Femminicidio e omofobia. La legge come idolo che anestetizza il dolore ma non risolve nulla

Un editoriale del Foglio e un commento su Libero mettono in guardia dalla venerazione delle norme anti-emergenze: «I deboli non saranno aiutati dalla correttezza politica»

Si cerca continuamente di “sistemare” le tragedie che riempiono le pagine dei giornali inscatolandole anche a forza dentro parole come femminicidio o omofobia, spesso però saltando a piè pari la necessaria riflessione sulle cause e magari approfittando dell’emozione del momento per invocare leggi-bandiera tutt’altro che risolutive. A denunciare questa tendenza della nostra mentalità sono oggi un editoriale del Foglio e un commento di Mario Giordano su Libero.

COSA COLMA UN ABISSO? «Il caro vecchio “delitto dell’estate” che riempiva le prime pagine e i telegiornali non esiste più, è stato sostituito dal rullo continuo online dei drammi dello stalking e dell’omofobia», comincia il Foglio. «E questo rullo di tamburo non è solo cronaca, ma si fa anche campagna culturale, pressione politica». Tuttavia «invocare ogni volta la legge perfetta e salvifica appare una scorciatoia per evitare la fatica e il dolore di comprendere fenomeni che sembrano incomprensibili». Giordano su Libero ricorda che quando è stata presentato il decreto anti-femminicidio «sembrava, a leggere i commenti entusiastici, che si fosse trovata una formula magica per fermare la scia di sangue (…) ma sono passate poche ore e la cronaca ha riportato tutti alla realtà». Giordano sottolinea come lo stesso stia accadendo con la legge sulla cosiddetta “omofobia”, dopo il suicidio a Roma di un 14enne indicato da tutti i media come omosessuale: si invoca l’approvazione «subito» del ddl Scalfarotto-Leone o addirittura di un altro decreto del governo, come se una norma «potesse davvero in qualche modo colmare l’abisso di disperazione che porta a simili gesti». Per il Foglio «sarebbe bello se fosse vero, ma basta guardare ai singoli casi per capire che nessuna legge di per sé avrebbe vietato le tragedie, le violenze o la solitudine estrema che spinge al suicidio».

UN ALIBI PERFETTO. «È come se non riuscendo più a tutelare i diritti di tutti, ci illudessimo di dividere il problema, creando caselle», aggiunge Giordano. «Abbiamo fatto la norma, portato alla ribalta il problema, anche se magari non c’è perché i delitti contro le donne, secondo le statistiche, forse non stanno neppure aumentando, e la discriminazione degli omosessuali beh, è tutta da dimostrare. Ma che importa? La tutela reale delle persone non interessa a nessuno». Infatti, continua il Foglio, non esiste «una risposta giuridica a un dramma umano». Anzi, «paradossalmente, l’attesa della legge salvifica (…) può finire invece per allentare la giusta tensione del controllo, la prevenzione già ora possibile». Non si fa che deresponsabilizzare tutti, scrive Giordano: «Uccidono le donne? Arriverà il decreto a salvarle. I ragazzini si buttano dal balcone? Colpa del Parlamento che non fa la legge. La responsabilità è sempre di altri non ci riguarda, non ci scuote. Non tocca a noi accorgerci di quel vicino di casa che sta diventando violento, non tocca a noi ascoltare il disagio dei nostri figli (…) rischieremo di essere sommersi da una pioggia di cavilli (…) sapendo che serve a nascondere la violenza. A trovare un alibi perfetto, magari non per l’assassino. Ma di sicuro per noi». Naturalmente in questo modo, conclude il Foglio, saranno colpite ancora le «persone più deboli che spesso non sanno di leggi, e non saranno aiutate dalla correttezza politica».

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