Il Papa contro la cancel culture e «il pensiero unico che rinnega la storia»

Parlando al corpo diplomatico presso la Santa Sede Francesco ricorda che anche nel dialogo «ci sono valori permanenti» che non si possono cancellare: il diritto alla vita e quello alla libertà religiosa

Papa Francesco durante il Te Deum dello scorso 31 dicembre (foto Ansa)

Pandemia e vaccini, gestione comune delle migrazioni, clima. Incontrando i membri del corpo diplomatico accreditati presso la Santa Sede, Papa Francesco ha toccato tre temi spesso ricorrenti nelle sue riflessioni. Parlando però della difficoltà da parte degli organismi internazionali di trovare soluzioni efficaci a molti di questi problemi, ha parlato, per la prima volta durante il suo pontificato, di cancel culture, condannandola duramente.

La crisi della diplomazia secondo il Papa

Liquidata da molti come una fissazione da conservatori reazionari, la cancel culture sta da tempo ridisegnando i confini di ciò che è accettabile o no nel discorso pubblico, cancella con criteri attuali fatti, personaggi ed eventi del passato, e ha reso impossibile in molte università anglosassoni l’espressione di opinioni non “allineate” a quello che il Papa ha definito «un pensiero unico – pericoloso – costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca, non l’ermeneutica di oggi».

Non si tratta solo di dispute sugli asterischi o le statue di qualche antico razzista da abbattere, però. La cancel culture mina alle fondamenta la credibilità stessa delle istituzioni e della diplomazia: «La diplomazia multilaterale attraversa da tempo una crisi di fiducia, dovuta a una ridotta credibilità dei sistemi sociali, governativi e intergovernativi. Importanti risoluzioni, dichiarazioni e decisioni sono spesso prese senza un vero negoziato nel quale tutti i Paesi abbiano voce in capitolo».

Le agende dettate da un pensiero che rinnega l’umanità

«Tale squilibrio», ha proseguito il Pontefice, «divenuto oggi drammaticamente evidente, genera disaffezione verso gli organismi internazionali da parte di molti Stati e indebolisce nel suo complesso il sistema multilaterale, rendendolo sempre meno efficace nell’affrontare le sfide globali. Il deficit di efficacia di molte organizzazioni internazionali è anche dovuto alla diversa visione, tra i vari membri, degli scopi che esse si dovrebbero prefiggere. Non di rado il baricentro d’interesse si è spostato su tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione, con l’esito di agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli».

«Come ho avuto modo di affermare in altre occasioni, ritengo che si tratti di una forma di colonizzazione ideologica, che non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche. In nome della protezione delle diversità, si finisce per cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità».

I «valori permanenti» della vita e della libertà religiosa

Qui il Papa ha usato un altro termine che va forte nel maistream, inclusività, ribaltandone però il senso con cui è solitamente utilizzato: «La diplomazia multilaterale è chiamata perciò ad essere veramente inclusiva, non cancellando ma valorizzando le diversità e le sensibilità storiche che contraddistinguono i vari popoli. In tal modo essa riacquisterà credibilità ed efficacia per affrontare le prossime sfide, che richiedono all’umanità di ritrovarsi insieme come una grande famiglia, la quale, pur partendo da punti di vista differenti, dev’essere in grado di trovare soluzioni comuni per il bene di tutti. Ciò esige fiducia reciproca e disponibilità a dialogare, ovvero ad “ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme»”. Peraltro, “il dialogo è la via più adatta per arrivare a riconoscere ciò che dev’essere sempre affermato e rispettato, e che va oltre il consenso occasionale”».

Inno al volemose bene e invito al dialogo senza esporsi troppo? Non proprio: «Non bisogna mai dimenticare che “ci sono alcuni valori permanenti”. Non sempre è facile riconoscerli, ma accettarli “conferisce solidità e stabilità a un’etica sociale. Anche quando li abbiamo riconosciuti e assunti grazie al dialogo e al consenso, vediamo che tali valori di base vanno al di là di ogni consenso”». E qui il Papa ha parlato di due diritti ben precisi, che difficilmente troverete nei resoconti dell’incontro: «Desidero richiamare specialmente il diritto alla vita, dal concepimento sino alla fine naturale, e il diritto alla libertà religiosa».

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