Il “caso unico” Del Noce

La recensione dell'Osservatore romano al libro "Filosofia cristiana e politica in Augusto Del Noce" di Luca Del Pozzo

Pubblichiamo la recensione apparsa sull’Osservatore romano del libro Filosofia cristiana e politica in Augusto Del Noce di Luca Del Pozzo di cui Tempi di aprile ha anticipato il capitolo dedicato al compito dei cattolici in politica.

«Dove parole non sono pronunciate costruiremo un nuovo linguaggio. C’è un lavoro comune, una Chiesa per tutti e un impegno per ciascuno. Ognuno al suo lavoro». Così scriveva Thomas Stearns Eliot in Cori da “La Rocca” (1934), libro dominato da un fondamentale interrogativo: è l’umanità ad aver abbandonato la Chiesa, o è la Chiesa ad aver abbandonato l’umanità? Lo stesso interrogativo caratterizzò il pensiero di Augusto Del Noce, sempre animato dalla salda consapevolezza del ruolo cruciale che i cattolici sono chiamati a svolgere per il bene e il progresso della società. Una consapevolezza così radicata da non ammettere compromessi e da rendere sferzanti alcuni suoi giudizi. «Certo i cattolici — dichiarava in un articolo pubblicato su «Il Sabato» il 7 giugno 1985 — hanno un vizio maledetto: pensare alla forza della modernità e ignorare come questa modernità, nei limiti in cui pensa di volere negare la trascendenza religiosa, attraversi oggi la sua massima crisi, riconosciuta anche da certi scrittori laici».

Nel ricordare il trentesimo anniversario della scomparsa di uno dei maggiori filosofi italiani del secondo dopoguerra, spicca per lungimiranza e attualità il valore del suo pensiero, profetico a suo modo nel preconizzare il crollo dei regimi comunisti dell’Est europeo. Intrigante, al riguardo, è la coincidenza temporale che lega la sua morte alla caduta del Muro di Berlino: trent’anni fa, infatti, quell’evento segnava la fine di un’epoca e ne inaugurava un’altra, più sensibile e aperta alla libertà ma non certo esente da contraddizioni e travagli. Questo scenario è indagato con sicura competenza e incisività di analisi da Luca Del Pozzo nel libro Filosofia cristiana e politica in Augusto Del Noce (Roma, i libri del Borghese, 2019, pagine 263, euro 18). Tanto per i suoi oppositori che per gli osservatori neutrali della politica, rileva Del Pozzo, il fallimento del socialismo reale rappresentò la dimostrazione storica della bontà della scelta a favore della democrazia e del capitalismo. Ma per del Noce «la partita non era affatto chiusa». Infatti un nuovo e per certi aspetti più temibile avversario stava prendendo corpo, vale a dire la società post-moderna compiutamente secolarizzata, nichilista e portatrice di «un totalitarismo dal volto buono perché fintamente democratico». Per combattere e sconfiggere questo nemico si rendeva necessario ripensare la presenza dei cattolici sia nella società che nella politica. Restava in sostanza intatto, pur in un contesto in continua evoluzione, «il problema politico dei cattolici». Ecco allora imporsi, con rinnovata freschezza, l’attualità della riflessione del filosofo e senatore della Repubblica italiana, la quale ruotò senza sosta intorno al perno costituito dal rapporto fra politica e religione e, in particolare, tra politica e cattolicesimo. L’autore non fa mistero del fatto che Del Noce rappresentò «un caso unico» nel panorama filosofico italiano, specialmente per quanto riguarda la filosofia cattolica italiana del Novecento. «È ormai assodato — scrive Del Pozzo — che Del Noce non ha goduto dei favori di tanta parte del cattolicesimo italiano; è stato insomma un filosofo “scomodo” per molti cattolici e per diverse ragioni: una di queste fu senza dubbio la sua strenua opposizione alla conciliazione tra cattolicesimo e marxismo che tanto fascino ebbe in Italia, soprattutto a partire dagli anni Sessanta».

Il fatto di essere stato “pietra d’inciampo” per molti intellettuali del mondo cattolico non è sufficiente a spiegare come si faccia fatica a immettere pienamente Del Noce nell’alveo sia della filosofia cristiana del dopoguerra che della storia del pensiero italiano. Finisce quindi per essere visto e trattato solo come una anomalia filosofica, per quanto geniale. Le ragioni del suo “isolamento” devono pertanto essere rinvenute altrove e, più nel dettaglio, nel metodo e nei risultati stessi della sua ricerca. Del Noce, spiega l’autore, non fu certo un sistematico: è altrettanto vero, però, che la sua riflessione si cristallizzò attorno ad alcuni temi fondamentali che, presi nel loro insieme, danno la misura di un percorso unitario, sebbene sofferto e travagliato. La specificità di Del Noce consiste «nell’aver sempre cercato il confronto con la storia, la comprensione dei fatti storici partendo da intuizioni speculative e viceversa». Tale strategia comporta inevitabilmente il rifiuto di chiudersi in una torre d’avorio pensando in astratto e determina la ricerca della verità delle proprie posizioni a partire dalla storia.

Del Noce fu sicuramente un filosofo cattolico, ma alla ricerca di un cattolicesimo moderno. E modernità del cattolicesimo vuol dire, nella sua ottica, muoversi all’interno di un orizzonte culturale in cui la fede non può essere ridotta a “foro interno”, estranea alla quotidianità vissuta e concreta. «Si può anzi sostenere — afferma l’autore — che per Del Noce tutto quel complesso di verità e di valori che costituiscono il depositum fidei del cattolicesimo, sebbene richieda da parte del credente un’adesione intellettuale, deve tuttavia essere soggetto al vaglio della storia. Questo atteggiamento deriva, a sua volta, dalla messa a fuoco di un dato di decisiva importanza per il filosofo torinese: l’essenziale storicità della Rivelazione di Dio. «Se Dio si è rivelato nella storia senza peraltro risolversi in essa — scrive Del Pozzo — allora la questione della sua presenza nel corso degli eventi storici assume una rilevanza fondamentale per il credente». Tutto ciò è ben presente nella riflessione delnociana: l’interpretazione della storia, e in particolare della storia moderna e contemporanea, diventa dunque il problema decisivo.

La riscoperta dell’ontologismo, inteso come linea di pensiero alternativa a quella che vede la modernità come un processo di progressiva immanentizzazione di Dio, consente a Del Noce di indicare una prospettiva in cui quello stesso depositum fidei cristallizzato dalla metafisica tradizionale viene ritrovato a partire da un soggetto che anzitutto «esiste prima di conoscerlo» e che successivamente cercherà nell’esistenza e nella storia la «verifica» della fondatezza dei suoi contenuti. Questo rappresenta un aspetto fondamentale della portata esistenziale del pensiero di Del Noce: la necessità di una riflessione che sappia rendere ragione della propria fede muovendo dall’“oggi” del soggetto esistente. Il filosofo Vittorio Possenti ha definito Del Noce un filosofo «politico e non monastico»: in effetti, rileva Del Pozzo, è proprio nella considerazione della «politicità» dell’ontologismo delnociano che si chiarisce ulteriormente la portata esistenziale e storica della sua riflessione. Il significato primo della politicità del suo pensiero investe l’esigenza di riunire etica e politica, interiorità ed esteriorità, vita spirituale e storia. In sostanza si tratta di tradurre la morale nella polis, affinché questa divenga cultura. E nell’assunzione della storia quale luogo dell’azione umana e, insieme, della provvidenza divina, si specifica e s’impone il carattere prettamente moderno della sua riflessione. Una modernità che si nutre delle intuizioni e degli insegnamenti di Cartesio, di Pascal, di Malebranche, di Rosmini ma che non finisce per coincidere con il razionalismo, essendo essa sempre ispirata e guidata da un vibrante afflato spirituale che la sostanzia e la edifica.

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