Francia, dagli archivi la verità sulla Shoah: la Chiesa aiutò gli ebrei

Lo mette in luce il libro di Sylvie Bernay, che evidenzia l'azione comune di tutta la Chiesa per aiutare gli ebrei. Come ha fatto l'arcivescovo di Tolosa, che già il museo israeliano Yad Vashem ha onorato.

Due giorni fa la Francia ha ricordato una delle pagine più buie della sua storia, “la rafle du Vel d’hiv”: era il 16 luglio 1942 e la polizia transalpina rastrellò Parigi per arrestare più di 13mila ebrei, che furono concentrati nel Velodromo d’Inverno, da cui poi vennero mandati nei campi di concentramento. L’evento è stato lo spunto per approfondire anche il ruolo della Chiesa cattolica francese durante gli anni della Grande Guerra.

«Dal luglio del 1942 la Chiesa ha opposto una ferma protesta contro il Governo francese, in nome dei diritti della persona», a parlare è Sylvie Bernay, autrice del volume La Chiesa francese davanti alla persecuzione degli ebrei, 1940-1944 (L’Église de France face à la persécution des Juifs, 1940-1944), intervistata dal quotidiano transalpino “la Croix”. Il suo libro è uscito pochi mesi fa ma ha già ottenuto un grande successo grazie al punto di vista originale con cui viene analizzato il ruolo della Chiesa francese in quel periodo: la lettura di alcuni documenti inediti quali lettere private, testi di archivi ecclesiastici e fondi di congregazioni religiose, ha messo in luce come l’avversione della Chiesa alla Shoah non fosse solamente una scelta di singoli individui, ma si strutturasse in maniera più organica, con la concertazione di tutto l’episcopato francese. «La Chiesa ha cercato di risvegliare l’opinione pubblica, opponendosi alla propaganda antisemita dei giornali. Nelle zone occupate, i vescovi venivano controllati, ma hanno agito comunque, in particolare in difesa dei bambini» spiega ancora l’autrice. «Nelle zone libere i vescovi hanno protestato pubblicamente, inviando lettere pastorali. La Santa Sede li ha incoraggiati, mostrandosi prudente quando si rischiava di mettere in pericolo altre categorie di persone, come gli ebrei francesi e gli italiani».

Si parla di papa Pio XII e del suo nunzio nel sud del Paese, monsignor Valeri, in prima linea dal 1942 nell’orchestrare un’azione collettiva d’aiuto; si parla dell’aiuto che tanti cattolici diedero alla resistenza ebraica e si parla del ruolo di primaria importanza avuto da alcuni vescovi, che invitarono più volte le congregazioni delle proprie diocesi ad avere come obbiettivo l’assistenza a questi perseguitati. Su tutte, spicca una figura. È quella del cardinale Jules-Gérard Saliège, arcivescovo di Tolosa già insignito nel 1970 di una medaglia dallo Yad Vashem. La scorsa settimana il memoriale ebraico ha voluto fare un passo in più, ricordando il religioso con una nuova incisione decisamente simbolica su questa onorificenza: «Chi salva una vita salva l’umanità». Il porporato è ricordato per una lettera pastorale molto forte, che lesse in diocesi nel ’42, poche settimane dopo “la rafle du Vel d’hiv”. Il suo richiamo alla difesa degli ebrei fu chiaro: «Sono nostri fratelli, come tanti altri. Un cristiano non può dimenticarlo».

Dopo il recente riconoscimento del museo dello Yad Vashem, che ha sostituito la didascalia su Pio XII e il suo atteggiamento verso gli ebrei, ecco un passo in più per chiarire l’atteggiamento della Chiesa di fronte alla Shoah.

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