Il verde si porta su tutto (soprattutto sulle tasse)

Balzelli su merendine, gpl e aerei. Usano l'ecologia per giustificare l'ingiustificabile. «Chi salva un albero salva il mondo intero»

Ecco cos’è il Green New Deal del governo giallorosso: tassare le merendine. Siamo alle barzellette che diventano realtà, ormai. Solo che non fanno ridere ma svuotano i portafogli. I ministri dell’Istruzione (Fioramonti) e dell’Ambiente (Costa), poi ripresi dal premier Conte, hanno lanciato l’idea, il primo, di tassare merendine e bibite gassate, e, il secondo, l’energia elettrica e togliere l’Iva agevolata per «gas metano e Gpl impiegati per usi domestici di cottura e la produzione di acqua calda».

Misure, ovviamente, giustificate con ideali salutisti, da un lato, e ecologisti, dall’altro. Ormai siamo all’ideologia cristallina. La prima pagina della Stampa di oggi ha il titolo “Sos terra” e riporta un editoriale del direttore Maurizio Molinari che, in coincidenza con il Climate Action Summit che si apre a New York, si conclude con la strabiliante frase: «Salvare un albero significa salvare il mondo intero». Ormai il “verde” si porta su tutto: Matteo Renzi ha promesso che per ogni nuovo tesserato al suo partito «pianterò un albero».

Tante piccole patrimoniali

Il problema, anche se ammantato di retorica sulla “lotta al caldo”, è molto più spiccio: non volendo toccare quota cento e reddito di cittadinanza e dovendo scongiurare l’aumento dell’Iva, il governo non sa da che parte girarsi. Così, anziché introdurre una patrimoniale unica, pensa a tante piccole patrimoniali (oltre alla promessa di un’arcigna lotta all’evasione, un grande classico della politica italiana).

Come scrive oggi Alessandro Sallusti sul Giornale:

«Il governo non si fa problemi a sostenere e lucrare su chi produce inquinamento, ma introduce per noi quelle “tasse verdi” che vanno tanto di moda. Dopo quelle annunciate su auto, viaggi aerei e cibi confezionati, ecco spuntare la tassa sul riscaldamento sotto forma di aumento dell’Iva su gas ed elettricità. Altro che “tasse verdi”, queste sono solo “tasse furbe”, un modo di fare cassa colpendo i consumi inevitabili. Perché è ovvio che non ci si può spostare in barca a vela o a cavallo, ma in auto ed aereo; perché è evidente che le nostre case d’inverno devono essere tenute calde a tutela nostra e dei nostri nonni e bimbi che altrimenti rischierebbero di ammalarsi. Queste non sono ricette economiche, ma pasti di sciacalli. Ti colpiscono dove non ti puoi difendere, di fatto introducono una patrimoniale mascherata da nobili principi ambientali e suddivisa in decine di balzelli, sperando così di farla franca davanti all’opinione pubblica».

Le tasse prendono il volo

Quindi tasse sul gasolio e sugli aerei, cioè tasse sulla mobilità. A nessuno viene in mente di ridurre la spesa e spendere meglio, come nota l’esperto Andrea Giuricin (che ad agosto su Tempi ha scritto un articolo sul disastro Alitalia) intervistato dal Giornale

E invece [la tassa sui voli] sarebbe di un euro e cinquanta circa …
«Che si aggiungono alla tassa per il fondo nazionale sul volo; tassa già aumentata di cinque euro. Purtroppo, nessuno ha mai imparato a tagliare la spesa».
I conti: quanto otterrebbero?
«I passeggeri sono circa 150 milioni. Presto fatto. Significherebbe 150 milioni di euro. Ben poco. Senza contare che alcune regioni prevedono un’ulteriore tassa sul volo».
Che si chiama?
«Iresa. Una tassa ambientale. Le tasse sul volo esistono anche in altri paesi, ma non alte come da noi. La tassa è sempre una distorsione e non la soluzione per risanare i nostri buchi di bilancio. Quella che si prevede avrebbe un effetto negativo sui trasporti».

I “drogati” di dolciumi e i vegani

E poi tassiamo le merendine. Ma anche qui, come nota Andrea Mingardi sulla Stampa, stiamo parlando di “tasse etiche” e neppure troppo “intelligenti”

I problemi sono due. Da una parte, non è detto che le nuove decisioni siano tanto virtuose quanto auspicherebbero gli uomini di governo. Per intenderci: se le merendine costano di più, non necessariamente se ne mangeranno di meno. Il budget impiegato prima per comprare i dolcetti X potrebbe essere utilizzato per acquistare i dolcetti Y: di qualità inferiore, magari persino più grassi, ma compatibili con la capacità di spesa dei consumatori interessati.
Dall’altra, la questione vera è che cosa pensiamo debba fare il fisco. Ci sono casi in cui i comportamenti dei singoli sono dannosi anche per gli altri. C’era già arrivato il Padreterno: non uccidere, non rubare. Ma sono molti di più i casi in cui ragioniamo di sfumature. È sensato ipotizzare che tutti i consumatori di dolciumi siano pericolosi “drogati” che non riescono mai a saziarsene? Non è più probabile che la grande maggioranza abbia perfettamente chiara la differenza che passa fra mangiare un paio di brioche e strafogarsi di pacchetti interi di biscotti? O che quando eccede lo faccia con piena consapevolezza, annegando una delusione d’amore nella Nutella, che è pur sempre meglio che annegarsi nel Po? In presenza invece di un consumo compulsivo, possiamo davvero pensare che il problema si risolva con un aumento dei prezzi, e non invece con l’educazione alimentare? Se c’è dipendenza, quale che sia, le considerazioni razionali non contano più. È sensato che lo Stato pensi di avvantaggiarsene? Una società libera è quella in cui le persone credono che lo Stato non debba intervenire negli affari degli individui, ma che costoro debbano imparare a controllarsi da sé. Purtroppo il pensiero comune ormai è l’esatto opposto, e anche i sistemi fiscali cambiano di conseguenza.

Tra l’altro, proprio di oggi è la notizia che a Nuoro è stato ricoverato un bambino di 2 anni per denutrizione. I genitori erano vegani. La conclusione tiratela voi.

Foto Ansa

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