Il tribunale di Varsavia respinge la richiesta di rimuovere la croce dal Parlamento polacco

Il simbolo potrà rimanere nell’aula del Parlamento perché «non viola alcuna legge». Ma il Movimento Palikot insiste: presenterà ricorso a Strasburgo

Articolo tratto dall’Osservatore Romano – Varsavia, 13. «Anche se la croce è un simbolo religioso, non si può ignorare la sua importanza come simbolo di identità nazionale e della cultura polacca». È quanto sostiene il tribunale di Varsavia, che ha così stabilito che il crocifisso potrà rimanere nell’aula del Parlamento polacco dal momento che, secondo la sentenza, «non viola alcuna legge». La decisione mette fine a un procedimento iniziato nel 2011 a seguito del ricorso presentato dal Movimento Palikot, una forza politica liberale, che chiedeva di rimuovere il simbolo cristiano dalla Camera bassa. Il crocifisso era stato esposto in Parlamento per iniziativa di un gruppo di deputati credenti come simbolo della fine del comunismo e del ritorno dei valori cattolici. Secondo però il Movimento Palikot, che adesso ha annunciato che presenterà il caso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, la presenza del crocifisso nel Parlamento «viola i diritti di libertà di coscienza e religione».

Di parere opposto, invece, la magistratura polacca che ha riconosciuto come prevalente la rilevanza storico-culturale del crocifisso nell’ambito dell’identità nazionale che, come è noto, principalmente è cattolica. In questo senso, viene anche ricordato il ruolo unitario svolto dalla Chiesa nei fatti che hanno interessato il Paese nel corso degli ultimi due secoli e in particolare durante la seconda guerra mondiale e sotto il regime comunista. La sentenza è stata accolta con favore dal primo ministro, Donald Tusk, che ha osservato come la laicità dello Stato non dovrebbe esprimersi attraverso sterili liti sull’esposizione del crocifisso negli spazi pubblici. Nel Paese tale tema, però, è sempre più spesso al centro di schermaglie giudiziarie, anche se nel 2011 un sondaggio ha rilevato che il 71 per cento dei polacchi si è detto favorevole al crocifisso.

In effetti, la popolazione polacca — circa 38 milioni — ha il tasso più alto al mondo di cattolici (92,2 per cento della popolazione). Il 71 per cento di essi frequenta la chiesa «almeno una volta al mese», mentre solo uno su cinque vi si reca «unicamente in occasioni particolari». Secondo i dati più recenti dell’istituto statistico della Chiesa polacca, il 40 per cento dei fedeli partecipa regolarmente alle liturgie domenicali, mentre quelli che si accostano all’Eucaristia superano il 16. La religione, e in particolare la fede cattolica, secondo l’Istituto di analisi dell’opinione pubblica Cbos, sono tuttora «fra i fattori che più uniscono la stragrande maggioranza dei polacchi» (oltre il 90 per cento). E di recente anche il patriarca ortodosso di Mosca, Cirillo, ha osservato che «la Chiesa cattolica in Polonia sta in prima linea nel difendere i valori cristiani all’interno dell’Unione europea».

Il ruolo della fede e quello della Chiesa, però, «non vanno misurati con le statistiche», ammonisce il presidente della Conferenza episcopale polacca, monsignor Józef Michalik, arcivescovo di Przemyśl dei Latini, poiché «la cosa più importante, ossia la conversione di una persona in una situazione complicata della vita, la sua lotta e la sua vittoria, non vengono contemplate nei numeri». Nel messaggio diffuso dai vescovi polacchi al termine dell’Anno della fede e in vista del Natale viene infatti ricordato che oggi «la sfida più grande» è «la trasmissione della fede a coloro che insieme a noi sono in cammino e a coloro che verranno dopo di noi». L’episcopato ricorda dunque ai fedeli di «mettere Dio al centro della vita delle famiglie, delle comunità e delle parrocchie», sottolineando la necessità di «riscoprire e valorizzare le radici cristiane», poiché questo serve «a guardare il presente attraverso il prisma della fede per costruire il futuro sulla base dell’esperienza di un vivo incontro con Cristo». I vescovi sono preoccupati per le sorti dell’«uomo moderno», e soprattutto per i giovani, i quali «non sanno aspettare e vogliono tutto subito, e a basso prezzo». In questo senso, ha osservato in una lettera indirizzata ai fedeli della propria arcidiocesi il cardinale arcivescovo di Varsavia, Kazimierz Nycz, l’Anno della fede da poco conclusosi «è stato un tempo di riconciliazione con Dio e gli uomini», che ha offerto «la possibilità di rispondere nel profondo del cuore alla domanda se nelle nostre vite vi sia la fede proclamata dalla Chiesa e che cosa essa significhi».

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