«I gilet gialli sono un avviso di tempesta per tutta l’Europa»

L'analisi dell'intellettuale Julia Kristeva: «Il malessere della gente non riguarda solo le tasse, è più profondo. Abbiamo eliminato dio dalla società e adottato l'umanesimo, che è astratto. La politica riparta dalla cultura giudaico-cristiana»

«Quel che è appena accaduto a Parigi è un avviso di tempesta per tutta l’Europa, non solo per la Francia». Parla così della rivolta dei gilet gialli Julia Kristeva, intellettuale e psicoanalista francese, che tra due giorni riceverà la laurea honoris causa alla Iulm. In un’intervista al Corriere realizzata da Stefano Montefiori, parla della «sconfitta dell’Europa» e invoca la riscoperta della cultura giudaico-cristiana su cui è stata fondata.

«La cultura è una concezione dell’individuo, uno sguardo sulla singolarità di ciascuno, una cultura di patto nazionale, che si interessa alla diversità delle lingue e alla nozione di felicità, di valore, di progetto ideale per l’avvenire. Questa cultura non è affatto elitista e riguarda anche il contadino e l’artigiano. Non possiamo neanche sperare di risolvere la crisi dei gilet gialli se non ci affidiamo alla filosofia e alla sociologia per affrontare la questione del senso delle persone, della nazione, degli ideali, del futuro».

Per rispondere alla crisi dei gilet gialli non basta abbassare le tasse, bisogna andare più a fondo:

«Una cosa è successa molto tempo fa in Europa, e solo in Europa: la rottura del filo della tradizione religiosa. Con la Rivoluzione francese — né dio né padrone — abbiamo cancellato dio, tagliato la testa al re e messo al loro posto l’ideologia dell’umanesimo, che ha finito per diventare un valore astratto. La politica è diventata la nuova religione, con l’idea che la democrazia rappresentativa possa risolvere i problemi della felicità, della morte, dell’avvenire, l’inferno e il paradiso qui sulla Terra. Abbiamo dato alla politica responsabilità enormi, e questo modello è crollato con la Shoah e i gulag. Sopravvive a stento un’idea più ridotta della politica come gestione dell’esistente, gestione che è comunque soffocata dalla finanziarizzazione dell’economia e della rivoluzione digitale. (…) È una politica dell’impotenza, della contabilità, in cui fingiamo di credere che il problema sia davvero l’aumento del prezzo del diesel».

Lo smarrimento che si vede nella società è dovuto anche alla scomparsa dei corpi intermedi:

«I fratelli tradizionali in politica non ci sono più Penso alle tipiche fraternità che sono i corpi intermedi, i sindacati, le organizzazioni non governative, le associazioni, la scuola, la Chiesa, l’esercito. Tutte queste istituzioni sono in crisi ovunque e alcuni presidenti, come Emmanuel Macron in Francia, hanno diminuito il loro peso pensando che il capo dello Stato fratello avrebbe potuto fare tutto, occupare tutti quei ruoli. Non è così».

La politica, per ripartire, conclude Julia Kristeva, dovrebbe «non occuparsi più solo della contabilità ma anche della cultura, intesa come educazione e accompagnamento, magari partendo dai valori ancestrali del cristianesimo, dell’islam e del giudaismo. La questione adesso è interagire con persone che non credono a niente».

Foto Ansa

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