Ho visto su internet un signore che mangiava la terra biodinamica anziché lasciare il nobile compito ai prodi lombrichi

«Sei scemo o mangi i sassi?». Nel nord Italia, questo modo di dire era ed è abbastanza diffuso tra i bambini. Ma i bambini di oggi, che a differenza di quelli di ieri hanno accesso a internet e youtube, potrebbero sollevare legittime obiezioni quando se lo sentono dire. «Forse i sassi no, ma un signore grande che mangiava la terra io l’ho visto, sì sì!», dice il nostro ragazzino bene informato. Voi strabuzzate gli occhi una o due volte, vi grattate la capoccia, iniziate a sentirvi scemi voi. Poi lo chiedete al figliolo. Lui vi risponderà: «L’ho visto su internet!». E con ragione.

Intravino è uno dei blog vinicoli più divertenti e seguiti d’Italia, uno sguardo sanamente demistificante sul vino e su quel che lo circonda. Lo scorso venerdì 14, uno degli autori, Alessandro Morichetti, ha visto qualcosa su youtube: è il video in cui un professionista del settore distribuzione vini e spiriti fa del marketing per la propria azienda. Un video del 2012, che spinge Morichetti a domandarsi: «Ma davvero qualcuno capisce il vino assaggiando la terra?». Ohibò. Lì sotto, il video. Una sommaria visione del medesimo, ci fa rendere conto di quanto la domanda di Morichetti sia tutto meno che peregrina.

In uno scenario di vigneti e campi, compare un signore grigio di capelli, con una camicia militare di cotone robusto verde scuro: è Luca Gargano, dominus di Velier. Velier è una delle realtà che rendono maggiormente felici noialtri bevitori di gusto. Tramite Velier, arrivano in negozi e ristoranti alcuni vini molto ma molto interessanti. E non solo: Luca Gargano seleziona un parterre di rum da mandare al Settimo Cielo il più incallito amatore di sigari cubani, ideali da matrimoniare.

Che Gargano faccia pubblicità in un vigneto, dunque, è cosa buona e giusta. Ma ascoltiamo bene. A un certo punto, Gargano parlerà di «Triple A». “Triple A” è un’etichetta che Luca Gargano ha attribuito ai vini che preferisce. Le tre A sono quelle dei requisiti che i produttori dovrebbero avere: Agricoltori Artigiani Artisti. Gargano nel 2001 ha perfino scritto un manifesto per spiegare la sua visione della cosa, e il manifesto è visibile anche oggi a chi voglia saperne di più. In sintesi, si tratta di vini biologici o biodinamici, comunque prodotti senza utilizzare, in vigna, composti chimici di sintesi. È una weltanschauung del vino. Coerentissima, anzi oggi abbastanza diffusa, ancorché non l’unica. A Gargano piace quella, e lo spiega in modo convincente. Fin qui tutto bene.

Il video però ha un’ascendenza quasi climatica verso un acme, un colpo di teatro. Gargano cala l’asso, e tira su una vangata di terra da un vigneto coltivato «alla moderna» (dice lui) o ad agricoltura convenzionale (diciamo noi), per poi affiancarla a un’altra secchiata, proveniente invece dal vigneto incontaminato, biodinamico, buono e giusto. Solo che, nell’intento nemmeno troppo scoperto di farci capire quale dei due preferisce, come se tra l’altro non l’avesse intuito nessuno, Gargano sceglie la strada più estrema: cava una manciata di terra “buona” e se la mangia. Proprio così. Non per finta. O se finge, finge benissimo. «Guarda: quando puoi mangiare la terra di un vigneto, puoi essere sicuro che da questo vigneto uscirà un grande vino»: Gargano conclude così, rammaricandosi peraltro di come vigneti con terra “mangiabile” ce ne siano ormai pochi. Buon appetito.

Che Gargano apprezzi i vini “naturali” (se davvero naturale può definirsi un prodotto umano quant’altri mai) più degli altri, è cosa evidentissima. Un po’ meno evidente è la logicità del suo sillogismo: ossia che da un vigneto con terra “mangiabile” nasca necessariamente un grande vino. Qualche malignazzo malfidato potrebbe supporre anche un ribaltamento: da terra “chimica” nessun vino grande può nascere. Stefano Cinelli Colombini, storico produttore di vino Brunello a Montalcino, proprio su Intravino ha scelto questa chiave di lettura, chiosando con un pizzico di accattivante icasticità: «Dato che il 99% dei produttori non è biodinamico, dicendo questo si afferma che tutti noi di mestiere facciamo gli avvelenatori. Il che è molto offensivo, e oltretutto falso. Sarebbe ora che Gargano e tanti altri che dicono le stesse cose la facessero finita, anche perché facendo così dimostrano di non essere sicuri di loro stessi: chi è davvero convinto di produrre cose enormemente più sane e migliori di tutti non ha alcuna necessità di parlare sempre dei difetti del prossimo, così come un diamante non ha alcuna necessità di dire al culo di bicchiere che vale di più». Vero e giusto. Però Cinelli Colombini ha anche detto: «Gli assaggi di menta e terra vanno pure bene». Davvero? Stefano Amerighi, giovane produttore di Cortona (Arezzo), ha le stesse idee di Gargano, tuttavia non può fare a meno di mostrare un certo scetticismo, ricordando come il suo babbo amasse annusare la terra per odorare la presenza di eventuali muffe in profondità, «ma mangiarla no! Ecco, quello lo lascerei al nobile compito dei prodi lombrichi!». Brutale ma chiaro. La posizione di Gargano è del tutto legittima. Mangiare la terra è una trovata di marketing. Solo che è un marketing che, con tutta probabilità, risulta convincente solo a chi di certe verità più o meno rivelate è già convinto. Gli altri restano un pochino interdetti. Brindiamoci su, con un vino o un rum di Luca.

@farinatommaso

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