Giannino: Senza gli “ottimati” ci saremmo giocati molto più di un’elezione

Pubblichiamo la nota apparsa sul sito del giornalista e nostro collaboratore Oscar Giannino cui è stato impedito l'accesso all’Università Statale di Milano (video). «Una bella doccia di pomodori pelati, qualche uovo. Nessuna possibilità di interloquire». Pubblichiamo anche il suo articolo che appare sul numero 48/2011 di Tempi, in edicola questa settimana

Pubblichiamo la nota apparsa sul sito di Oscar Giannino: 

Oggi alle 14,30 mi è stato impedito l’accesso all’Università Statale di Milano in via del Conservatorio, dove ero invitato a un dibattito sull’euro organizzato da Azione Giovani. Numerosi studenti hanno bloccato l’ingresso, apostrofandomi “buffone, padrone, fascista, distruttore dell’Università”. Una bella doccia di pomodori pelati, qualche uovo. Nessuna possibilità di interloquire. La polizia, presente, mi ha cortesemente invitato a desistere. Così è stato. Questi i fatti. Nessun danno. Ognuno giudichi se si debba arrivare a episodi del genere. Studentesse e studenti che mi davano del fascista non avevano la minima idea di chi io fossi davvero e di che cosa pensassi. Quando è partito il coro “figlio di papà, noi qui a lavorare e tu a fare la bella vita”, non sapevo se ridere di più che alla funzionaria di polizia che mi chiedeva di sgombrare.


Di seguito l’articolo che appare sul numero 48/2011 di Tempi, in edicola:

La tesi della sospensione della democrazia ad opera del governo dei tecnici ha una sua presa. Amici di penna mirabile e testa fine come Giuliano Ferrara ne fanno una campagna battente. Inevitabilmente, parti rilevanti del centrodestra ne sono sedotte e ripetono. Silvio Berlusconi nelle sue dichiarazioni ufficiali benignamente sostiene il governo di emergenza, ma in quelle ufficiose non smentisce affatto che la tesi convinca anche lui.

Preferisco usare un solo argomento, per sostenere il contrario. Non m’imbarco in facili citazioni a effetto, citazioni di elitisti come Mosca e Pareto, che pur dovrebbero far parte del bagaglio di ogni sano e mediamente acculturato moderato-conservatore italiano. Non prendo a prestito parole e giudizi da Gianfranco Miglio, anche se resto convinto che la lettura delle sue appena riedite lezioni di politica farebbe molto bene a un centrodestra italiano vinto non nelle urne, ma nella capacità politica, e apparentemente assai povero di riferimenti per il futuro. Quasi smarrito, anzi, di fronte all’indicibile. Cioè alla franca ammissione che di autocappottamento si è trattato. Non nel voto parlamentare, ma per l’incapacità di evitare all’Italia ciò che è divenuto sempre più evidente da luglio in avanti – ad esser buoni, ma io direi da un anno e mezzo almeno – e cioè il ruolo di sempre più instabile detonatore dell’euroarea, ruolo che mai la Grecia ha potuto ambire a esercitare, perché al più per la sua limitatezza poteva far da miccia.

Ecco, l’argomento unico e vero che adduco contro la tesi della sospensione democratica operata dal governo dei professori è che, senza di esso, saremmo già alla sospensione vera della sovranità italiana. Tutti quanti noi sappiamo che era ormai pronta a scattare. Non c’entra niente con il livello dello spread, su cui s’intestardisce il fronte anti-Monti, sapendo bene per altro che un conto era l’innalzamento verticale di quello italiano mentre teneva quello di Francia e Belgio, tutt’altro quando il mercato ha dato per scontato che noi eravamo oltre la sostenibilità, e si poteva finalmente iniziare a scardinare l’euroedificio estendendosi a quel punto ai paesi forti.

Se Silvio Berlusconi non lo avesse pensato anche lui, che ormai l’accordo tra tedeschi, francesi e americani per un intervento d’assoluta emergenza del Fondo Monetario Internazionale era pronto per la sola Italia, non avrebbe ceduto il passo, non avrebbe ascoltato le tante voci del Pdl pronte a un’aspra resistenza parlamentare senza assecondarle, e dando invece direttiva di votare la fiducia a Mario Monti.

In altre parole: il governo d’emergenza è stata la scelta per evitare il peggio ormai sicuro. Faccio presente che per il Pdl – chiunque lo guidi alle prossime elezioni – la prospettiva sarebbe stata incomparabilmente peggiore, con il suo leader direttamente umiliato dal concerto internazionale.

Direte voi che in questi giorni leggiamo comunque indiscrezioni relative all’ipotesi di un intervento straordinario del Fmi sull’Italia. Vedremo. Non sappiamo se l’euro terrà, dipende da che cosa si deciderà il 9 dicembre. Ma in ogni caso oggi è chiaro a tutti che l’euro non è in grado di tenere così, e se l’Efsf (il “fondo salva-stati”) e la Banca centrale europea non basteranno – dipende appunto da ciò che verrà deciso il 9 – allora un intervento del Fmi sarà l’effetto del fallimento europeo. Non sarebbe stato così, con gli elicotteri del Fmi che planavano sulla testa di Berlusconi a palazzo Chigi.

La difesa della democrazia italiana non mi avvince se passa per la difesa delle sue lentocratiche e bizantine prerogative parlamentari, fondate sulla massimizzazione dei poteri di veto invece che di azione. La difesa della democrazia italiana mi convince se resta in grado di saper prendere decisioni adeguate ai collassati tempi in cui viviamo. La difesa della democrazia italiana passa per un’inevitabile e necessaria ammissione degli effetti pessimi del conflitto tra Palazzo Chigi e via Venti Settembre, dal 2008 a un mese fa. Non c’entra niente tutto ciò con i pretesi maggiori meriti dell’opposizione, che non esistono. Né con i maggiori titoli dei professori, che esistono solo per il fallimento del centrodestra sulla scena internazionale. Quanto prima quell’ammissione di fallimento verrà, tanto più il centrodestra italiano difenderà non solo se stesso e le sue ragioni future, ma una democrazia italiana capace di essere altro che eccesso di debito, di spesa e di tasse.

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