Kaigama a tempi.it: «Per salvare la Nigeria ci vuole un’amicizia e un miracolo»

Intervista al capo della Conferenza episcopale nigeriana, che ha partecipato al Meeting: «Una volta dei giovani cristiani volevano vendicarsi di un attentato. Ho chiesto a Dio di trovare le parole giuste e li ho convinti a tornare a casa: è stato un miracolo».

«Dopo uno degli attacchi di Boko Haram, un gruppo di cristiani ha marciato su casa mia: volevano che gli dessi dei soldi per comprare armi e attaccare i musulmani. Non siamo tanti a predicare pace e a chiedere di rispondere alla violenza con la pace e il dialogo. Io sono uno di questi e a volte mi accusano di essere un traditore». Così Ignatius Kaigama, arcivescovo di Jos, Nigeria, ha parlato oggi davanti alla platea del Meeting di Rimini, tenendo il primo incontro della XXXIII edizione, dal titolo “La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito”. Dopo l’incontro, dove l’arcivescovo ha parlato della difficoltà di impedire il martirio dei cristiani e lo scoppio della guerra civile e religiosa, Kaigama ha rilasciato un’intervista a tempi.it.

Quasi mille persone sono state uccise dai fondamentalisti islamici solo dall’inizio di quest’anno. Il governo, guidato dal cristiano Goodluck Jonathan non riesce a fermare gli attacchi. La rabbia dei nigeriani per ora è repressa, ma rischia di esplodere. Come se ne esce?
Con l’amicizia e il dialogo. È l’unica possibilità per la Nigeria. Io volevo partecipare a tutti i costi a questo Meeting e quando sono entrato in sala e ho visto tutta quella gente di tante nazioni diverse, ho pensato: “Il Signore è grande perché è in grado di realizzare queste cose”. Serve la preghiera, serve che anche voi preghiate, perché Dio compia il miracolo della riconciliazione. Non sarebbe la prima volta.

Cioè?
Dopo l’attentato alla chiesa di San Finbar dell’11 marzo scorso, dove sono morte 15 persone, sono andato sul posto e tutto era distrutto. I giovani erano arrabbiati e tristi e mi chiedevano di fare qualcosa, anzi alcuni mi accusavano per il mio rapporto di amicizia con i musulmani e volevano imbracciare le armi. Mi sono voltato e inginocchiandomi ho guardato le immagini sacre, chidendo a Dio di aiutarmi a dire qualcosa. Improvvisamente i ragazzi hanno fatto silenzio. Gli ho detto di tornare a casa e di non far prevalere nei loro animi la rabbia e l’odio. E loro sono tornati a casa, erano pronti a vendicarsi e invece sono tornati a casa: è stato un miracolo.

Lei come vive questa situazione di continua difficoltà e crisi?
È difficile, mi sento un assistente sociale: il governo non fa niente e io devo portare nei villaggi l’acqua, le medicine e cercare di riconciliare le fazioni e le tribù che si fanno guerra. A volte perdo l’appetito o non dormo. Spesso mi sento solo perché in pochi vogliono il dialogo, anche tra i vescovi. È difficile spiegare che non si deve reagire agli attacchi con la violenza, che il cristianesimo è pace e amore, che Gesù è morto con le braccia spalancate per abbracciare tutti. Ma anche se sono solo, la grazia di Dio è sempre con me, e l’amicizia tra i nigeriani può guarire tutte queste terribili ferite.

Di solito si parla di una Nigeria divisa tra sud cristiano e nord musulmano. Quanti sono davvero cristiani e musulmani?
Le statistiche sono un problema in Nigeria, perché non le abbiamo. La gente vuole manipolarle, per cui non abbiamo delle statistiche vere. Abbiamo delle stime, e io non posso dire con certezza le percentuali di cristiani e musulmani. Ogni gruppo dice di essere l’80 per cento… Noi abbiamo molti indigeni cristiani nel nord e molti musulmani nel sud. La gente anche in Nigeria pensa che il nord sia musulmano e il sud cristiano ma non è vero. Molta gente pensa che anch’io sia musulmano perché vengo dal nord ma non è così, ovviamente. Non è possibile dividere nettamente la Nigeria in due gruppi. Poi è sicuro che al nord c’è una prevalenza di musulmani e al sud di cristiani.

Chi appoggia Boko Haram, politici nazionali o internazionali?
Non lo sappiamo e la nostra intelligence non è ancora in grado di dircelo. Io sono un pastore, il mio lavoro è pregare per la gente, il governo deve scavare e scoprirlo. Boko Haram attacca la gente in modo sempre più sofisticato e la domanda è: chi li appoggia, chi fornisce gli esplosivi e le armi? Chi sono i responsabili? Il governo deve scoprirlo. Boko Haram vuole che tutti i cristiani si convertano all’islam ma sono manovrati. Ci sono molti politici in Nigeria che non sono felici del presidente Goodluck Jonathan, perché è cristiano, e usano i fondamentalisti per cambiare governo. Dietro le azioni di Boko Haram ci sono anche forti interessi economici. Chi dice però che in Nigeria ci sono cristiani e musulmani che si combattono, mente, non è vero. La religione è una scusa.

Che legame c’è tra le tribù locali e il fondamentalismo islamico?
Il problema è che la gente mischia tutto insieme. A Jos c’è un problema perenne per la proprietà della terra, dove i musulmani di etnia hausa si scontrano con le tribù locali, a prevalenza cristiane. Le mucche di alcune tribù pascolano sulle piantagioni di un’altra, che le uccide. E così nascono gli scontri. Sia gli hausa che le tribù cristiane si uccidono a vicenda. Non per la religione, ma per le mucche, per la terra. Gli hausa pretendono di essere arrivati prima a Jos, di essere più indigeni degli indigeni, che non vogliono convivere. Le diverse tribù sono cristiane o musulmane ma combattono per la terra, non per la religione. Ognuno protegge i suoi interessi ma nessuno attacca altri nigeriani in quanto musulmani o cristiani ma solo per interessi tribali.

E Boko Haram?
Boko Haram è un problema separato, che però si inserisce in questi conflitti. Attaccano tutte le persone che non sono d’accordo con loro. Cercano di propagare l’islam scagliandosi anche contro il governo e la polizia. Ora i leader politici vogliono usare Boko Haram per destabilizzare il paese e cacciare il presidente cristiano, così magari ci sarà una guerra civile, religiosa e magari un colpo di Stato.

L’amicizia tra cristiani e musulmani che lei indica come soluzione dei conflitti come può nascere?
Io ad esempio ho fondato una scuola di formazione professionale per musulmani e cristiani insieme, in modo tale che in due anni imparino un lavoro e imparino anche a convivere. Così che una volta che tornano a casa sappiano essere dei promotori di pace. Bisogna unire le persone. Qualche giorno fa sono stato in una moschea e ho mangiato con l’imam e i musulmani. Ho invitato tanti cristiani ma non tutti sono voluti venire. Amicizia significa che siamo insieme, che la tua vita parla anche alla mia vita, ma molte persone non vogliono questo perché sono pigre. I cristiani vivono in un modo, i musulmani in un altro. Ci sono molti modi per unire ma il processo è difficile perché bisogna accettare tante cose che normalmente non si accettano. Questa è la via più difficile, quella del dialogo, ed è per questo che molti preferiscono quella facile, quella dello scontro, delle armi, della guerra. Ma la via facile distrugge, quella difficile unisce. E ci sono tante persone in Nigeria, cristiani e musulmani, che vogliono unire e creare amicizia tra le persone.

@LeoneGrotti

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