Perché l’inflazione mina la ripresa della nostra economia

Un suo aumento costante spingerà la Bce a inasprire la sua politica monetaria e per un paese fragile come l'Italia saranno dolori. Intervista all'economista Domenico Lombardi

Cresce il Pil, più 6,5 per cento in Italia nel 2021, più della media dell’eurozona (+5,2 per cento), ma attenti all’inflazione che, a livello europeo, «rimane alta più tempo del previsto». A lanciare l’allarme la presidente della Bce in conferenza a Francoforte: è salita del «5,1 per cento a gennaio, dal 5 per cento a dicembre 2021», ha detto Christine Lagarde. Il motivo? «I costi dell’energia continuano ad essere la ragione principale dell’aumento», incidendo per «oltre il 50 per cento della sua crescita» e «pesano sia sulle famiglie che sulle imprese».

Una variabile, l’inflazione, che già l’economista della Cattolica, Alberto Quadrio Curzio, ha definito «pericolosa e preoccupante» proprio perché «dipende da fattori su cui l’Unione Europea non è dotata di capacità d’intervento». A confermarlo, in questa intervista a tempi.it, è l’economista Domenico Lombardi, ex consigliere del Fondo monetario internazionale: «Si tratta di un incremento, quello di gennaio, lieve, è vero, ma ci si aspettava che scendesse, non che crescesse, dunque è un dato rilevante».

Perché tutta questa attenzione sull’inflazione?

La stabilità dell’inflazione nel medio periodo rispetto al target del 2 per cento è il criterio che la Banca centrale europea ha adottato per decidere la politica monetaria da perseguire e dunque, in base al suo andamento, se aumentare o ridurre i tassi di interesse, se variare o meno la misura dell’acquisto di titoli. Ciò significa che, se nel medio periodo l’inflazione dovesse crescere oltremodo, più del 2 per cento, la Bce dovrebbe inasprire la sua politica monetaria, prima diminuendo l’acquisto di titoli, fino ad azzerarlo, poi aumentando i tassi di interesse. Ma se ciò accadesse, essendo l’Italia un paese con altissimo debito, si verificherebbero conseguenze immediate e difficoltà ulteriori nel gestirlo.

Anche con un’economia in crescita?

Sebbene le statistiche parlino di una crescita del Pil, anche nel 2022, è la stessa Bce che ha ricordato come questo andamento presenti delle fragilità. Sembrerebbe non verificarsi alcun effetto trickle-down, cioè è come se questo andamento del Pil non “scarichi a terra” benefici per l’economia reale, percepiti da una larga massa di operatori e famiglie. E questo è dovuto essenzialmente a due aspetti: il primo è la perdurante incertezza legata allo scenario pandemico, che ha contribuito a diffondere un senso di precarietà che condiziona le scelte di acquisto e risparmio delle famiglie così come quelle di investimenti e assunzioni da parte degli imprenditori; il secondo è che le conseguenze economiche della pandemia hanno avuto un impatto asimmetrico, con settori ampiamente protetti e altri che invece hanno sofferto con estrema durezza. Ecco perché un inasprimento della politica monetaria andrebbe a minare labili prospettive di crescita conquistate a fatica.

A marzo inoltre, come ci aveva anticipato, scade il programma di acquisto emergenziale di titoli.

È vero, il programma emergenziale di acquisto titoli (Pepp) cesserà a fine marzo, ma sono stati rinforzati altri programmi, sempre di politica monetaria non convenzionale, come l’App. Ciò conferma che la Bce intende sì percorrere un sentiero di normalizzazione della politica monetaria, ma lo sta facendo in modo dolce, con il massimo della cautela. Nella prossima riunione del consiglio direttivo programmata per il 10 di marzo, avremo un’idea più precisa se Francoforte intenda cambiare il passo della politica monetaria. Finora Lagarde ha sviluppato una narrativa che tendeva a inquadrare come transitori gli aumenti dei prezzi, peraltro nel medio periodo ancora ben ancorati al 2 per cento. Eppure, come lei stessa ha ora riconosciuto, questi aumenti si stanno rivelando più persistenti del previsto. Se l’andamento di crescita dell’inflazione dovesse rivelarsi meno temporaneo di quanto previsto, e gli ultimi dati sembrano andare proprio in questa direzione, la Bce inasprirà la sua postura, in linea con quello che stanno facendo altre banche centrali come, per esempio, la Banca d’Inghilterra e la Federal Reserve negli Stati Uniti, seppure esse si muovano in contesti economici strutturalmente assai diversi. Quando ciò accadrà, gli occhi degli investitori saranno tutti puntati sull’Italia.

Foto Ansa

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