Fragilità e identità sessuale. E la domanda: io chi sono?

«L’aspetto problematico dei nuovi diritti è la loro curvatura individualista». Incontro a Milano con don Frigerio, Ceriotti Migliarese e il cardinale Scola

Da rivedere al ralenti e da riascoltare frase per frase, la conferenza organizzata dal Centro culturale di Milano (Ccm) col titolo “Il caso serio: io chi sono? Fragilità e identità sessuale”. Cose che si possono benissimo fare, perché il video dell’incontro è caricato sul sito internet del Ccm.

A dialogare sul tema erano stati chiamati don Alberto Frigerio, docente di Etica della vita all’Istituto superiore di scienze religiose di Milano ed autore del libro L’enigma della sessualità umana, il card. Angelo Scola e la neuropsichiatra infantile Mariolina Ceriotti Migliarese, intervistati da Francesco Ognibene di Avvenire. Che ha posto le domande di fondo: il sesso è un fattore negoziabile o un dato di fatto che ci marca? Conta solo l’amore o ha rilevanza l’identità sessuale? Posso essere tutto quello che voglio o ci sono limiti, e me li si possono imporre? Come influisce sui giovanissimi il discorso gender fluid? Che cosa bisogna pensare dei cosiddetti “nuovi diritti”? Sono realmente in crescita i problemi di identità sessuale fra i giovani?

Le quattro cause

I relatori hanno fatto del loro meglio per rispondere. Qui si riportano solo alcuni dei passaggi più interessanti dei vari interventi. Don Alberto ha delineato prima la cornice della crisi identitaria che oggi viviamo in Occidente, non confinata alla sessualità ma particolarmente evidente al livello di questa. I mutamenti storico-culturali epocali che ci hanno investito con la civiltà delle reti, le grandi migrazioni, la globalizzazione, la pluralizzazione della società hanno avuto aspetti positivi, ma hanno anche prodotto disappartenenza, estraneità, spaesamento.

La fluidità sessuale è un sintomo della generale crisi identitaria, e ha sostanzialmente quattro cause: 1) la crisi della famiglia, prodotta dalle istanze della rivoluzione sessuale, che mina i processi di identificazione primaria, e dalla evaporazione della figura paterna; 2) la concezione moderna della libertà come assoluta, secondo cui l’uomo è ciò che egli fa di se stesso (Sartre), e quindi dispone di tutto, anche della sua corporeità; gender, post-umano e transumanesimo alimentano una manipolazione illimitata della natura umana; 3) il contesto culturale che veicola modelli permissivi come modelli di riferimento per i più giovani; 4) la mentalità capitalista, che vuole un soggetto flessibile, fungibile, plastico che diventa in realtà un oggetto di scambio: è la concezione mercantile della persona sottolineata da Michael Onfray.

Tre modelli di lettura

In questa cornice si scontrano tre modelli di lettura della sessualità: quello della teoria del genere, quello biologista e quello personalista.

Il primo è centrato sulla denaturalizzazione della sessualità, che è compresa in termini esclusivamente culturali; il secondo vede nella sessualità una mera estensione del dato biologico; il terzo evidenzia l’unità di dato biologico e dato spirituale nella sessualità umana.

La teoria del genere ha il merito di spiegare che la sessualità umana non è una mera estensione del dato biologico, ma cade nell’errore del culturalismo, cioè di credere che il dato biologico non abbia alcuna rilevanza. Invece la posizione personalista sottolinea che l’essere umano nello stesso tempo ha ed è il proprio corpo: ciascun soggetto vive e percepisce la sua corporeità come maschile e femminile. Julia Kristeva corregge Sartre e Judith Butler (la fondatrice della gender theory): si diventa uomini e donne sul fondo della potenzialità che la nascita dischiude. La posizione personalista lancia l’allarme sul fatto che il disallineamento di sesso, genere e orientamento mina l’unità dell’io; pertanto non è vero che ogni postura sessuale è semplice variante della sessualità. Il soggetto, sostenuto dalla comunità, ha il compito di vivere il proprio essere sessuato come apertura all’altro di sesso diverso. Perché questa apertura fa prendere coscienza che nessuno può essere il tutto dell’umano: si è umani al maschile e al femminile. Il senso della sessualità umana non è indifferente, consiste nella chiamata alla comunione generativa.

Scola: sconvolgere la natura

Il cardinal Scola ha ribadito la critica di fondo alla teoria del genere, nel mentre che se ne valorizza quel che merita di essere valorizzato: «Un conto è riconoscere che la maturazione sessuale richiede un incrocio di natura e cultura – arrivo anche a dire che i pensatori della teoria del genere ci hanno aiutato a capire questo -, un altro è sconvolgere la natura intima di questo intreccio abbandonando la natura. Un conto è criticare il biologismo, un altro è rinunciare completamente al dato biologico. Che un ragazzo a 14 anni possa andare in comune e dire “mi sento donna, chiamatemi con un nome femminile” è un’evidenza palmare che ci troviamo di fronte a una visione ideologica della realtà».

Un dato indiscutibile

Mariolina Ceriotti Migliarese ha delineato problemi, pericoli e opportunità che si presentano agli adulti nel rapporto coi ragazzi alle prese con la propria identità sessuale. I nostri figli sono immersi in un modo di sentire – non di pensare – per il quale l’indifferenziazione sessuale è un dato indiscutibile. Il fatto che si possano amare persone del proprio sesso, che ci siano famiglie omogenitoriali, che si possa cambiare il proprio sesso, è accettato come qualcosa di ovvio e scontato. In forza di una emotività che spiazza chi vuole pensare. Eppure la differenza sessuale è una specificazione ineludibile dell’essere umano. Veniamo al mondo in due forme differenti, maschile e femminile, e questo non lo modifica nemmeno un intervento chirurgico: tutte le cellule del nostro corpo sono caratterizzate al maschile o al femminile. Un maschio non diventerà mai una femmina, e viceversa. Ma per generare, l’uno ha bisogno dell’altra e viceversa.

Bambini bombardati

Il bambino scopre la differenza sessuale in due distinti momenti della sua vita: fra i 2 e i 5 anni, quando percepisce il mondo come formato da persone che hanno il pene e persone che non lo hanno, e poi più profondamente nel corso della preadolescenza, quando gli organi sessuali arrivano a maturità.

In mezzo c’è la cosiddetta età della latenza, corrispondente grosso modo agli anni della scuola elementare. In quegli anni il bambino dovrebbe essere meno curioso della differenza sessuale e di più della varietà del mondo e della conoscenza che può averne attraverso studio, lettura, scrittura, esercizio delle arti, ecc. Uno dei problemi odierni è che l’età della latenza tende a scomparire perché i bambini sono bombardati da messaggi che li sollecitano impropriamente alla sessualità. Sempre più psicoterapeuti fanno esperienza dell’incapacità di concentrazione e di apprendimento da parte di bambini in età di scuola elementare, causate da stimoli sbagliati anche di natura sessuale.

Altro problema è l’influenza della cultura odierna sulla preadolescenza, età di ambiguità sessuale, di tendenze bisessuali che normalmente si risolvono con la maturazione del soggetto, ma che il condizionamento culturale odierno tende invece a consolidare.

Cosa possono fare gli adulti?

Cosa possono fare gli adulti? Anzitutto ricreare una rete protettiva attorno ai giovanissimi, che non permetta esperienze traumatizzanti. Quindi educarli al senso dell’amicizia: oggi per i ragazzi è impossibile essere amici del cuore, perché un’amicizia del cuore è difficile non sentirsela definire come attrazione erotica.

Sul tema dei nuovi diritti è intervenuto don Alberto: «L’aspetto problematico dei nuovi diritti è la loro curvatura individualista. Traducono in termini soggettivisti le esperienze umane fondamentali del nascere, dell’amare e del morire. Così facendo asserviscono il diritto alle inclinazioni e scelte individuali, in nome della difesa del principio di autodeterminazione del singolo».

Come ha rilevato a suo tempo la ex presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia, «i nuovi diritti rispondono a una precisa concezione culturale, la concezione individualistico-libertaria dei diritti, che porta a rimuovere o rinnegare ogni forma di limitazione ai diritti soggettivi». Ma il diritto non può essere svuotato di contenuti etici in funzione della volontà individuale: esso ha il compito di favorire una giusta socialità, promuovendo i diritti effettivi della persona capaci di custodire il bene comune.

Mentre oggi «ogni semplice desiderio è considerato equivalente a un diritto; in tal modo ogni pulsione ipersoggettiva, ogni tendenza narcisistica aspira a diventare diritto e diritto fondamentale. Tale approccio banalizza i diritti fondamentali in una prospettiva consumistica, edonistica e relativistica». Di fronte a tutto questo non bisogna essere cedevoli né arroccarsi su posizioni giuste ma delle quali non si è capaci di rendere ragione. Occorre proteggere la libertà di espressione e di educazione, oggi messa a repentaglio in vari modi. Lo Stato non deve ridurre la proposta educativa a pensiero unico, e questo deve valere in tutte le scuole.

Vediamo di capire

«Più che dare risposte l’adulto deve sollecitare e tenere aperte le domande dei ragazzi», raccomanda Ceriotti Migliarese.

«Al figlio che dice “Penso di essere innamorato di una persona del mio stesso sesso” non si risponde con la pressione, ma con un “vediamo di capire”. Si tratta di favorire un loro pensare. Quasi mai si tratta di vero disorientamento identitario, molto più spesso è disorientamento affettivo che accompagna la vita nella crescita. Non bisogna precipitare le cose, mostrare fiducia è importante. Ed è altrettanto importante testimoniare una mascolinità e una femminilità positive. Conta la passione educativa per loro che gli dimostriamo, il fatto che possano sentire che qualcuno tiene a loro. Questi ragazzi non trovano ascolto alla domanda “io chi sono?” che è dentro di loro. Sono domande che ci fanno a partire dalla propria persona: non abbiamo a che fare con “gli adolescenti”, ma persone con un nome. Ascoltare è più importante di quello che abbiamo da dire loro. Il pensiero su se stessi si forma nel parlare a qualcuno che ha uno sguardo benevolo su di te, che ti valorizza».

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