Di quali cifre si discute? Sui giornali si parla addirittura di quattromila euro, ma per Toccafondi «scrivere 4.000 euro è un esercizio di stile. Se e solo se il premier ci darà l’ok, la parola poi passerà al Mef che dovrà trovare le coperture (per il mancato gettito, ndr). Mettiamo che metta a disposizione un fondo da 10, 20 o 30 milioni. In base a quello verrà ritarato il massimale che alla fine potrebbe non discostarsi molto da quelli dei nidi» (che ha massimale è fissato a 650 euro, equivalenti a uno sconto fiscale di 120-150 euro).
LA LETTERA A RENZI. L’aspetto politicamente interessante della vicenda consiste nel fatto che una parte importante del Pd si è schierata a favore del provvedimento. Basta scorrere la lista dei firmatari della lettera, pubblicata il 28 febbraio da Avvenire, che un gruppo di parlamentari ha inviato al presidente del Consiglio, per ritrovarvi, accanto a quelli di Area popolare, molti nomi del Pd. Nella missiva si chiede di superare «lo storico gap della scuola in tema di pluralismo e libertà di educazione». Sebbene penalizzata, scrivono i firmatari, «la scuola paritaria accoglie ancora oltre un milione di alunni. Tale sistema costa allo stato solo 470 milioni di euro/anno, pari a circa 450 euro/anno/alunno per la scuola dell’infanzia e primaria, mentre lo stanziamento per le secondarie di I e di II grado è praticamente inesistente. Il resto è a carico delle famiglie e del volontariato delle comunità. Evidente il risparmio per la finanza pubblica, visto che il costo standard dello studente è stato calcolato dal Miur in circa 6.000 euro/anno, oltre ai costi dell’edilizia scolastica». Per questo si chiede che, dopo quindici anni dall’approvazione della Legge Berlinguer, finalmente di prendano provvedimenti per «favorire la parità scolastica»: «Un sistema fondato sulla detrazione fiscale, accompagnato dal buono scuola per gli incapienti, sulla base del costo standard, potrebbe essere un primo significativo passo verso una soluzione di tipo europeo».
LA LETTERA DI FORZA ITALIA. Anche alcuni parlamentari di Forza Italia, capitanati da Elena Centemero (responsabile scuola e università del partito berlusconiano), hanno scritto una lettera aperta a Renzi, condividendo le richieste dei colleghi della maggioranza. «Chiediamo – scrivono – che nel decreto per la “buona scuola” trovi piena realizzazione la “garanzia” del diritto alla libertà di scelta educativa della famiglia ampiamente riconosciuto dalle nostre Madri e dai nostri Padri Costituenti. Da troppi anni, infatti, esiste un gap tra il riconoscimento di questo diritto e la sua effettiva tutela». «Chi non sceglie la scuola pubblica statale – proseguono – non può essere costretto a pagare due volte, prima con le tasse e poi con la retta scolastica, mentre lo Stato incassa due volte, con l’imposta e con la mancata spesa per l’alunno. (…) La scelta degli strumenti più idonei per il raggiungimento di un’effettiva parità è vasta e la sua applicazione può essere graduale. Un sistema fondato – nel breve periodo – sulla detrazione fiscale, seguito – nel medio periodo – dal buono scuola, sulla base del costo standard, potrebbe essere un primo significativo passo verso una soluzione di tipo europeo».
LO DICEVA GIA’ GRAMSCI. In fondo, non lo sosteneva già a suo tempo Antonio Gramsci che è proprio della sinistra essere per la libertà educativa? «Noi socialisti – sciveva neIl grido del popolo – dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai Comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente del controllo dello Stato. (…) Noi dobbiamo farci propugnatori della scuola libera e conquistarci la libertà di creare la nostra scuola. I cattolici faranno altrettanto dove sono in maggioranza; chi avrà più filo tesserà più tela».