Il mio tributo e quello della mia gente a Giovanni Cherchi, un amico

Cari amici,
quando il mio amico Stefano Sardara (presidente della squadra di basket Dinamo Sassari) mi ha invitato per vedere la partita contro il Siena, con la mia solita “faccia tosta”, gli ho chiesto se mi poteva far autografare da lui stesso, dall’allenatore e dai ragazzi il nuovo cartello che uso per parlare. Pensate mi potesse dire di no? Anzi, ne è stato ben contento. Mia sorella Immacolata ha consegnato il cartello in attesa che fosse autografato, mai pensando alla tragedia che avrebbe colpito la Dinamo.
Proprio due giorni prima della partita, è mancato il direttore generale della squadra, Giovanni Cherchi. Il fatto ha lasciato tutti sgomenti. Giovanni ha certamente contribuito, grazie alle sue capacità, a rendere grande la Dinamo.

La partita non poteva essere una festa come di solito accade. C’era molta tristezza da parte di tutti e si è voluta onorare la sua memoria. Prima dell’inizio, hanno mandato la canzone “No potho reposare” mentre tutta la “gente” del Pala Serradimigni applaudiva in piedi. Ben 5 minuti di applausi e tantissima gente in lacrime (me compresa) per questo giovane prematuramente strappato alla vita.

Quando c’è stato il minuto di silenzio, ho voluto partecipare anche io e, visto che sono “muta”, ho deciso che mi sarei staccata dal respiratore per testimoniare così il mio rispetto per Giovanni. Quando Ica mi ha visto in seria difficoltà, ha accennato a riattacarmi il respiratore, ma il mio sguardo ha detto più di ogni parola: volevo onorare la memoria del defunto, senza “sconti” di nessun tipo. Come potevo, volevo anche io onorare Giovanni, stare vicino a Stefano e ai miei ragazzi.

Iniziata la partita, l’ho seguita come se fosse un film di fantascienza, non riuscivo a dare la mia forza ai giocatori, mi sono accorta che in quel momento ero io che avevo bisogno di forza. La mia mente era concentrata su Giovanni, la partita era in secondo piano. Sembrava un match “irreale”, i ragazzi giocavano come degli automi e io, più che guardare la partita, guardavo il volto di Stefano, di Meo (l’allenatore), dei ragazzi, degli assistenti, dell’intero staff, e tutti avevano lo stesso sguardo di profondo dolore. Ogni tanto Ica mi asciugava qualche lacrima che usciva da sola!

Arrivato l’intervallo, Manuel (il mio capitano) è venuto verso di noi. Ha tolto dalla busta il mio cartello con tutti gli autografi e mi ha detto mostrandomelo: «Sei contenta?». Ero contenta del “più bel regalo di Natale che avessi mai ricevuto”, ma profondamente triste per quella giornata. L’unica cosa che sono riuscita a dirgli è stato: vincete per Giovanni, e lui mi ha risposto di dargli una mano, facendomi un buffetto sulla guancia. Sono stati davvero grandi con me: perché, anche se è quello è “solo un cartello per parlare”, è anche il segno di qualcosa di più, ha un significato più profondo, dimostra il loro grande affetto per me!

Alla fine abbiamo perso, ma – sinceramente – questa è stata la cosa meno importante di questa giornata. Pur con gesti semplici, la gente di Sassari ha voluto onorare la memoria di Giovanni. Sono molto triste per quanto gli è accaduto, ma anche fiera della mia gente e della mia squadra che sa – pur in un momento di sgomento – stringersi attorno al ricordo di una persona. È proprio così amici: anche questi eventi dolorosi sono uno sprone ad assaporare il gusto della vita, a vivere intensamente ogni istante.

CIAO GIOVANNI!

bacioni

Susanna

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