Il particolare che manca ne “Il caso Spotlight”

«Perché il film non ci dice nulla in proposito, non ci offre ricerca, esemplificazione, profili di almeno qualcuno di questi preti accusati di pedofilia?»

Prima di andare a vedere il film fresco di primo week-end in tutte le sale cinematografiche italiane, film calorosamente consigliato dai preti – preti preti e preti laici – munitevi della recensione di Giuliano Ferrara e del titolo alla recensione apparso sulla prima pagina del Foglio di giovedì 18 febbraio, che basta e avanza: “Spotlight e la propaganda anticattolica”.

Per carità. Noi, come l’amico Giuliano, non vogliamo negare niente dei quindici anni di caccia ai violatori dell’infanzia dentro la Chiesa cattolica. Nessuna giustificazione per la pedofilia e nessuna conciliazione con i pedofili. Però neanche ce la sentiamo di attizzare roghi e aizzare Ku Klux Klan contro la Chiesa cattolica.

Ecco, una corretta e non propagandistica informazione (anche cinematografica) farebbe bene anche ai monsignori e ai loro estimatori. Tipo il nostro antico conoscente Paolo Rodari, collega molto più illustre di noi. Vaticanista talmente sensibile e talmente immedesimato con la lotta alla tragedia ecclesiale della pedofilia che, visto il film, ha sentito l’estasi di farsi Papa. E di conseguenza, lanciarsi in un tweet di questo petrino tenore: «Se fossi Francesco obbligherei vescovi e cardinali a vederlo». Non pago, il giornalista di Repubblica si è accompagnato al cinema con un vescovo. E mica un vescovo qualsiasi. Proprio uno «che puniva gli abusi» scrive il Rodari in un ennesimo tweet. Et voilà, twitta che ti twitta, bellezza dello spot urbi et orbi per Spotlight «la denuncia salverà la Chiesa, non l’omertà».

“La denuncia salverà la Chiesa”. Bella frase fatta, coniata alla zecca che fece ricco e famoso il napoletano di Gomorra. Cosa ci vuole a stampare e ripetere tutti i santi giorni, si parli del comune di Roma, della sanità lombarda o del bidet Vaticano, «la denuncia ci salverà»? Perfetto. Tant’è, sono decenni che va di moda lo sport della denuncia che fa ricchi i Saviani e le Iene. Ma Roma, la mazzetta e il bidet sono sempre lì. Dall’epoca in cui l’uomo entrò nella storia e la corruzione pure. Un po’ come dire, la denuncia salverà Abele. E raus, mai più Caino nella storia.

(E invece: dire che si deve fare quel che si deve fare, nel caso reprimere e punire senza troppo rumore, e che ci vuole però anche un po’ di educazione, che prevenire è meglio che curare, no? No. Tutte queste cose elementari se le sono dimenticate. Per costruire la tela del ragno, gli hastag e i megamegafoni dell’industria delle denuncia. La moltiplicazione dei pani della delazione sociale e dei pesci dell’industria chiacchiere&distintivi).

Tornando all’affare Spotlight, si capisce che ci dovrebbe essere una spiegazione se, come disse una volta a un giornale cileno (con poco garbo ma anche con un po’ di statistica) il buon cardinal Bertone, la stragrande maggioranza dei casi di pedofilia nella Chiesa cattolica vede come protagonisti sacerdoti a cui non piacciono le donne.
Può piacere o no, ma questo è un dato e, forse, pure un dato interessante dentro lo “scandalo pedofilia” nella Chiesa. Eppure, questo dato è stato (ed è) totalmente trascurato. Perché? Come mai su questo dato hanno taciuto i giornali del Grande Scandalo e tace adesso anche Spotlight?

Perché nessun giornalista o regista hollywoodiano ha cercato di dare una spiegazione al rapporto del John Jay College di New York, lo studio più autorevole che esista sul tema pedofilia nella Chiesa cattolica, secondo il quale negli Stati Uniti l’81 per cento delle accuse di abusi su minori rivolte ai sacerdoti riguardano i ragazzini e non le ragazzine? «Parliamo di maschi che abusano di altri maschi» ricorda Massimo Introvigne, direttore di un autorevole centro studi sulla religione e forse tra i maggiori esperti italiani in materia di sociologia della religione. «Anche in Irlanda gli abusi di sacerdoti su ragazzi sono circa il doppio di quelli sulle ragazze».

L’indignazione internazionale che travolse il povero segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone quando nell’intervista ai cileni fece balenare l’ipotesi che ci fosse un nesso tra omosessualità e pedofilia fu nient’altro che una studiata aggressione per consigliare alla Chiesa cattolica di tenere la bocca ben chiusa sull’argomento. La verità è che se il nesso fatto balenare da Bertone non aveva e non ha alcuna base scientifica, il fatto statistico rimane un fatto. Come dice Introvigne: «Certamente nessuno ha mai sostenuto che tutti i preti con tendenze omosessuali abusano di minori. Questa sarebbe un’accusa del tutto ingiusta. Che la maggior parte dei preti che abusano di minori, però, abusino di minori dello steso sesso invece è un fatto».

Cosa significherà mai questo “fatto”, almeno nell’ambito della Chiesa cattolica? È tutto da scoprire. Infatti, come mai questo “fatto” è stato sistematicamente scansato, non esaminato e infine nascosto dal giornalismo e dal cinema? Perché anche Spotlight non ci dice nulla in proposito, non ci offre ricerca, esemplificazione, profili di almeno qualcuno di questi preti accusati di pedofilia?

Ve la raccontiamo noi una storiella, minimalista forse, ma certamente istruttiva in proposito. E la storiella è quella di un amico e collaboratore di questo giornale che un giorno ci rivelò di essere stato in seminario. Voleva farsi prete. Ma poi incontrò una donna. Uscì dal seminario e si sposò. Ebbene, questo amico ci raccontò di aver sentito con le sue orecchie – quando ancora si trovava in un seminario in Veneto – un illustre vescovo vantarsi di aver fatto preti «tanti bravi ragazzi a cui non piacciono le donne». «Sapete – proseguì quel vescovo facendo calare un’ombra nell’animo del nostro amico – la Chiesa non può correre il rischio di avere sacerdoti che si innamorano e poi magari lasciano figli in giro». Infatti. Ci sono pochi figli di preti in giro. E molto lavoro per i reporter investigativi di Spotlight.

@LuigiAmicone

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