri durissimi con la polizia, molotov e manganelli. Ora nulla di tutto questo. Perfino i terroristi anarco-insurrezionalisti, che si nascondono dietro sigle fantasiose come “Setta dei Rivoluzionari” e “Cospirazione dei Nuclei di Fuoco”, sembrano spariti. Secondo la polizia hanno abbandonato la lotta armata e si sono messi a fare i banditi: rapimenti lampo, rapine in banca, traffico di armi e di droga. Affari d’oro per tutte le mafie balcaniche, con i poliziotti greci che devono pagare di tasca loro la benzina e le pallottole.

Non è un fenomeno nuovo. Già alla fine della guera civile, nel 1949, la nuova classe imprenditoriale greca era costituita da vecchi saccheggiatori, contrabbandieri, collaborazionisti, profittatori di guerra. Hanno costruito una democrazia basata sulla “cleptocrazia”, il governo dei ladri. Il sistema era semplice: il politico garantiva all’elettore alcuni privilegi (assunzione, evasione fiscale, eccetera) e in cambio otteneva il voto. Così poteva saccheggiare allegramente le casse dello Stato.

Ora le cose non è che siano cambiate molto, a giudicare dagli yacht ormeggiati ad Alimos, verso capo Sounion, oppure a Zea, nel Pireo. Malgrado la crisi, la Grecia mantiene il primato europeo di Porsche Cayenne per densità di popolazione. Dall’inizio della crisi, le ospitali banche svizzere e cipriote hanno accolto quasi 50 miliardi di euro in fuga dal paese. Politici corrotti, ma anche grandi evasori fiscali. Fino a ieri il versamento delle imposte seguiva una formula calcistica: 4-4-2. Il 40 per cento dell’imponibile finisce in tasca agli esattori del fisco, l’altro 40 è lo “sconto” fatto al contribuente e il 20 va nelle casse dello Stato. Negli ultimi mesi il governo si è messo a fare la faccia feroce e ha sbattuto in galera centinaia di grandi evasori. Ma senza recuperare il dovuto.

Il sentimento dominante è la depressione. La gente è confusa e disperata. Non capisce come sia stato possibile ridursi così, anche perché le tv private alimentano deliranti teorie complottiste. C’è grande risentimento verso la classe politica, ritenuta giustamente il principale responsabile del disastro. I greci speravano nell’Europa, ma hanno visto imporre politiche economiche che hanno aggravato la crisi con una recessione arrivata l’anno scorso al -5,5 per cento. E la troika dice che non basta, bisogna tagliare ulteriormente stipendi e pensioni e licenziare altri 80 mila statali. Questo inferno non finirà mai.

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