Kaleidos-Cdo. Se avere degli amici e scrivere delle email è reato, allora mi autodenuncio

Ieri mattina, con rituale blitz all'alba, quattro miei amici sono stati arrestati davanti ai loro figli; incensurati e senza preavviso di reato, sono stati trasferiti immediatamente a San Vittore

Gentile direttore,
ieri mattina, con rituale blitz all’alba, quattro miei amici sono stati arrestati davanti ai loro figli; incensurati e senza preavviso di reato, sono stati trasferiti immediatamente a San Vittore, trattamento che non è applicato a stupratori colti in flagrante, rapinatori a mano armata, manifestanti che incendiano camionette.
A reti unificate, alti magistrati che con arrogante prosopopea dimostrano di non rappresentare niente e nessuno se non i propri teoremi e generali dei carabinieri che nell’eloquio compunto confermano le più viete freddure, sostengono quanto segue:
– avere un’attività imprenditoriale è reato
– partecipare ad appalti è reato
– conoscere funzionari pubblici è reato
– scrivere e-mail è reato
– pronunciare il nome di politici al telefono è reato
– avere degli amici è reato
– associarsi alla Cdo è reato
appartenere a Cl è reato

Siccome con questi amici ho passato gli ultimi vent’anni e ho fatto le stesse cose, mi autodenuncio.
Forse quello che turba è che mentre dal ’68 si parla, si scrive, si auspica e perfino si spara per una purchessia rivoluzione, noi l’abbiama fatta costruendo scuole, sviluppando cooperative sociali, sostenendo opere di carità, creando lavoro e occupazione; non sto parlando di progetti, manifesti o intenzioni, ma realtà sotto gli occhi di tutti e che su appuntamento possono essere visitate (o all’occorrenza perquisite).

Chi in questo momento parlasse di fiducia nella magistratura, rispetto del lavoro degli inquirenti, responsabilità personali, necessaria prudenza, opportuni distinguo, non confusione di piani, “se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi”, genererebbe in me un profondo sentimento di compassione; perché «c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per la guerra e uno no» (Qoelet 3,2-8).

Giuliano Salvioni

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