Ebola. Il mestiere più pericoloso oggi in Liberia non è il medico, ma il becchino

La vita delle squadre di sepoltura è un inferno: dal caldo che infuoca le tute protettive alle famiglie delle vittime che li prendono a sassate, dalla gente che si tiene alla larga al rischio di contrarre il virus

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Oggi c’è un solo mestiere in Liberia più pericoloso del medico: il becchino. L’epidemia di Ebola nel paese ha già colpito più di quattromila persone, oltre 2.300 sono morte e i contagi non accennano a diminuire. Far parte delle squadre di sepoltura messe in piedi dal governo e incaricate di andare a prendere i cadaveri casa per casa è un vero e proprio incubo: sia perché si rischia la vita, sia perché si viene stigmatizzati dal resto della popolazione, sia perché il lavoro comporta un enorme affaticamento fisico e psicologico.

CREMARE I CADAVERI. Il governo della Liberia ha proibito ad agosto la sepoltura dei cadaveri, imponendo la cremazione. La pratica, prima sconosciuta, ha stravolto la cultura africana che prevede un rito ricco e complesso per accompagnare il morto nella nuova vita. Anche chi non muore di Ebola viene cremato: il diritto alla sepoltura si guadagna solo tramite un documento, firmato dal ministero della Salute, che provi che la vittima non è morta di Ebola. Ottenerlo però è quasi impossibile.

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LA PROCEDURA. La procedura è fissa: quando una persona muore, i parenti devono telefonare a una linea appositamente creata dal governo. Nel minor tempo possibile, una squadra di sepoltura raggiunge la casa e porta via il corpo. Il cadavere viene chiuso in un sacco davanti alla famiglia e trasportato in un’area alle porte della capitale Monrovia, dove viene bruciato di notte. All’inizio dell’epidemia si impilavano i corpi e si appiccava il fuoco. Ora una Ong ha donato al paese un inceneritore. Ma anche questo lavoro è duro, perché attualmente in Liberia si bruciano 60 corpi ogni notte.

TUTE INFUOCATE. I becchini si bardano nella classica tuta bianca, completa di doppi guanti, mascherina, respiratore e stivali che tutti hanno imparato a conoscere. Il primo nemico è il caldo, come riporta il Telegraph, che fa lievitare la temperatura a tal punto che le tute devono essere rimosse ogni 30 minuti, massimo 45. Ogni rimozione di cadaveri nelle case, perciò, deve essere fatta in fretta ma non è facile visto che tutto deve essere disinfettato a norma.

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OSTILITÀ DELLE FAMIGLIE. Quando la squadra arriva alla casa dove una persona è morta o si ritiene sia morta di Ebola, spesso inizia la lotta. Quando tutto il quartiere non cerca di cacciarli con lanci di pietre, identificandoli con i portatori del virus, bisogna combattere con la famiglia, che vorrebbe ottenere un certificato che neghi che la persona sia morta di Ebola. Questo è l’ultimo tentativo per evitare che tutti i parenti del morto vengano emarginati dalla comunità ed evitati come la peste.

«MEGLIO LE FOSSE COMUNI». A volte l’ostilità è solo dettata dalla paura di non avere più un posto dove piangere il proprio caro. Afferma al Time Kenneth Martu, organizzatore di una comunità dell’area Westpoint della capitale Monrovia: «In Africa non cremiamo i corpi. Per questo quando il governo ce li porta via senza neanche dirci se sono davvero morti di Ebola, cresce il risentimento. Anche durante le guerre civili, che hanno fatto mezzo milione di morti, avevamo le fosse comuni dove portare i fiori. Ora non sappiamo neanche dove sono le ceneri dei nostri morti».

COMMERCIO DI BARE. Il paradosso estremo è quello che vive Sam Agyra, costruttore e commerciante di bare: «È da due mesi che non vendo una bara. Qui muoiono anche 100 persone al giorno e il business non è mai andato così male. Questo virus è un pessimo affare per la gente e anche per me».

VOCAZIONE. Chi rischia la propria vita per seppellire i cadaveri lo fa per soldi – si guadagna circa 100 dollari a settimana – o per una sorta di vocazione: «Quando passo per strada, la gente mi indica e mi dice: “Stammi lontano”», dichiara Alfred George, 26 anni, a FrontPage Africa. «Io cerco di spiegare loro che se non facessi questo lavoro, non ci sarebbe nessuno a seppellire i cadaveri e tutti saremmo contagiati».

ESPLODE LA CORRUZIONE. Fare il becchino, però, è anche un ottimo modo per arricchirsi. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, sono tante le squadre che vendono finti certificati di autorizzazione alla sepoltura alle famiglie disposte a pagare. Un certificato costa dai 30 ai 150 dollari, ma le famiglie preferiscono pagare piuttosto che dire addio al corpo del proprio caro e subire la pubblica umiliazione e stigmatizzazione.

«FERMANO O DIFFONDONO IL VIRUS?». Robert Johnson, 17 anni, racconta di aver visto il suo vicino di casa chiamare la squadra di sepoltura per seppellire un uomo, morto con i classici sintomi di Ebola. Dopo lunghe discussioni e litigi, ha visto la famiglia della vittima pagare 150 dollari alla squadra, che in cambio ha fornito un certificato. Il problema più grave della corruzione è che molti, non fidandosi del governo, cominciano a seppellire le persone morte per il virus di nascosto, magari nel giardino di casa, mettendo a rischio così tutti i vicini. «Ci dicono di non seppellire i nostri cari – spiega Johnson – ci dicono di chiamarli. Ma ora non sono più sicuro se loro siano le persone in grado di fermare il virus o siano invece quelle che lo diffondono».

@LeoneGrotti

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