Il buio in cui è precipitata la nostra giustizia

Lo scandalo del Csm sta sparendo dalle pagine dei giornali, così come la fiducia degli italiani nella magistratura. Restano tutte le cause della della crisi della nostra giustizia

Articolo tratto da “Lo stato della giustizia”, servizio di copertina del numero di Tempi di luglio 2019. Per leggere gli altri contenuti del servizio, clicca qui.

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Dopo aver terminato la rubrica sul ’68, Tempi mi ha chiesto di continuare a collaborare. Ho accettato, chiedendo di segnalarmi le tematiche su cui i miei contributi potevano essere utili. Per il numero scorso mi era stato segnalato il lavoro, riprendendo alcuni miei scritti precedenti, questa volta la giustizia, su cui mi pare di avere scritto solo a riguardo del caso Formigoni. Data l’amicizia con il suddetto ero abbastanza informato della situazione e di quelle che erano a mio avviso le gravi incongruenze della condanna, della carcerazione, nonché delle leggi a sostegno di queste. Per il resto, dei problemi della giustizia mi sento competente come un qualunque lettore di giornali. A questo titolo ho deciso di intervenire perché chiunque segua con una certa costanza le cronache non può che essere preoccupato della situazione in cui versano i tribunali in Italia.

Approfitto pertanto dell’ospitalità di Tempi per dire la mia, che, proprio perché non è un parere di esperto, esprime l’allarme con cui, ormai in molti, guardiamo al comportamento dei magistrati e dei loro sodali, giornalisti e politici. Non si tiri fuori il solito ritornello che la maggioranza della magistratura è sana e lavora indefessamente in condizioni difficili. Può essere vero, ma degli appartenenti a questa magistratura sana, solo pochissimi, sulle dita di una mano, parlano, esprimono critiche e proposte. Bisogna dedurre quindi che c’è, se non complicità, una diffusa assuefazione e quindi corresponsabilità, che trasforma i sani in malati.

Veniamo allora allo scandalo del Consiglio superiore della magistratura (Csm), cui sono state dedicate pagine e pagine di giornali. Questa è la novità: le pagine e pagine di giornali. Negli ultimi trent’anni la magistratura è stata protagonista di numerosi altri scandali, fatti soprattutto di accuse con carcerazioni preventive, magari lunghe, finite in assoluzioni degli imputati, tuttavia rovinati da processi lunghissimi e provvedimenti draconiani di sequestro di beni e stipendi, con chiusura di aziende, separazioni di famiglie e addirittura suicidi. A questi scandali sono state in genere dedicate assai poche pagine di giornali, addirittura trafiletti pressoché invisibili, del tutto sproporzionati all’abbondanza di articoli dedicati alla documentazione delle accuse, con riporto di confessioni e intercettazioni a tutto campo. I comportamenti discutibili dei magistrati sono stati trattati dai media molto diversamente da quelli di altri funzionari pubblici come, per l’appunto, i sospettati di corruzione della pubblica amministrazione, i carabinieri e i poliziotti che hanno sbagliato o ecceduto nell’esercizio dei loro compiti. Per i magistrati, le cui iniziative accusatorie vengono potentemente amplificate, si fanno passare sotto silenzio sbagli che ad altri non sono concessi. Si chiama circo mediatico-giudiziario, in cui i momenti di clamore sulle indagini della magistratura sono sapientemente alternati con quelli di silenzio sugli errori di queste.

Nel caso del Csm non è andata così. Il Csm è un organo costituzionale, presieduto dal presidente della Repubblica e composto da altri due membri di diritto (il presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione), da 16 magistrati eletti tra i colleghi in rappresentanza delle diverse funzioni, da 8 membri cosiddetti laici, professori ordinari in materie giuridiche, eletti dal Parlamento in seduta comune. Tutti personaggi importantissimi e di grande prestigio.

Interessi, preferenze, influenze

Come detto sopra, pagine e pagine di giornali sono state dedicate a raduni, diffusamente intercettati, di un piccolo gruppo di magistrati che insieme a un politico avrebbero tramato per mettere in posizioni importanti, come per esempio la Procura di Roma, colleghi a loro graditi. E riferito anche il sospetto, a carico di Luca Palamara, già presidente dell’Anm, di corruzione con regali. Il fatto però è annegato nel diluvio di commenti a quello che appare il cuore dello scandalo: le trame per far riuscire quello o quell’altro in posizioni gradite. Non sono posizioni da poco, sono vertici di carriera con gli stipendi più elevati tra i dipendenti dello Stato, con grandi e indiscussi poteri esercitati sulla vita dei cittadini italiani. Giusto preoccuparsi quindi di come avvengano le nomine.

Mi sbaglierò, ma la mia impressione è che discussioni e progetti a riguardo di chi eleggere in questo o quell’altro posto della magistratura ci siano sempre stati e sempre ci saranno: tanto più quanto il posto è di prestigio e responsabilità. Giuliano Ferrara dice giustamente che procuratori, presidenti di corti e di tribunali non li ha portati la cicogna. La stessa cosa ha detto in pratica su questo giornale Alfredo Mantovano, consigliere della Corte di cassazione. La stessa cosa in termini assai più coloriti e descrittivi, con nomi e cognomi, ha detto Cosimo Ferri, parlamentare Pd e magistrato coinvolto nelle trame di cui stiamo parlando.

Stracciamenti di vesti e accorate deplorazioni hanno l’aria di una grande ipocrisia, tutta italiana, per cui quando c’è un concorso o una elezione deve vincere il migliore, individuato attraverso una valutazione quasi “matematica”, scevra da interessi, preferenze e influenze. Questo vale non solo per i magistrati, vale anche per tutti i concorsi della pubblica amministrazione, da quelli universitari a quelli per gli operatori socio-sanitari e gli addetti alle pulizie. A correzione dello scandalo del Csm è stata avanzata la proposta che le posizioni di responsabilità apicale nella magistratura siano designate per sorteggio. Meglio il caso che una valutazione di colleghi, i quali non potranno mai essere senza interessi; cioè, meglio il caso che l’uso di ragione e libertà. Non male come soluzione per la copertura delle più importanti funzioni dello Stato!

E tutti, come al solito, zitti

Infatti! Come si può impedire che magistrati e anche politici si trovino, di notte o di giorno, per parlare magari in termini coloriti e non sempre corretti delle loro preferenze e delle possibili vie, più o meno ortodosse, per perseguirle? Non si possono perseguire i pensieri, le intenzioni prima che siano diventati atti o parole effettivamente minacciose. Sarebbe questa stessa un’idea totalitaria e pericolosa, in quanto tendenzialmente oppressiva. Lo dimostra l’uso esteso e ampiamente divulgato delle intercettazioni, ultimamente potenziato dall’utilizzo del trojan, virus informatico che trasforma il cellulare in registratore, oltre che delle telefonate, di tutto quello che avviene intorno a chi lo possiede. Discorsi confidenziali, fatti, come si dice, in libertà diventano abnormi possibilità di reato, con conseguenti indagini giudiziarie, scoop giornalistici, scontri politici, carcerazioni preventive processi e… assoluzioni che arrivano troppo tardi. «Essi cercano sempre di evadere dal buio esteriore e interiore sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’esser buono», diceva T. S. Eliot. E noi, da anni ormai, siamo precipitati in questo buio, che impedisce di vedere a governo e popolo, realizzando la forma più grave di ingiustizia, perché priva di opposizione.

Non si affrontano mai le questioni che sono alla base dei comportamenti denunciati a carico del Csm e che, se risolte, potrebbero seriamente ostacolarli, svuotandone gli scopi. Da anni si invocano la semplificazione e riduzione delle leggi, la responsabilità dei magistrati – è stato fatto anche un referendum vincente –, la divisione delle carriere e il controllo delle intercettazioni agendo sia sui magistrati che sui giornalisti. Sono proposte chiare, ricche di esemplificazioni in altri paesi, probabilmente realizzabili senza mettere a dura prova l’economia, che tanto ci assilla nelle riforme. Anzi, a detta di molti, l’economia sarebbe avvantaggiata da una magistratura più efficiente e meno indebitamente invasiva. Invece: le leggi continuano a essere tante, più confuse e draconiane (valga per tutte la cosiddetta “legge spazzacorrotti” che ha introdotto l’uso del succitato trojan, oltre ad altre vere e proprie ingiustizie di cui si è molto parlato in questo giornale); i magistrati, eccetto casi di vera e propria follia, di fatto non rispondono mai dei loro errori, che oltre a persone, abbattono patrimoni, attività produttive e cognizioni scientifiche (a quest’ultimo proposito si ricordino i casi Stamina, xylella e la condanna degli esperti che non avevano previsto il sisma dell’Aquila); la magistratura continua a essere una corporazione unica senza nessuna concorrenza interna, che non sia quella dell’anzianità e delle correnti – viene da essere contenti che ci sono –; le intercettazioni vengono diffuse a volumi e anche qui nessuno risponde dei danni, magistrato o giornalista che sia.

Il vicepresidente del Csm David Ermini, in relazione allo scandalo qui commentato ha detto: «O sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti». Be’, speriamo. Gli italiani, nonostante le dichiarazioni ufficiali, non hanno fiducia nella giustizia, che secondo anche un rapporto della Commissione europea, pur spendendo abbastanza è tra le più lente e quindi, di fatto, più ingiuste del continente. Ora le pagine dedicate dai giornali allo scandalo del Csm stanno diminuendo e delle riforme, tipo nomine a sorteggio, non si parla più. Di altre riforme sostanzialmente non si è mai parlato. I magistrati, come al solito, nella quasi totalità zitti…

Foto Ansa

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