In Polonia la destra al governo va in crisi sui diritti degli animali

Le tensioni dovute ai leader dei diversi partiti erano note, ma nessuno avrebbe mai immaginato che la scintilla sarebbe stata questa. Ecco cosa è successo

Che la coalizione di partiti di destra che governa la Polonia dopo le elezioni politiche dell’ottobre 2019 avesse problemi di coesione dovuti essenzialmente alle ambizioni dei suoi principali leader, era cosa nota da tempo. Ma che si sarebbe spezzata in modo forse irreparabile per una questione di “diritti degli animali”, nessuno fino a qualche settimana fa l’avrebbe mai potuto immaginare.

Eppure è andata proprio così: il 17 settembre i voti dei parlamentari di Diritto e Giustizia (PiS), il partito nazionalista di Jaroslaw Kaczynski ostile a tematiche ambientali come la riduzione dell’utilizzo del carbone per la produzione di energia, si sono uniti a quelli dei Verdi e di altri partiti dell’opposizione di sinistra e di centro nell’approvazione di una delle leggi più restrittive d’Europa in materia di sfruttamento degli animali: d’ora in poi in Polonia non si potranno più allevare volpi e visoni per produrre pellicce, non si potranno macellare animali al modo kosher o halal per esportarne le carni, i circhi non potranno utilizzare animali della fauna selvatica e i cani non potranno essere tenuti alla catena se non a determinate condizioni.

Mentre il PiS presentava il suo progetto di legge, il ministro dell’Agricoltura dello stesso partito rendeva nota la sua opposizione al progetto, così come i 17 deputati e 2 senatori di Polonia solidale, partito nato da una scissione del PiS ma determinante per la maggioranza di governo. Subito dopo la votazione 15 deputati del PiS che avevano votato contro il provvedimento sono stati sospesi e rischiano l’espulsione dal partito, compreso il ministro dell’Agricoltura Jan Krzysztof Ardanowski, mentre un portavoce ha dichiarato che potrebbe essere creato un governo di minoranza e che non sono escluse elezioni anticipate.

CHI SI OPPONE ALLA NUOVA LEGGE

Le più forti opposizioni alla nuova legge arrivano naturalmente dal mondo dei contadini e degli allevatori. La Polonia è il terzo produttore mondiale di pellicce di allevamento dopo Danimarca e Cina; il settore dà lavoro a 50 mila addetti. La chiusura degli impianti avrebbe un impatto anche sugli allevamenti di pollame, poiché da questi ultimi viene la carne usata per alimentare volpi e visoni in cattività. La Polonia inoltre è uno dei più grandi produttori ed esportatori europei di carne kosher e halal: nel solo 2017 ne ha esportate 70 mila tonnellate.

La Federazione polacca dei sindacati dei produttori agricoli ha reso nota una dichiarazione molto allarmata: «L’introduzione del divieto di allevamento di animali da pelliccia e di macellazione rituale colpirà duramente l’intero settore agricolo, che non si è ancora ripreso dalla crisi finanziaria causata dall’epidemia di coronavirus. Dal momento che il mercato aborre il vuoto, l’effetto dei divieti sarà di trasferire interi comparti di produzione agricola fuori dal paese».

Di natura molto diversa la dichiarazione con cui alla radio il ministro Ardanowsky ha spiegato la sua opposizione: «Se rovesciamo l’ordine delle cose e decidiamo che gli animali sono più importanti delle persone, stiamo parlando dell’inizio della fine della civiltà cristiana».

LO SCONTRO CON L’EUROPA

La destra polacca che si permette il lusso di mandare in frantumi un governo entrato in funzione meno di un anno fa per una legge sui “diritti” degli animali è la stessa che da tre anni si ritrova nel mirino delle istituzioni dell’Unione Europea per le sue leggi di riforma della giustizia. L’ultimo episodio del braccio di ferro ha avuto inizio nell’aprile scorso, quando la vice presidente della Commissione europea Vera Jourova ha annunciato che l’organo di governo europeo avrebbe denunciato la Polonia alla Corte di giustizia europea per le norme disciplinari introdotte dall’esecutivo polacco, che prevedono severe punizioni per i giudici che dovessero criticare pubblicamente le leggi approvate dal parlamento.

La Polonia sta cercando di riunire alleati per opporsi alle iniziative della Commissione europea (e del Parlamento europeo) contro le sue riforme del sistema giudiziario. Il più recente sostegno le è arrivato dal primo ministro della Lituania Saulius Skvernelis, che in occasione di un vertice col suo omologo polacco Mateusz Morawiecki nella capitale lituana Vilnius a proposito di eventuali sanzioni Ue contro la Polonia a causa delle sue leggi sui giudici ha dichiarato: «Non le sosterremo mai e non daremo il nostro consenso. Molti paesi, e non solo la Polonia, hanno realizzato riforme in vari settori che hanno ereditato dal periodo sovietico. Forse noi lituani non abbiamo fatto abbastanza per desovietizzare il nostro sistema giudiziario».

IL TRIANGOLO DI LUBLINO

La Polonia appoggerà la Lituania nella sua opposizione al pacchetto mobilità approvato dalla Commissione europea, che impone standard che penalizzano i trasportatori di merci su strada dell’Est europeo, mentre la Lituania appoggerà la proposta polacca alla Ue di un pacchetto di 1 miliardo di euro di aiuti economici alla Bielorussia per staccarla dalla dipendenza dalla Russia.

Da tempo la Polonia lavora a un’alleanza tripartita con Lituania ed Ucraina detta “il Triangolo di Lublino”, che ha come obiettivo l’accesso dell’Ucraina a Nato, Ue e altre organizzazioni regionali. Ma prima deve risolvere il problema della lotta per la leadership all’interno della destra polacca, dove si affrontano il premier Mateusz Morawiecki, Zbigniew Ziobro di Polonia solidale e Jaroslaw Gowin del partito Accordo. La preferenza di Kaczinsky, che è il leader incontrastato del PiS ma dal 2007 non ha più ricoperto cariche pubbliche tranne quella di deputato, va a Morawiecki; ma i giochi restano aperti.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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