Cinema – Dory e Nemo tornano nel mondo marino della Pixar

In un’epoca in cui le storie sembrano non finire mai e cinema e televisioni sono ricolme di continuazioni e di nuovi capitoli, la Pixar continua a tranquillizzare i suoi spettatori. Nonostante la sua recente politica “sequelistica” (ben sette nell’arco di tempo 2010 – 2019), la casa di produzione di Emeryville riesce nel non semplice intento di realizzare storie che portino avanti l’analisi sui personaggi e permettano allo spettatore di conoscere meglio il mondo che ha tanto amato.

Monsters University è stato così e, seppur con risultati minori, anche Alla ricerca di Dory centra il bersaglio. Il ritorno negli abissi coincide con l’approfondimento del pesce chirurgo blu Dory, che nel primo film fungeva da sorta di spalla comica. In questa seconda opera il regista Andrew Stanton (già regista di Nemo) parte da questo personaggio emblematico mettendone a nudo la sua essenziale fragilità: Dory con i suoi buchi nella mente e la sua memoria a breve termine è una tenera ed amara riflessione sul dramma della malattia, dall’Alzheimer alla demenza senile. Ma non può che colpire il cuore il buffo e tenace viaggio che Dory compie in tutto l’oceano per cercare i suoi genitori e collegare le voci lontane che rieccheggiano nella sua testa. Le tematiche della disabilità erano già presenti nel precedente film: in quell’occasione il piccolo Nemo aveva una pinna più corta dell’altra, e questo generava un gran senso di insicurezza nel padre Marlin. E questa seconda prova presenta molti punti in comune con la prima, dal tema del viaggio, ai pesci intrappolati nell’acquario e alle difficoltà di trasporto.
Malinconia e audacia, tenacia e forza pervadono tutto il film, mettendo in scena una marea di personaggi secondari, dai pigri leoni marini alle stupide anatre. Ad emergere è però il polpo Hank, ruvido animale dal cuore tenero e dal comportamento burbero in preda alle sue paranoie. Gli animatori mettono poi in scena tutta una serie di esilaranti escamotage e di meccanismi per far sì che i loro protagonisti marini
 riescano a spostarsi avendo sempre un po’ d’acqua nei paraggi. Un tono non dissimile agli stratagemmi degli eroi di Toy Story, sempre attenti a non farsi vedere dagli umani. Dory insomma è una bella storia, ben narrata e che sa come emozionare, utilizzando l’umorismo per diversi fini narrativi. La Pixar realizza un buon lavoro cinematografico, senza lasciare nulla d’intentato e non annoiando mai. Non c’è la genialità di Inside Out, è vero, ma l’appagamento e la riflessione a fine spettacolo sono assicurati a tutti, grandi e piccoli.
Il film è anticipato dal classico corto Pixar: lo stile estremamente realistico racconta la storia del piccolo Piper, un cucciolo di beccaccino spaventato dall’acqua. Pur senza grandi rivoluzioni narrative nè tecniche, la tenerezza dei personaggi e il trauma della paura sanno raggiungere il cuore dello spettatore.

@Badenji

Alla ricerca di Dory, 2016, di Andrew Stanton e Angus MacLane, Disney – Pixar, 95′, dal 14 settembre nei migliori cinema
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