Dice bene Eugenio Scalfari quando parla di «scienza incivile dell’utero in affitto»

Cinque drammatiche osservazioni sulla «battaglia di Manuel e Gordon per riavere la figlia». Strappandola (magari perfino legalmente) alla madre biologica

Il Corriere della Sera e il Guardian hanno diffuso la notizia secondo cui la coppia di uomini ispano-statunitense tra loro sposati, Manuel e Gordon, e il loro “primogenito” Alvaro (frutto di analoga esperienza in India), sarebbe bloccata in Thailandia non riuscendo a tornare a casa propria. I due si sono recati nel Paese asiatico per ritirare l’oggetto del contratto che avevano stipulato mesi addietro con una donna affinché portasse a termine la gravidanza di un embrione creato con il seme di Gordon e l’ovulo di una terza donatrice.

La madre gestazionale, cioè la donna tailandese ingaggiata per partorire la piccola Carmen dietro compenso di alcune migliaia di dollari, avendo saputo che la coppia è omosessuale si è dichiarata preoccupata per la bambina, rifiutandosi di firmare la documentazione necessaria per l’espatrio dei due uomini e della loro “secondogenita”.

Tutta la faccenda si snoda su ciò che è comunemente chiamato come “utero in affitto”, cioè il pagamento di una donna che porti a termine una gravidanza per coloro che non possono avere un figlio secondo i metodi naturali ed ordinari. L’occasione pare propizia per effettuare alcune considerazioni di carattere bio-giuridico.

In primo luogo: il caso della piccola Carmen dimostra che all’orizzonte del sostegno del riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali si staglia, oltre all’avanzare dell’ideologia gender, l’industria della maternità artificiale, che nella sola India produce un fatturato annuo pari a 2,3 miliardi di euro.

In secondo luogo: si assiste a un vero e proprio commercio che può essere interpretato come un nuovo tipo di colonialismo, anzi, di neo-imperialismo, un imperialismo istologico, che cioè si basa sullo sfruttamento di donne povere del terzo mondo da parte di benestanti o ricchi “avventurieri della genitorialità” del mondo occidentale, tutti intenti a soddisfare i propri desideri anche a costo di calpestare i diritti altrui.

In terzo luogo: emerge in tutta la sua drammaticità l’arroganza anti-giuridica su cui si sostanzia la maternità surrogata che diventa il sistema in cui l’essere umano viene ridotto a puro strumento per la soddisfazione di interessi individuali, con evidenti ripercussioni sul piano etico e conseguente violazione, dunque, della dignità di tutti e di ciascun soggetto coinvolto in simili operazioni.

In quarto luogo: si pone in tutta la sua eminenza la matassa dei problemi giuridici legati ai diritti della gestante, specialmente se volesse trattenere il figlio con sé; ai diritti dei donatori di ovuli e seme che comunque rimarrebbero i genitori biologici del nato; i diritti del nato a conoscere la propria origine genetica; lo status del nato che si ritroverebbe figlio di più madri, con buona pace di ogni certezza giuridica.

In quinto luogo: si ripropone il dilemma giuridico intrinseco alla maternità surrogata, se cioè essa debba essere disciplinata secondo il favor legis, cioè ignorando il dato biologico, o secondo il favor veritatis, cioè facendo riferimento proprio al dato biologico in relazione alla determinazione del rapporto giuridico che si instaura con il nato.

Questo è il tragico risultato di una tecnica applicata senza remore morali e limiti giuridici; dello sfruttamento economico su scala globale di tale potenziamento tecnico; delle conseguenze a cui si arriva necessariamente allorquando si riconoscono unioni diverse dal matrimonio tra un uomo ed una donna; dell’abbandono del diritto naturale a favore del desiderio individuale formalizzato attraverso provvedimenti legislativi o giudiziari.

In conclusione: nonostante la stampa internazionale sia tutta intenta a muovere il sentimentalismo dell’opinione pubblica mondiale per questa coppia di uomini dipinti come prigionieri della crudele donna che ha partorito la “loro” Carmen, occorre evidenziare che, invece, è vero l’esatto contrario. Carmen e la donna che Manuel e Gordon hanno ingaggiato sono vittime dei fautori di quella che perfino il laicissimo Eugenio Scalfari, in un editoriale del 2 marzo 1997, e pur dalla sordità del suo senso morale rispetto alla legge naturale, giustamente definì come “scienza incivile dell’utero in affitto”.

Foto clinica thailandese: Ansa

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