Guardare al passato (cinese) per governare la paura del futuro

Il presidente cinese, Xi Jinping, durante il suo discorso di fine anno (foto Ansa)

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Il 2023 sarà un anno sovradeterminato dalla situazione cinese, ovvero dal disvelamento davanti al mondo del vero assetto strutturale e sociopolitico del sistema di dominio dell’Impero di mezzo. La storia millenaria della Cina imperiale ha avuto passaggi storici simili a quelli di questo mezzo secolo: il sistema di drenaggio fiscale del centro nei confronti della periferia si sgretola per eccesso di centralizzazione e la guerra tra i signori della guerra si scatena portando l’Impero di mezzo alla crisi irreversibile della dinastia».

In tanti ormai, a iniziare da quel perfetto lettore dell’animo degli italiani che è Giuseppe De Rita, segnalano come sia diffusa nella nostra società, tra Covid e guerra in Ucraina, una sensazione di paura per il futuro. Per governare la paura del futuro, come ci insegna Sapelli, non c’è che la riflessione sul passato. Oggi, in particolare, su quello cinese.

***

Su Scenari economici Giuseppina Perlasca scrive: «Negli Usa ci sono stati vincenti, che crescono, e altri perdenti, che riducono la loro popolazione, il tutto con profonde motivazioni politiche. Il Texas e la Florida si sono divisi il titolo di Stato con la crescita più rapida nel 2022. Il Texas ha vinto in termini di numeri, con una crescita della popolazione di 470.708 unità. Con una popolazione di 30.029.572 abitanti nel 2022, il Texas è ora il secondo Stato della nazione ad avere una popolazione superiore ai 30 milioni. La Florida si è classificata seconda, con un aumento di 416.754 unità. L’Arizona, la Carolina del Nord e la Georgia hanno completato la top five con aumenti di popolazione rispettivamente di 133.088, 124.847 e 94.320 unità. New York, come l’anno scorso, è stata la grande perdente della nazione con un calo della popolazione di 180.341 unità nel 2022. Segue la California con una perdita di 113.649 persone. Illinois, Pennsylvania e Louisiana completano la top five dei perdenti con cali di popolazione rispettivamente di 104.437, 40.051 e 36.857 unità».

In alcuni interessanti articoli sul Financial Times analizzando il voto di repubblicani e democratici negli Stati Uniti, e di conservatori e laburisti in Gran Bretagna, si constatava come in America la destra avesse solo una piccola percentuale di parlamentari eletti in aree urbane, mentre la sinistra eleggeva un’altra minima dei suoi rappresentanti nelle zone rurali, mentre sotto i trenta anni nel Regno Unito la sinistra tendeva ad avere la maggioranza dei voti anche in un periodo in cui era fortemente minoritaria nel resto del Paese. Come tutte le vicende umane anche questa della suddivisione del voto tra città e campagna, e tra millenial e non, non è irreversibile. Per esempio in Florida l’esplosione economica più le lotte culturali in parte modificano le tendenze illustrate dal quotidiano della City (e oggi anche del Nikkei).

***

Su Huffington Post Italia Ugo Magri scrive: «È tipico delle tifoserie politiche raffigurare gli avversari non per quello che sono ma per come piacerebbe che fossero: stupidi, goffi, decerebrati. Nella logica ultrà, chi sta dall’altra parte è ridicolo per definizione, mai all’altezza delle sfide, destinato a farsi male da solo. Per cui l’aspettativa comune nella sinistra, dopo la sconfitta elettorale, era che questa destra aggressiva e plebea, rozza e populista restasse immediatamente vittima delle proprie smargiassate sparse a piene mani durante la campagna elettorale».

Magri spiega ai tanti suoi amici giornalisti antimeloniani in servizio permanente effettivo, come sia meglio fare un’opposizione al governo che sia intelligente ed efficace, e non becera e inutile.

***

Su Formiche Carlo Galli dice: «L’idea che sia scomparsa la differenza tra destra e sinistra è un’interpretazione funzionale all’autodefinizione del neoliberismo in crisi. In questo modo, si afferma che lo stato di cose presente (gli assetti di potere, le forme della produzione, le modalità della politica) non prevede alternative; e che la politica non può sperare di modificarlo. Il rifiuto della possibile esistenza delle ideologie è, in realtà, un discorso ideologico. Implica infatti che ciò che esiste sia la Verità oggettiva, mentre la critica dell’esistente sarebbe velleità, malafede, ideologia appunto. Io invece penso che tutta la politica moderna sia intrinsecamente di parte, e queste parti sono la destra e la sinistra. Oggi le possiamo chiamare come vogliamo, ma non esiste una politica oggettiva, perché la politica è l’insieme dinamico dei rapporti umani analizzati dal punto prospettico del potere. Le società dentro le quali prende forma non sono omogenee, ma divise e conflittuali».

La stagione delle Merkel, dei Macron, dei Napolitano che volevano emarginare le differenze tra destra e sinistra pare terminata. Ritorna la politica. Trattiamola con tutta la prudenza necessaria: è indispensabile per una società vitale, ma la sua pratica non è priva di rischi.

Exit mobile version