Il Csm bacchetta il pm «partigiano della Costituzione» Ingroia: «Polemico e inopportuno»

Il Consiglio superiore della magistratura ha richiamato il pm palermitano Antonio Ingroia, che lo scorso ottobre partecipando al congresso del Pdci si era schierato pubblicamente contro il governo Berlusconi. Ci potrebbero essere anche conseguenze per la sua carriera, come un blocco degli scatti o dei prossimi incarichi direttivi.

Il Consiglio superiore della magistratura riunito in plenum con 16 voti a favore (tra cui quelli del vicepresidente Michele Vietti e i più alti esponenti della Corte di Cassazione) e sei contrari ha votato una delibera di richiamo al pm palermitano Antonio Ingroia, che lo scorso ottobre partecipò al congresso del Pdci. La relazione era stata presentata da due membri laici del Csm, Nicolò Zanon e Guido Calvi, e bacchettava il magistrato che al congresso di partito si era definito «del tutto imparziale, anzi partigiano della Costituzione» e aveva aggiunto: «Tra chi difende il principio di uguaglianza e chi cerca di introdurre quotidianamente nuovi privilegi e impunità, so da che parte stare. Tra chi difende l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, e chi invece sta distruggendo il senso di giustizia dei cittadini con leggi come quella sulla prescrizione/processo breve, so da che parte stare». Questo dimenticando però che uno dei fondamenti della professione del magistrato è il dovere di indipendenza e soprattutto di «riservatezza», come più volte ha richiamato lo stesso capo dello Stato Giorgio Napolitano. L’ultima volta, forse non a caso, proprio il giorno del plenum del Csm, quando il presidente ha invitato a evitare «esternazioni esorbitanti di criteri di misura, correttezza espositiva e riserbo».

La delibera Zanon-Calvi, infatti, ha bollato come «particolarmente vistosa e inopportuna» questa dichiarazione pubblica di Ingroia, «per gli accenti di forte polemica» verso forze politiche «particolarmente riconoscibili», per di più in un congresso ufficiale di partito. La delibera richiama infatti anche lo stesso codice etico dell’Anm, il sindacato delle toghe, che lascia ai magistrati la libertà di espressione, ma sempre ispirata a criteri di equilibrio.

Il provvedimento votato poteva prevedere diversi gradi di severità del richiamo. Alla fine il Csm ha preferito il più blando, e ha scelto di archiviare la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità ambientale. Tuttavia, accanto al richiamo, il plenum ha preso una decisione significativa, l’invio degli atti alla Commissione che si occupa di valutare la professionalità dei magistrati, cui adesso toccherà dire se il magistrato subirà anche conseguenze sulla sua carriera, come un blocco degli scatti o dei prossimi incarichi direttivi. La votazione al Csm ha visto tuttavia una spaccatura: una relazione di minoranza, voluta dalle correnti di sinistra delle toghe, chiedeva l’assoluzione totale di Ingroia, perché le sue dichiarazioni «non possono in alcun modo aver comportato una lesione ai valori dell’indipendenza e dell’imparzialità solo perché espressi nel corso di un congresso di partito».

Ma per questa relazione, contrariamente alle stesse correnti di appartenenza, non hanno votato alcuni magistrati, come Nello Nappi, che ha preferito il documento di maggioranza. «Prendo atto con amarezza che la maggior parte dei consiglieri, compreso il vicepresidente, hanno espresso apprezzamenti negativi perché un magistrato si è reso colpevole di aver dichiarato la propria fedeltà alla Costituzione» ha commentato Ingroia.

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