Cronache di un male tale da far vacillare perfino me

Perché un genitore uccide un figlio? Depressione, fallimenti, separazioni, droga... In fondo ha ragione il Nemico sul peccato originale, ma non è questo che preoccupa noi diavoli

Articolo tratto dal numero di gennaio 2021 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Mio caro Malacoda, se all’inizio di questo nuovo anno ti senti depresso o se le vacanze non sono state morigerate come il direttore spirituale degli italiani Giuseppe Conte ha loro suggerito, se cioè sei di stomaco debole, non proseguire nella lettura.

«Li ha sorpresi nel sonno e colpiti con un coltello. I due ragazzini si sono difesi e hanno tentato la fuga per una salvezza impossibile. Il padre li ha raggiunti e uccisi. La tragedia si è consumata a Trebaseleghe nel Padovano. Le vittime sono Pietro e Francesca Pontin, 13 e 15 anni. Il padre Alessandro Pontin, 49, dopo il duplice omicidio si è tolto la vita con lo stesso coltello pugnalandosi mortalmente alla carotide». Così la cronaca, su un quotidiano italiano.

Sorvolo sui commenti. Lascio che per il mio cinismo parlino i numeri. Dal 1880 al 1883 i casi di “figlicidio” sono stati in media 30 ogni anno. 47 all’anno dal 1906 al 1911. 75 nel decennio che va dal 1950 al 1959. 54 in quello successivo. Dal 1978 le statistiche registrano un brusco quanto rapido calo. Una ricerca dell’Università di Milano ha esaminato 118 casi di figlicidio materno e 115 paterno avvenuti dal 1985 al 2003 e di cui la stampa ha dato notizia. Se non ricordi che cosa è successo in Italia nel 1978, te lo dico io, è stata approvata la legge sull’aborto.

E ora ancora cronaca.

Samuele Lorenzi, 3 anni, muore nel 2001, con la testa fracassata, nel letto dei genitori nella villetta di Cogne. Il processo dice che l’omicida è la madre Annamaria Franzoni.

12 maggio 2002, Santa Caterina Valfurva, Vittoria Compagnoni Zen, 8 mesi, muore nella lavatrice. Ce l’ha messa la mamma.

7 luglio 2004, a Vieste (Foggia), Giuseppina Di Bitonto uccide i due figli di 5 e 2 anni soffocandoli con del nastro adesivo, poi si toglie la vita nello stesso modo.

Casatenovo (Lecco), 18 maggio 2005, Mary Patrizio uccide Mirko, 5 anni, nella vasca da bagno.

8 settembre 2005, Merano (Bolzano), Christine Rainer uccide a coltellate Julian, 4 anni.

20 luglio 2009, Parabiago (Milano), Marcella Sardeni uccide Lorenzo, 4 anni, strangolandolo con un cavo per il cellulare.

9 agosto 2011, una madre annega un bambino di 16 mesi durante una gita in mare a Orbetello (Grosseto).

6 marzo 2013, Daniela Falcone di Rovito (Cosenza) uccide Carmine, 11 anni, sgozzandolo.

4 aprile 2013, Carovigno (Brindisi), Francesca Sbano avvelena Benedetta, 3 anni, con il diserbante e poi si lancia dal secondo piano.

14 gennaio 2019, Sant’Antonino di Susa (Torino), Flavio Forla, 70 anni, al culmine di un litigio, strozza il figlio adottivo Giacomo, 36 anni, con un cavetto del computer.

A Lecco Edlira Copa, l’8 marzo 2014, uccide a coltellate Simona, Keisi e Sidny di 13, 10 e 3 anni, mentre dormivano.

Loris Stival, 8 anni, viene ritrovato il 28 novembre 2014 in un canalone a Santa Ceroce di Camerina (Ragusa). La mamma, Veronica Panarello, condannata a 30 anni.

17 agosto 2014, Ancona, Luca Giustini uccide Alessia, 18 mesi, mentre dorme, poi raggiunge moglie e figlia maggiore al mare.

29 maggio 2016, Tovo, Valtellina, Protasio Sala uccide Pietro, 7 anni, soffocandolo, poi si impicca.

Gabriele Sorrentino, Trento 28 marzo 2017, uccide a martellate i figli Marco e Alberto di 2 e 4 anni, poi si toglie la vita.

Gianfranco Zani, Sabbioneta (Mantova), il 22 novembre 2018 dà fuoco alla casa, muore Marco, 11 anni.

«Non riuscivo a dormire, mi sono alzato dal letto e l’ho picchiato», così Aliza Hrustic, padre di Mehmed, 2 anni, confessa l’omicidio del figlio. Milano, 22 maggio 2019.

San Gennaro Vesuviano (Napoli), Salvatore Narciso il 15 luglio 2019 lancia la figlia di 16 mesi dal balcone del secondo piano e poi si butta anche lui.

Nello stendere l’elenco, caro nipote, ho dovuto far appello a tutta l’atarassia cinica di cui è dotato il mio animo diabolico.

Depressione, problemi finanziari, separazioni, droga, malvagità, incapacità di intendere e di volere. Queste e altre le cause. Ma per una sincerità che non mi è propria, ma che talvolta mi riaffiora dal di dentro, devo cedere alle argomentazioni del Nemico: il peccato originale è la teoria più evidente e dimostrabile dell’antropologia cattolica, basta leggere i giornali. La cosa non mi turba più di tanto, e quella parte della dottrina gioca a nostro favore. Sono piuttosto preoccupato per l’inesauribile forza di una vecchia promessa: «Si dimentica forse una donna del suo bambino così da non commuoversi per il figlio del suo seno? Anche se ci fosse una donna che si dimenticasse, Io invece non ti dimenticherò mai».

C’è un principio di morte anche nell’abbandono, il miracolo dell’ospitalità che vede protagonisti nuovi padri e nuove madri riempie di materialità quella promessa, spariglia e rovescia il tavolo: «Soltanto l’opera divina è materiale nella creazione di un mondo materiale: quella del demonio resta puramente spirituale» (GKC).

Ma noi non rassegniamoci.

Tuo affezionatissimo zio
Berlicche

Foto Ansa

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