Fantasmagorie, mirabilie, alluccinate visioni, mistiche inquadrature, prospettive rovesciate,
Neurochirurgo di fama, stroncato da un incidente d’auto, cerca il modo di tornare alla completa guarigione andando a Katmandu, e apprendendo le nuove scienze dall’Antico, interpretato da una divertita e smagliante Tilda Swinton. Il resto è classica trama con discepoli rinnegati che vogliono far conquistare il mondo da un esercito di ombre malefiche confinate negli universi paralleli. Se non è la storia l’asso vincente del film, sono sicuramente l’atmosfera e la visione grafica i pilastri portanti della pellicola. L’introduzione nell’universo cinematografico Marvel di
Il tocco Marvel è presente anche in questa pellicola, e non mancano battute azzeccate e momenti di sospensione di credulità, in cui il confine tra commedia e serietà sfuma in maniera tipica. Doctor Strange vive dei suoi tocchi stilistici – dai costumi all’iconico mantello della levitazione – e delle fascinazioni che il controllo della realtà tramite la mente provocano nello spettatore. Gli effetti speciali, specie se visti in
In sintesi, Doctor Strange gioca bene nella parte di atmosfera, ma non convince appieno in quella di costruzione dei personaggi secondari, che smontano un po’ l’impalcatura della storia. Cumberbatch regala un ottima prova e convince nel ruolo di Stregone Supremo, ma non basta a completare il film, al contrario di quanto era successo con Ant-Man, molto più riuscito. Il valore di Strange sta però proprio nella forza mistica e nell’omaggio alle tavole, lisergiche, allucinate e modernissime, che Dikto realizzava più di cinquant’anni fa.
Doctor Strange, 2016, regia di Scott Derrickson, con Benedict Cumberbatch, Tilda Swinton, Chiwetel Ejiofor e Rachel McAdams, Disney – Marvel, 115′, dal 26 ottobre nei cinema