Da 1984 a Storia di una ladra di libri: vale la pena morire per la verità delle parole?

Tipico della violenza è l'alterazione delle informazioni, per questo papa Francesco raccomanda di usare bene le parole della nostra storia

In 1984 Orwell immagina il protagonista-schiavo del mondo totalitario impegnato nel lavoro-emblema di ogni violenza: riscrivere la storia. Continuamente aggiornare i vecchi giornali, tagliando le parti ora scomode, in modo tale che essi dimostrino che il Potere ha sempre avuto gli stessi alleati e gli stessi nemici di oggi. Nella Evangelii gaudium papa Francesco ammonisce contro la malvagità di queste operazioni anche in semplici omelie: «Il messaggio centrale è quello che l’autore in primo luogo ha voluto trasmettere, il che implica non solamente riconoscere un’idea, ma anche l’effetto che quell’autore ha voluto produrre. Se un testo è stato scritto per consolare, non dovrebbe essere utilizzato per correggere errori; se è stato scritto per esortare, non dovrebbe essere utilizzato per istruire; se è stato scritto per insegnare qualcosa su Dio, non dovrebbe essere utilizzato per spiegare diverse idee teologiche; se è stato scritto per motivare la lode o il compito missionario, non utilizziamolo per informare circa le ultime notizie» (Evangelii Gaudium, 147).

Non sembra così violento, eppure lo è. Come mai? Il Papa stesso lo ha spiegato nell’udienza concessa agli operatori dell’emittente Corallo: «Per me, i peccati dei media, i più grossi, sono quelli che vanno sulla strada della bugia, della menzogna, e sono tre: la disinformazione, la calunnia e la diffamazione. Queste due ultime sono gravi, ma non tanto pericolose come la prima. Perché? Vi spiego. La calunnia è peccato mortale, ma si può chiarire e arrivare a conoscere che quella è una calunnia. La diffamazione è peccato mortale, ma si può arrivare a dire: questa è un’ingiustizia, perché questa persona ha fatto quella cosa in quel tempo, poi si è pentita, ha cambiato vita. Ma la disinformazione è dire la metà delle cose, quelle che sono per me più convenienti, e non dire l’altra metà. E così, quello che vede la tv o quello che sente la radio non può fare un giudizio perfetto, perché non ha gli elementi e non glieli danno» (22 marzo 2014).

Tipico di tutte le forme di violenza –  clericali e non – è l’alterazione delle parole, delle informazioni che costituiscono la storia: tagli, ritagli, testi detti per uno scopo e un contesto utilizzati per altri scopi e contesti. Dalle intercettazioni telefoniche al negazionismo, dalle rivoluzioni di piazza a quelle di palazzo, le parole che descrivono la storia sono il cuore dell’operazione di manipolazione. Il fatto è che gli esseri umani sono soprattutto quello che ricevono e non si fanno da sé autonomamente: essi dunque cercano sempre di guardare alla propria storia per capire il proprio significato. Così il Potere totalitario deve cercare di impedire che nella storia uno trovi un significato diverso.

Per questo il Papa raccomanda di trattare bene le parole della propria storia, con cura, con precisione, per quello che vogliono dire. Al cinema danno Storia di una ladra di libri, in cui una bambina scopre che nelle parole si custodisce la vita. Rimanendo attaccata alle parole e ai libri resiste al potere che per avere la vita degli altri vuol bruciare i libri e la tradizione. È un film poetico che spiega in modo facile una delle grandi questioni della vita: vale la pena morire per la verità delle parole?

Exit mobile version