Con il diritto all’aborto la Francia tradisce i principi di liberté, égalité, fraternité

La Francia tradisce i principi stessi sui quali è (anzi, era) basata la sua Repubblica. L’affermazione del puro laicismo libertario non fa che portare a scelte di morte

Il primo ministro francese Gabriel Attal in Parlamento durante la discussione dell’approvazione del diritto costituzionale all’aborto, Parigi, Francia, 4 marzo 2024 (Ansa)

L’assoluta barbarie di ciò che sta accadendo in Francia ci costringe ad usare parole forti. Il Parlamento francese, sulla spinta dell’onda anomala costituita da Emmanuel Macron, il guerrafondaio, ha approvato, a larghissima maggioranza, l’inclusione nella Costituzione di quell’ex glorioso Paese del “diritto all’aborto”, che, a dire il vero, consiste nel diritto all’omicidio. Infatti, quello che normalmente viene chiamato “aborto” costituisce, in realtà, la soppressione di una vita umana nascente: in altre parole e per essere sinceri e realisti, si tratta, a seconda dei casi, di un omicidio o di un femminicidio. Di questo si tratta e non di altro.

Finora, le varie legislazioni avevano ammesso il ricorso all’aborto solo in casi eccezionali ed emergenziali (casi che, peraltro, spesso venivano allargati in modo sconsiderato). Ma non c’era il diritto all’aborto: in nessun Paese. La Francia, portando alle estreme conseguenze la concezione della “laicità” dello Stato, cioè della sua totale neutralità rispetto ad ogni riferimento etico e naturale, ha osato sfidare la storia facendo assurgere a livello costituzionale di “diritto” il ricorso all’aborto: in altre parole, ora si ha il diritto, in quel disgraziato Paese (ex gloria del cristianesimo), di ricorrere a piacimento ad un atto che sopprime una vita; una vita debole, ma vita. Incredibile.

La Francia, seguendo questa strada omicida, tradisce tra l’altro, i principi stessi sui quali è (anzi, era) basata la sua Repubblica. Infatti, viene violata la “egalité”, perché da ora in poi c’è qualcuno che non è più uguale all’altro; c’è qualcuno forte che ha diritto di vita e di morte (soprattutto di morte) su qualcun altro che, essendo debole, non può difendersi. Viene violata la “fraternité”, perché è possibile uccidere un o una appartenente alla stessa specie (cioè fratelli o sorelle): non c’è più pietà per tanti fratelli deboli. Viene violata la “liberté”, perché essa viene usata non per solidarietà e per costruire un bene, ma per distruggere. Insomma, con questa nuova norma costituzionale la Francia si pone in testa (e, comunque, tra) i Paesi più programmaticamente sanguinari. Con una aggravane: che l’ineffabile (e perdente) Macron intende solennemente festeggiare quanto accaduto il prossimo 8 marzo, festa della donna. Ma può una qualsiasi donna di buon senso festeggiare una scelta di questo tipo?

D’altra parte, una volta abbandonata la strada indicata dalle leggi di natura scolpite nel cuore sincero e leale di ogni uomo e di ogni donna e una volta affermato che ogni singolo uomo è l’assoluto padrone di ogni scelta (anche la più egoista), è chiaro che le conseguenze, prima o poi, sono quelle oggi codificate nella “civile” Francia. Stiamo vedendo, con grande tristezza, che l’affermazione del puro laicismo libertario non fa che portare a scelte di morte e non di vita. Basti pensare a ciò che sta avvenendo in tema di eutanasia, di suicidio assistito, di fine vita. Lo tsunami laicista sta portando la nostra civiltà solo a scelte di morte.

Ma esiste anche un pericolo sempre più incombente: una volta affermata l’esistenza di un “diritto”, prima o poi è lo Stato stesso ad impadronirsene, come sta avvenendo in alcuni Paesi in tema di eutanasia. La verità è che stiamo andando velocemente verso la strada dell’eugenetica, che, ricordiamolo, ha avuto la prima ideazione e realizzazione nello Stato nazista. Dobbiamo allarmarci seriamente per questa deriva disumana.

Per i cristiani aumenta la responsabilità di una testimonianza sempre più coraggiosa verso un impegno per la vita e non per la morte. Ma oltre la testimonianza occorre anche una presenza pubblica che sappia proclamare, in ogni sede opportuna, la difesa ad oltranza soprattutto delle persone più deboli, a partire di chi inizia a vivere nell’utero di una donna.

E la politica italiana, che si trova nella necessità di riallacciare rapporti costruttivi con tanti Paesi del mondo, stia attenta a non adeguarsi supinamente a quei leader (si fa per dire) che parlano di solidarietà, ma che poi proclamano il diritto all’omicidio o al suicidio assistito. Purtroppo sono oramai tanti, almeno in occidente, i governanti che, sotto sotto, condividono il pensiero di Macron (Usa, Canada, Spagna, Belgio, Olanda, per esempio). L’Italia tenga alta la bandiera della vita, senza se e senza ma.

Peppino Zola

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