«Un adulto e un bambino, bruciati vivi da Hamas, abbracciati l’uno all’altro»

«Non ho mai visto una tale barbarie». Le testimonianze tremende e inimmaginabili degli inviati e dei medici del Centro nazionale israeliano di medicina legale alle prese con i cadaveri carbonizzati nei kibbutz israeliani

Una casa nel kibbutz di Be’eri, vicino al confine di Gaza, attaccato da Hamas il 7 ottobre. Qui sono stati trovati 108 cadaveri (foto Ansa)

C’è voluta una Tac per capire che si trattava di due corpi, uno grande, uno piccolo: quando Hamas appiccò il fuoco alla loro casa, una mamma (o un papà?) non poté fare altro che spalancare le braccia e accogliere il suo bambino terrorizzato. «Sono stati bruciati vivi in questo modo. Cremati vivi nella loro stessa casa, abbracciati l’uno all’altro».

All’inizio i patologi del Centro nazionale israeliano di medicina legale che lavoravano con delicatezza a quel mucchio carbonizzato non si erano accorti che si trattava di due persone. Poi l’esame aveva mostrato due colonne vertebrali: «Un grande e un piccolo, sono seduti insieme e si abbracciano stretti». Dei 959 corpi finora portati alla base militare di Shura, quelli più difficili da identificare vengono portati qui a Tel Aviv, scrive il corrispondente dal Daily Mail Sam Greenhill mentre intervista il direttore Chen Kugel e gli scienziati col compito terribile di dare un nome a 297 corpi resi irriconoscibili dai terroristi nei kibbutz la mattina del 7 ottobre. E cercare di spiegare ai giornalisti che presidiano il centro cosa è successo.

L’inimmaginabile ferocia di Hamas

Quello che segue è una ripresa dei dialoghi tra i reporter sconvolti e gli scienziati in lacrime. «Chiunque metta in dubbio l’inimmaginabile ferocia dell’attacco di Hamas contro Israele deve ascoltare queste parole», scrive il giornalista del Mail. «Ovunque guardassi, mentre visitavo questo obitorio c’era una visione dell’inferno. Le cose che ho visto sono troppo angoscianti per essere descritte e il fetore putrido della morte mi accompagnerà per giorni. Molti degli innocenti massacrati hanno ferite da arma da fuoco alle mani, mentre tentavano invano di difendersi dai proiettili».

Corpi anneriti, frammenti di ossa, cadaveri colmi di fumo nella trachea. «Ci sono diverse persone lì dentro», ha spiegato Kugel mostrando un mucchio carbonizzato. «Solo parti di un teschio. Uno zigomo. Questo è tutto ciò che resta di loro. I loro corpi sono scomparsi». Mostra altre foto, un uomo ripreso da dietro: «Dai segni sui polsi si vede che è stato ammanettato dietro la schiena. E poi giustiziato». Ciò che piangendo il dottor Kugel ha chiamato «l’assolutamente insopportabile» è quanto invece è apparso ai raggi X: la colonna vertebrale di un adulto e quella di un bimbo abbracciati, cremati vivi. «È straziante e difficile da vedere, anche per persone come me». Kugle separa e riconosce cadaveri da 31 anni ma non trova parole davanti ai container accatastati e traboccanti di corpi che hanno fatto del suo centro un porto di morte, «è orribile. Terribile. Ecco la grandezza della crudeltà».

«Un bambino sanguinava sopra questo lettino»

Lontane dal centro, centinaia di famiglie attendono di sapere se i propri cari figurano tra quei cadaveri senza volto o se sono ostaggi di chi ha compiuto la mattanza. C’è chi l’ha chiamata fake news. C’è chi ha scatenato un surreale dibattito sul fatto che i bambini non fossero stati decapitati o “solo” uccisi in altro modo. Un colonnello assicura invece al giornalista di aver portato un bimbo senza testa fuori dal kibbutz Be’eri, il patologo più esperto d’Israele conferma le decapitazioni: «Non sapeva il motivo per cui non avevano testa e non sapeva dire se fossero stati tagliati con un coltello o fatti esplodere da una granata. Ha detto: “Non posso dire che erano stati decapitati. Posso dire di aver visto persone senza testa”».

Ogni corpo è un mistero nel ribattezzato “regno dei morti” di Tel Aviv. In un sacco, spiega Ricardo Nachman, capo della scientifica del centro, «abbiamo trovato tre piedi sinistri e un piede destro. Quindi sappiamo che furono almeno tre le persone che morirono insieme». Nel laboratorio del dna si lavora giorno e notte senza sosta, «dobbiamo dare risposte alle famiglie. Vogliono celebrare i funerali, ma vogliono anche sapere cosa è successo e come è morta la persona amata», spiega la dottoressa Nurit Bublil mostrando un materasso zuppo di sangue, «questo è il materasso del lettino di un bambino. Lo vedi dalle dimensioni della macchia, un bambino sanguinava sopra questo lettino».

«Non ho mai visto una tale barbarie»

«Tutto è stato reso più difficile dal fatto che spesso coloro che sono stati torturati erano legati insieme», spiegano i medici a France24, mentre la troupe si fa largo tra i «corpi che giacciono su barelle, avvolti in spessi sacchetti di plastica nera, ciascuno contrassegnato da un numero. Alcuni sono solo neonati».

«Ho visto bambini, donne e uomini decapitati. Ho visto una donna incinta con il ventre squarciato e il bambino tagliato fuori. Molte delle donne che sono state portate qui sono state violentate», ha dichiarato all’agenzia il rabbino Israel Weiss. «Faccio questo lavoro da 31 anni» ha detto Kugel. «Non ho mai visto una tale barbarie, una tale crudeltà, una tale implacabilità. È atroce».

 

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