Non demonizzate la trippa e le altre frattaglie: son capaci di poesia (anche un po’ erotica)

Povere frattaglie. Povero quinto quarto. Cibarie demonizzate da chi quasi mai le ha davvero assaggiate, solo sulla scorta di un pregiudizio tanto atavico quanto immotivato. Eppure le interiora di bovino e suino possono dar luogo a piatti di rara poesia.

Per esempio, la demonizzata trippa. Secondo alcuni, la trippa è nientemeno che “pesante”. Errore: 100 grammi di trippa non condita apportano circa 100 kcal. Ossia, meno della stessa quantità di pasta, sempre non condita. Ce lo ricorda anche Roberta Schira, la scrittrice cremasca autrice del bellissimo Libro delle frattaglie, pubblicato anni fa per i tipi di Ponte alle Grazie.

I fiorentini per la trippa hanno un culto che non accenna a diminuire. Al punto che, a differenza di tutti gli altri italiani, tengono in grande onore anche il quarto stomaco del bovino. In Italia, si mangia trippa ricavata dai primi tre: la trippa propriamente detta, il foiolo o centopelli, e il reticolo o nido d’ape. Il quarto stomaco, predilettissimo dai fiorentini, è il mitico lampredotto. Di colore scuro, di solito viene cotto separatamente, semplicemente bollito. Il lampredotto bollito si mangia così, con un po’ di sale e pepe, o con la salsa rossa e quella verde. Può anche entrare in un panino, che viene debitamente “bagnato” nel brodo.

Per recuperare la materia prima? Al mercato di San Lorenzo, a Firenze, persiste il banco del trippaio Oreste Carocci, finché dura. È l’ultimo banco del mercato a essere dedicato strettamente alle trippe e alle frattaglie. Il lampredotto, naturalmente, vien via come il pane, ma pure le altre trippe “tirano”. Tra le frattaglie più inconsuete, c’è quella ribattezzata con l’inoffensivo nome di “matrice”. E che è la matrice? Sarebbe nientemeno che l’utero della vacca. E un componente del “bollito erotico”, quello tutto costituito da zone “erogene”: la lingua, la poppa (sissignori, la mammella) e appunto la matrice. E poi, la guancia, il musetto, i nervetti… Fateci una visita.

@FarinaTommaso

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