I giudici della Cedu legati alle Ong (anche di Soros)

Nella Corte europea dei diritti umani siedono persone che hanno collaborato con Open Society, Human Rights Watch, Amnesty International

In Europa c’è un conflitto di interessi grande come una casa. Riguarda molti giudici della Corte europea dei diritti umani (Cedu) e alcune grandi organizzazioni come la Open Society di George Soros, Amnesty International, Human Rights Watch, ecc. Giudici che collaborano o che hanno collaborato con Ong di attivisti per i diritti umani siedono nei collegi giudicanti in casi dove le stesse Ong sono ricorrenti o parti terze. Secondo un rapporto elaborato dallo European Center for Law and Justice (una Ong specializzata nei temi della libertà religiosa), almeno 22 dei 100 giudici permanenti che hanno giudicato i casi presentati alla Cedu fra il 2009 e il 2019 sono ex responsabili o ex collaboratori di sette Ong molto attive nel presentare ricorsi alla stessa Corte. Dodici giudici sono legati alla rete della Open Society Foundation (Osf), sette ai Comitati Helsinki, cinque alla Commissione Internazionale dei Giuristi, tre ad Amnesty International, uno a Human Rights Watch, uno a Interights et uno all’A.I.R.E. Centre. L’Open Society, oltre a contare il maggior numero di giudici ad essa legati che siedono alla Cedu, si distingue anche per il fatto che è fonte di finanziamenti per tutte e sei le altre Ong citate nel rapporto. A partire dal 2009 si contano 185 casi istruiti dalla Cedu nei quali una delle sette Ong citate risulta ufficialmente implicata nella procedura. In 88 di questi casi, alcuni dei giudici del collegio giudicante avevano legami con la Ong implicata nell’affare.

Le sentenze della Cedu

La Cedu, con sede a Strasburgo, è una delle istanze giudiziarie più potenti del mondo. Opera dal 1959 per applicare le norme contenute nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del1950, sottoscritta ad oggi da 47 paesi del Consiglio d’Europa (in pratica tutti tranne la Bielorussia). Dunque la Corte non fa parte del sistema della Ue e non va confusa con la Corte di giustizia dell’Unione Europa, che ha sede a Lussemburgo e si occupa di diritto comunitario. La Cedu è diventata famosa negli ultimi anni per alcune sue sentenze, come quella di primo grado che imponeva all’Italia di togliere i crocefissi dalle aule scolastiche, poi ribaltata in appello, come quella che ha ritardato di anni l’espulsione dell’estremista islamico Abu Qatada dall’Inghilterra in Giordania, quella che ha stabilito che la pubblicità può irridere il sentimento religioso cristiano (Lituania) mentre in nome della “pace religiosa” è stato il respinto il ricorso di un’estremista di destra condannata per aver definito Maometto “un pedofilo” (Austria), quella che impone il ricongiungimento familiare di coniugi dello stesso sesso anche quando uno dei due non è cittadino Ue nei paesi della Ue dove tali matrimoni o unioni civili non esistono (Polonia, Romania, Bulgaria, Lettonia, Lituania, Slovacchia). Le decisioni della Cedu superano gli ordinamenti giuridici nazionali, ai quali viene intimato di riformarsi in base alle sentenze emesse. E i giudici sono autorizzati a interpretare in modo estensivo i contenuti della Convenzione del 1950: in una sua sentenza del 1978 già si statuiva che essa doveva essere considerata «uno strumento vivente da interpretare (…) alla luce delle condizioni di vita attuali».

I casi con le Ong

La Cedu, diversamente dalla Corte di Giustizia della Ue o delle Corti costituzionali nazionali di Francia, Germania, Spagna e Portogallo, non prevede l’istituto della ricusazione del giudice; prevede l’astensione ma solo come facoltà che il giudice è libero di esercitare. Il rapporto afferma che nel decennio preso in considerazione solo in 12 occasioni un giudice si è astenuto in cause dove c’era una delle sette Ong come ricorrente o come parte terza. Mentre si sono verificate situazioni paradossali come quella del caso Big Brother Watch contro Regno Unito, dove 10 delle 14 Ong ricorrenti contro il governo britannico risultavano accomunate dal fatto di essere finanziate dalla Open Society di George Soros, e nello stesso tempo nella Gran Camera della Cedu (l’istanza di appello della Corte) sedevano 6 giudici su 17 ex collaboratori delle stesse Ong ricorrenti.

Il lavoro di lobbying

Come è possibile che le Ong per i diritti umani – e una di esse più di tutte altre – abbiano acquisito tanta influenza all’interno di una Corte di giustizia internazionale? Le nomine alla Cedu avvengono sulla base di terne di candidati prodotte da ciascun stato membro e sottoposte al voto dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, i cui 324 membri sono scelti dai parlamenti nazionali: ogni paese aderente alla Convenzione ha diritto di vedere eletto un proprio giudice che resta in carica 9 anni. L’Assemblea può anche rigettare l’intera terna presentata da un paese e chiedere nuovi nomi. Le Ong esercitano un ruolo consultivo nella formazione delle terne e di lobbying sui membri dell’Assemblea parlamentare al momento del voto. Ma la loro vera forza risiede altrove.

Si legge nel rapporto:

«L’elezione alla Cedu di giuristi provenienti dalle Ong ha molteplici cause. Una di esse è da ricercare nel fatto che in alcuni paesi è principalmente in seno alle Ong che si possono identificare giuristi sperimentati in materia di diritti umani e forniti di una certa indipendenza nei confronti del governo. Ciò è accresciuto dall’importanza della presenza e dell’influenza di certe Ong nei “piccoli” paesi. I giudici che prima della loro nomina sono stati collaboratori stipendiati o dirigenti ufficiali di Ong vengono in maggioranza da Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Ungheria, Lettonia e Romania. Alcuni esempi: in Albania, paese povero e segnato dalla corruzione, due dei tre candidati alla funzione di giudice nel 2018 erano dirigenti della Open Society Foundation e uno di essi è stato eletto. Ora, la Open Society Foundation ha investito in questo paesi più di 131 milioni di dollari dal 1992 ad oggi. Allo stesso modo, gli ultimi due giudici eletti per conto della Lettonia sono collaboratori della Scuola superiore di diritto di Riga, fondata dalla Fondazione Soros di Lettonia, la quale ha investito più di 90 milioni di dollari in questo paese fra il 1992 e il 2014. Anche gli ultimi due giudici bulgari approvati provengono da Ong sostenute dalla Open Society. In questi piccoli stati la Open Society e le sue fondazioni sono diventate imprescindibili per chiunque sia impegnato sul piano sociale e della comunicazione: esse sono datrici di lavoro e finanziatrici maggiori. A titolo di esempio, la Open Society Foundation spende attualmente 90 milioni di euro all’anno in Europa, principalmente nell’Europa dell’Est e nei Balcani».

Non tutti sono magistrati

L’influenza delle Ong sul Consiglio d’Europa e sulla Cedu ha contribuito alle dimensioni preoccupanti di un altro fenomeno: la maggioranza dei giudici della Corte europea dei diritti umani non sono magistrati di professione. Dei 100 giudici che si sono succeduti in questi dieci anni 51 non sono magistrati di professione, e l’incidenza si rivela ancora maggiore fra i giudici che hanno legami con le Ong: fra essi i non magistrati sono 14 su 22.

Il rapporto raccomanda, ai fini di un’autentica imparzialità e indipendenza della Cedu, di limitare il numero di giudici legati alle Ong dei diritti umani, di rendere più vincolante la procedura relativa all’astensione del giudice che abbia interessi nella causa e di introdurre il diritto di ricusazione motivata.  

Foto Ansa

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