Cos’hanno i grillini da berciare contro Formigoni?

Il Senato restituisce, come giusto, il vitalizio all’ex governatore lombardo (ma per il M5s il Celeste resta un nemico cui fare lo scalpo in ogni occasione)

“Derubano la sanità e vincono il vitalizio” titolava ieri il Fatto in prima pagina sopra l’immagine di Roberto Formigoni e Ottaviano Del Turco. E poi all’interno: “Miracolo Celeste: riecco il vitalizio da 7mila euro”. «La restituzione del vitalizio a Formigoni non è altro che l’ultimo tassello della sua indegna riabilitazione. Formigoni il carcere l’ha visto poco, troppo poco», scriveva Alessandro Di Battista su Facebook. «È un atto di ingiustizia sociale», ha aggiunto il capo politico M5s Vito Crimi. E così via, di dichiarazione in dichiarazione, un po’ tutti i parlamentari cinquestelle, ringalluzziti dal poter finalmente tornare in sella a uno dei loro storici cavalli di battaglia.

Un po’ c’è da capirli, povere anime in pena: sono mesi duri per loro, con sondaggi che non li premiano, un Giuseppe Conte mandato ai parchetti, il reddito di cittadinanza sulla via del tramonto, un progressivo appannamento generale interrotto solo da qualche notizia sui bisticci con Casaleggio.

La regina nella torre

E così si torna all’antico, allo “schema Grillo” che, nei momenti di difficoltà, rivendica come unico e vero risultato per i cinquestelle quello di aver mandato in galera l’ex governatore lombardo.

Ricordate? Estate 2019, il M5s aveva appena preso la sua prima vera batosta alle urne dopo i successi alle politiche del 2018 (32 per cento). Dopo poco più di un anno, il 26 maggio, il M5s era crollato al 17 per cento.

Tre giorni dopo, Beppe Grillo scrisse un post sul blog per risollevare il morale alle truppe indicando come unico risultato lo scalpo del Celeste:

«Vogliono anestetizzarci tutti per liberare la loro regina rinchiusa nella torre: Formigoni. Abbiamo fatto la prima legge vera contro i corrotti ed i corruttori, credo che stiamo pagando questo».

Non sono 7 mila euro

Sì, ciao core. Come la storia ha dimostrato, si trattava solo di un pietoso tentativo di cambiare discorso, di assicurare che la rivoluzione avrebbe ricominciato a marciare a passo spedito, sbattendo in gattabuia tutti i corrotti mentre l’onestà trionfava nell’alto dei cieli. Invece nessuno voleva “anestetizzare” nessuno, ci hanno pensato da soli a spararsi sui piedi.

Per questo, ora che la Commissione Contenziosa del Senato ha accolto il ricorso presentato dall’ex governatore contro la sospensione del vitalizio, i grillini sono andati ai pazzi. Ma c’è poco da berciare sia sull’ammontare della cifra (che non è stata stabilita, quindi i «7 mila euro» di cui parla Il Fatto sono una fake news. Al massimo saranno meno della metà, secondo alcuni calcoli circa 2.400 euro) sia sul merito (come spiegato nella nota diffusa ieri da Formigoni e il suo avvocato). Il vitalizio è una pensione a tutti gli effetti, ergo non può essere tolta a meno di condizioni particolari.

«Non è il caso di Formigoni»

A stabilirlo è stata una legge che – ironia della sorte – riguarda proprio un provvedimento pentastellato. Lo ricordava ieri il Corriere della Sera:

«In particolare, alla luce della legge del 2019 che ha convertito il dl sul Reddito di cittadinanza, i cittadini a cui va sospeso il pagamento dei trattamenti previdenziali sono coloro che, condannati in via definitiva (per reati che non sono di stampo mafioso o terroristico) si siano resi latitanti o siano evasi. E questo non è il caso di Formigoni che sta scontando la sua pena ai domiciliari».

Quindi, per dirla alla Di Battista, la “riabilitazione” di Formigoni è avvenuta anche per mano grillina. Quando si dice la nemesi.

Foto Ansa articolo aggiornato alle ore 13.00

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