L’incontro patacca con Elvis Presley, la “cura” che quasi ammazzò Ricky Gianco e altri racconti assurdi della vita del grande Jannacci

Sabato a Milano Enrico Beruschi, Ricky Gianco e l'amico Giorgio Vittadini presentano "Peccato l'argomento", biografia a più voci del cantautore scomparso nel 2013

Chi era Enzo Jannacci, autore e cantante di indimenticabili pezzi, da “Vengo anch’io, no tu no” a “Ho visto un re”, da “L’Armando” a “El purtava i scarp de tennis”? Per rispondere a questa complessa domanda, Sandro Paté, autore della biografia nuova di zecca sul cantautore milanese Peccato l’argomento (edizioni Lob-Guerini e associati), ha rifiutato di rinchiudere in una definizione schematica un uomo che ha passato tutta la vita a rompere schemi. Ha preferito far rispondere amici e colleghi di Jannacci di lungo corso. Un assaggio di questa biografia lo si potrà gustare sabato 15 novembre al Teatro dal Verme, Milano, ore 19, in una serata organizzata nell’ambito di Bookcity, la kermesse dedicata ai libri. Oltre all’autore, parteciperà anche il comico Enrico Beruschi, che con Jannacci ha lavorato al mitico Derby club di Milano, Ricky Gianco, considerato uno dei “padri” della musica rock italiana, e Giorgio Vittadini, amico intimo del cantautore fino alla sua scomparsa nel 2013 (l’incontro è stato organizzato in collaborazione con il Centro culturale di Milano).

AUTODIDATTA. La particolarità di Peccato l’argomento è il fatto che le voci narranti appartengono a personalità di spicco, con storie spesso romanzesche alle spalle, tanto da rendere i loro interventi preziosi di per sé un gioiello. Ad esempio, a ricordare Jannacci c’è anche Franco Cerri, ritenuto dallo stesso cantautore il suo “padre Jazz” adottivo. Cerri, uno dei migliori chitarristi jazz al mondo, imparò a suonare da autodidatta la chitarra a 17 anni, mentre lavorava come muratore per mantenersi, e per un caso del destino finì ad accompagnare “mostri sacri” come Billie Holliday, Chet Baker, o gli italiani Renato Carosone, Gorni Kramer e Quartetto Cetra. Anche Jannacci si è “fatto da sé”, racconta Cerri, ed è diventato famoso quasi per caso. Fu proprio lui a scoprirlo intorno al 1957: «Suonava in una maniera complicata con armonizzazioni difficili perché voleva fare una buona impressione. Il problema è che servivano note facili! Gli preferii un altro pianista, che sapeva leggere gli spartiti. Ma continuai a chiamarlo anche quando ero in difficoltà a trovare altri musicisti, perché lui suonava tutto. Anche il contrabbasso. Una musicalità incredibile».

UNA VISIONE SPECIALE. Prosegue Cerri: «Quando Fred Buscaglione è morto le sue canzoni sono rimaste, e in fondo anche cantate da altri mantenevano una propria estetica. Le canzoni di Enzo le può fare solo lui, perché ci metteva qualcosa di inaspettato, imprevedibile». L’autore della biografia, Sandro Paté, che ha conosciuto personalmente Jannacci durante uno strambo ma toccante corso, la “Scuola di cabaret” tenuta a partire dal 1999 a Milano, concorda: «La visione di Jannacci del mondo emerge per come ha saputo parlare con personaggi e con azioni e non di personaggi», con un tocco originale: mai la commiserazione e sempre invece una buona dose di ironia.

«LA CURA DEL CALDO». Il rocker Ricky Gianco ricorda simpaticamente nel libro anche Jannacci il medico, ancora alle prime armi: «Lavoravamo così tanto che a un certo punto mi sono ammalato. Purtroppo Enzo, che aveva già la fissa per la medicina, ha tentato di curarmi e se non fossero venuti i miei genitori, oggi non sarei qui a raccontarlo. Agosto. Caldo infernale. Io non mi sentivo molto bene, avevo la febbre alta e lui mi ha detto: “Ti curo io. Tu non puoi suonare questa sera. Per te ci vuole la cura del caldo”. Mi ha messo sotto chili di coperte di lana e mi ha detto di non bere acqua perché avrei dovuto sudare. Meno male che mia mamma mi ha chiamato. Ero così provato dalla cura del caldo, che il giorno dopo i miei sono venuti a salvarmi».

L’OROLOGIO “WATERPROOF”. Anche Paolo Tomelleri, uno dei più grandi clarinettisti, partecipa a questo “racconto corale” di Jannacci, ricostruendo l’atmosfera dei locali nella scena musicale milanese tra gli anni Cinquanta e Sessanta, e le avventure del musicista ancora alla soglia del grande successo: «Dal 1957 al 1959 andammo in tournée con Celentano in Germania senza prendere una lira. Io al basso elettrico, Enzo Jannacci al pianoforte, Luigi Tenco al sax e Adriano Celentano alla “chitarra cantante”. Eravamo lì perché l’impresario di Adriano aveva organizzato il grande incontro tra il re del rock americano, Elvis Presley, che era lì per il servizio militare, e quello italiano. In realtà era il progetto di un imbroglione. Siamo finiti in due postacci. I soldi li tenne Enzo Jannacci. Quando mai! Si avvicina l’ora di pranzo e lui prende tempo. Messo alle strette dagli altri che non resistevano più, confessa di aver speso tutto per un orologio venduto da un pataccaro clamoroso. “Ma sei scemo? Noi adesso cosa mangiamo?” gli diciamo. Enzo: “Ma questo qui è water proof!”. Dopo aver acquistato l’orologio si ferma a un lavandino e si lava le mani. Una goccia e l’orologio, probabilmente fatto di cartone, si scioglie. Siamo rimasti con 20 centesimi che abbiamo investito in quattro fichi secchi a un mercatino della zona».

Exit mobile version