“Felice come una Pasqua”. Per chi ha fede è molto più di un bel modo di dire

Articolo tratto dal numero di maggio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

“Felice come una Pasqua”. È un modo di dire per descrivere una persona molto contenta. Ma, una volta tanto, il modo umano di esprimersi allude a qualcosa che non è solo umana.

La Pasqua è la radice di ogni felicità. Almeno per il cristiano è così. Per farsi capire bene san Paolo afferma in modo scioccante che «se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede… Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti». Anzi ci aggiunge un carico da novanta dicendo: «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini…», e aggiunge: «Mangiamo e beviamo perché domani moriremo». Vale la pena andarsi a rileggere il capitolo 15 della prima lettera ai Corinzi perché san Paolo dice molte altre cose per confermarci nella fede nella risurrezione di Cristo.

Il cristiano ha motivo di gioia, o di allegria, o di buon umore, o di visione positiva (diciamo come vogliamo) perché sa che questo mondo è creatura di Dio. E questo è il primo motivo.

Il secondo motivo è ancora più forte e profondo, ed è che Gesù è davvero risorto dai morti ed è la “primizia” cioè è il battistrada della nostra stessa risurrezione. Fede. È questione di fede. Tanto più aderiamo alla fede, tanto più saremo felici e non avremo paura né della vita né della morte e nemmeno del coronavirus.

Sappiamo bene che dobbiamo morire e che il dolore è un nostro compagno di strada, ma Gesù ha vinto la morte e ha dato un senso al nostro dolore.

Perciò non è un optional essere felici come una Pasqua. Se non lo sono è per la mia stoltezza e superficialità.

Foto Ansa

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