Gli occhi di Vaticano e Dipartimento di Stato Usa sul Quirinale

Il premier italiano Mario Draghi con Papa Francesco (foto Ansa)

Su Formiche Corrado Ocone scrive: «Ogni parlamentare, mosso soprattutto dal desiderio di salvaguardare il proprio futuro, più di ogni altra cosa teme le elezioni perché probabilmente non ce la farebbe a rientrare, a causa anche ovviamente della drastica diminuzione di posti disponibili nella prossima legislatura». Deputati e senatori che hanno abolito quello che era più o meno un diritto acquisito cioè il vitalizio per i già parlamentari, che hanno tagliato i numeri dei rappresentanti del popolo perché erano troppi e dunque uno spreco, ora – tra un’eccessiva indifferenza dei media – hanno preso in ostaggio assemblee legislative ormai allo sbando, per garantirsi un anno di indennità. Insomma si torna ancora e sempre al Leo Longanesi che scriveva: «La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Tengo famiglia».

Sul Sussidiario Mauro Suttora dice: «Ormai chiunque si sente autorizzato a dire la sua. Aspettiamo l’opinione dei baristi della buvette». D’altra parte nello zainetto di ogni barista della buvette c’è il bastone di comando di un bibitaro dello stadio San Paolo di Napoli.

Su Formiche Chiara Masi scrive: «L’incontro di lunedì 3 gennaio tra Markus Söder, leader dell’Unione cristiano-sociale (Csu) e ministro-presidente della Baviera, e Friedrich Merz, presidente designato dell’Unione cristiano-democratici, segna “un nuovo inizio” per i popolari tedeschi. Lo scrive il quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung, ricordando le tensioni che hanno recentemente diviso il centrodestra tedesco». Merz, Valérie Pécresse, Isabel Ayuso: sta nascendo una nuova politica conservatrice che insieme all’incubazione (e sempre in Germania si sta avviando anche questo processo) di una sinistra rosso-verde, libererà l’Unione europea dalla soffocante eredità della grande pasticciona Angela Merkel (e speriamo presto anche da quella del pasticcino arrogante Emmanuel Macron).

Su Affari italiani Alberto Maggi scrive: «Tutti sanno perfettamente che dopo il discorso di fine anno l’ipotesi del bis di Mattarella è esclusa al 100 per cento, anche perché il Centrodestra all’unanimità ha preso atto del no e il presidente uscente non accetterebbe mai di essere di parte, e quindi l’uscita degli eletti grillini a Palazzo Madama si può leggere solo e soltanto in un modo: schiaffo al capo politico Conte. Un modo per dire all’ex premier che sta sbagliando, anche perché dal Pd segnalano una forte irritazione per le mosse di Conte sul Quirinale, non concordate con i Dem». Ormai i grillini dispersi in mille fazioni e diserzioni, più che cinque sono più o meno trecento stelle. E tutte appaiono molto cadenti.

Su Affari italiani si riporta una frase che Gianni Letta avrebbe detto ai suoi amici più fidati: «Sto facendo di tutto per far comprendere a Silvio che il rischio di bruciarsi è altissimo, nella corsa al Quirinale che ormai si è intestato, ma sono l’unico che si è preso l’ingrato compito di farglielo notare». Quando Mario Draghi dice che lascerà Palazzo Chigi se per il Quirinale non si troverà una maggioranza omogenea a quella che sostiene il suo governo, la proposta politica di Silvio Berlusconi (se stesso presidente della Repubblica e Draghi ancora premier) è fallita. Come mai nessuno glielo fa esplicitamente notare?

Su Startmag Federico Damato «È subentrata una lettura restrittiva del messaggio di Capodanno del presidente della Repubblica da parte del mitico Osservatore Romano di altri tempi. Il cui anonimo estensore di una breve nota ha appena scritto con nettezza che con quel messaggio “Sergio Mattarella ha chiuso definitivamente ogni possibilità a una sua rielezione”. Alla quale magari – potrà pensare qualcuno – si preferirebbe l’elezione di Mario Draghi, tanto apprezzato da Papa Francesco in persona da essere stato da lui nominato alla Pontifica Accademia della Scienze Sociali ben prima che Mattarella lo chiamasse per destinarlo a Palazzo Chigi». Il ruolo ambiguo disegnato dalla Costituzione del presidente della Repubblica (ora notaio ora arbitro) è il prezzo che i comunisti pagarono ai democristiani per avere un governo debole e un Parlamento ultracentrale. Di fatto il Quirinale diventò lo strumento con cui due potenze fondamentali nel definire gli indirizzi dell’Italia repubblicana (il Vaticano e gli Stati Uniti) bilanciarono la forte influenza politico-sociale del Pci. Solo un paio di presidenti sfuggirono al placet delle due citate potenze (Giovanni Gronchi più appoggiato dal Vaticano e Sandro Pertini, con Paolo VI che stava morendo e Washington nel caos carteriano). Dopo il ’92 al ruolo di garanzia dai comunisti il Quirinale assomma man mano anche quello di protettore dei patti comunitari, aumentando l’influenza di Berlino e Parigi. Però quando Vaticano e Dipartimento di Stato camminano insieme, come oggi nel caso di Draghi, appare difficile resistere.

Su Huffington Post Italia Claudio Paudice scrive: «La Spd, il cancelliere Olaf Scholz, hanno chiarito che dal punto di vista del governo tedesco il nucleare non è un investimento sostenibile sotto il profilo ambientale. Ma la protesta finisce qui, e comunque non sembra poter sfociare in una iniziativa congiunta, annunciata lunedì dai governi dell’Austria e del Lussemburgo, per portare la questione davanti alla Corte di giustizia dell’Ue». Con prudenza Scholz sta riportando la “politica” nell’Unione. Oggi a Berlino e Bruxelles, domani in Italia?

Su Huffington Post Italia Sandro Gozi scrive: «Il 2022 è un anno decisivo per la trasformazione europea. Non è retorica. Basta guardare il calendario: la Francia di Emmanuel Macron presiede dal 1° gennaio il Consiglio Ue e in aprile deciderà se lo stesso Macron resterà per altri 5 anni all’Eliseo». Se il partito francese in Italia ha tanti esponenti di peso nelle sue file (da Enrico Letta a Paolo Gentiloni, al duo Carlo Calenda-Luca Cordero di Montezemolo), il segretario di questo “partito” è senza dubbio Gozi. Personalmente non privo di una brillante intelligenza, ma costretto dal suo ruolo a sostituire il “Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà” di Romain Rolland (poi ripreso da Antonio Gramsci) con l'”ottimismo della stupidità”.

Sulla Zuppa di Porro Antonio Mastrapasqua scrive: «C’è un’altra ferita – forse la più seria – di questi sette anni. Una ferita che meriterebbe una riflessione a parte, ma che non può essere taciuta. Il silenzio insistito sulla Giustizia. Mai come in questi sette anni il Paese ha assistito a una crisi patente e non gestita della magistratura e del suo organo di autogoverno, il Csm, di cui il Capo dello Stato è presidente, per dettato costituzionale. Mai come in questi anni ci sarebbe stato motivo per sciogliere il Csm, senza arrivare al punto – come sosteneva Cossiga – di circondare il Palazzo dei Marescialli con i blindati dei carabinieri. Il silenzio di Mattarella su questa partita – essenziale per la vita civile di un Paese – forse è stata la pagina meno memorabile di sette anni, difficili, complicati e imperfetti. Come quelli dell’Italia intera». In questi giorni gran parte del popolo italiano si è stretto intorno a un presidente che nella drammatica tempesta della pandemia ha saputo aiutare la società a riprendersi. L’enorme gratitudine che Mattarella merita, non dovrà però impedire di fare i conti con i formidabili nodi lasciati irrisolti dal 2015 al 2022

Dagospia scrive: «Senza un governo in carica, con i partiti in piena campagna elettorale con urne aperte a settembre 2022 (quando per i peones scatterà il vitalizio), che fine farebbe il Pnrr? Saremmo affidabili al cospetto di fondi di investimento che scommettono sulla tenuta dell’Italia sul piano finanziario?». La disperazione di quelli che non vogliono Mario Draghi presidente della Repubblica è tale che non si accorgono che gli argomenti che presentano (come questi citati da Dagospia) confermano che l’unica scelta di garanzia per l’Italia è che l’attuale presidente del Consiglio vada sul colle a proteggerci da un anno che comunque sarà elettorale

Sul Post «È infatti da escludersi un sistema coercitivo, che obblighi cioè i cittadini a vaccinarsi anche con la forza, alla stregua di un trattamento sanitario obbligatorio: uno scenario violento che nessuno propone seriamente, per motivi intuitivi». Dalla libertà garantita dalla Costituzione a quella intuita da legislatori e opinione pubblica: vaccinarsi si deve, ma riflettere sempre come e quando la libertà potrà dispiegarsi senza vincoli, è ugualmente urgente. L’emergenza eterna non è la soluzione

Su Affari italiani si scrive: «Ma c’è altro a muovere Giorgetti. Di recente il ministro leghista si sarebbe sfogato in Transatlantico, confidando di considerare ormai esaurita la spinta che ha portato alla nascita dell’esecutivo e la sua esperienza da responsabile dello Sviluppo economico. Un altro anno così, avrebbe spiegato, “sarebbe difficile e logorante”». Anche le teste più di coccio dovrebbero capire che non potendo annullare le politiche del 2023, è meglio anticipare il voto e trovare tutti gli accorgimenti bipartisan possibili (authority per la lotta alla pandemia, accordi precisi per la gestione del Pnrr, definizione di una cornice per lo scontro politico e soprattutto Mario Draghi al Quirinale) per evitare che l’inevitabile campagna elettorale produca guasti gravi allo sviluppo nazionale e alla nostra democrazia.

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