Qualcuno dica al compagno D’Alema che un cinese su quattro vive in povertà

In una imbarazzante intervista, D'Alema esalta il Partito comunista cinese per aver sconfitto la povertà. Ma Pechino bara, come rivela uno studio

Il Partito comunista cinese si appresta a compiere 100 anni (21 luglio), così politici e intellettuali di tutto il mondo si affrettano a rendere omaggio all’imperatore. In Italia ha fatto scalpore l’intervista che Massimo D’Alema ha rilasciato alla Xinhua nella quale magnifica «lo straordinario salto verso la modernità e il progresso della Cina».

Immaginiamo che l’ex presidente del Consiglio non si riferisca al Grande balzo in avanti lanciato da Mao Zedong, che tra il 1958 e il 1962 causò la morte di 45 milioni di persone, la più grande strage mai causata da un governo contro il proprio popolo. Supponiamo anche che quando D’Alema ricorda «le migliaia e migliaia di biciclette a Pechino passare attraverso Piazza Tienanmen» non parli dei soccorritori che il 4 giugno 1989 cercavano disperatamente di trasportare in ospedale le migliaia di giovani massacrati dai carri armati dell’Esercito di liberazione del popolo solo per aver osato domandare un po’ di libertà.

Sarebbe fin troppo facile infierire sugli imbarazzanti vuoti di memoria del compagno D’Alema nella sua opera di ideologica esaltazione di (e accreditamento presso) il Partito comunista cinese. Più interessante la sua affermazione riguardo al più grande successo che storicamente e anche attualmente vanta il Pcc: «Il traguardo più importante raggiunto dalla Cina è aver alleviato dalla povertà circa 800 milioni di persone. Questo risultato è senza precedenti nella storia umana».

«Eliminata la povertà» in Cina?

Pechino ha in effetti annunciato alla fine dell’anno scorso di avere «eliminato la povertà estrema in Cina». Contrariamente alle celebri quanto improvvide dichiarazioni del nostro Luigi Di Maio, il Pcc ha più di una ragione per fare questa affermazione. La Banca Mondiale fornisce le stesse cifre di “Baffino”: se nel 1981 il tasso di povertà era all’88 per cento in Cina, nel 2015 è sceso allo 0,7 per cento. Negli ultimi sei anni, la situazione è migliorata ulteriormente e oggi in teoria solo qualche milione di persone (su 1,4 miliardi) può ancora dirsi “povero” in Cina.

Prima però di intonare un’osanna a Xi Jinping, tra squilli di tromba e rulli di tamburo, vale la pena leggere l’approfondito studio pubblicato una settimana fa da Bill Bikales, ex economista per le Nazioni Unite in Cina, secondo il quale Pechino «non ha affatto sradicato la povertà e neanche la povertà estrema». Il Dragone, infatti, non ha un sistema adeguato per «identificare i poveri».

I calcoli del regime comunista

«La vittoria totale di Xi Jinping contro la povertà per la prima volta in Cina», come si legge nel libro bianco diffuso dal governo in aprile, è soltanto relativa dal momento che, spiega Bikales, «la Cina considera la povertà un fenomeno puramente rurale, nonostante il 60 per cento della sua popolazione viva nelle aree urbane».

La campagna di Xi Jinping, lanciata nel 2013, identificò tutti i poveri delle aree rurali – 89,98 milioni di persone – inserendoli in un database nazionale e utilizzando le ingenti risorse statali per migliorare le loro condizioni di vita. Allo scoppio della pandemia, su quella lista figuravano ancora 5,51 milioni di persone. Nonostante il Covid-19 in Cina, come nel resto del mondo, abbia rovinato milioni di famiglie, soprattutto nelle grandi città, quella lista non è mai stata aggiornata: i poveri per il Pcc esistono solo nelle campagne.

I poveri in Cina sono 371 milioni

C’è anche un altro aspetto che rende quanto meno discutibile la propaganda del regime, ripetuta pappagallescamente da D’Alema. Per la Cina una persona è povera quando guadagna circa 3.800 yuan all’anno, cioè 1,5 dollari al giorno. Secondo la Banca Mondiale, invece, la soglia minima dovrebbe essere un po’ più alta: 1,90 dollari al giorno. Ma a parte questo, il problema è che la soglia della povertà nei paesi a reddito medio-alto (compreso cioè tra 4.046 e 12.035 dollari) è di 5,50 dollari al giorno.

Martin Raiser, direttore in Cina della Banca Mondiale, ha confermato al Financial Times che oggi la Cina è a tutti gli effetti «un paese a reddito medio-alto, essendo il suo reddito pro capite di 10.390 dollari». Applicando la soglia corretta dei 5,50 dollari al giorno ne risulta che oggi in Cina ci sono ancora 371 milioni di poveri, cioè il 26,5 per cento della popolazione: una persona su quattro. Secondo Raiser, «per alleviare la povertà la Cina dovrebbe occuparsi delle vulnerabilità di tantissime persone che vivono anche nelle città».

Tra veri successi e propaganda

Questo non significa ovviamente che la Cina non abbia fatto passi da gigante nel sollevare dalla povertà milioni di persone. Mostra solo che il presidente Xi e il Partito comunista cinese hanno moltissima strada da fare prima di poter celebrare «la vittoria completa sulla povertà». Per quanto riguarda D’Alema, invece, dovrebbe soltanto informarsi su media diversi dal Quotidiano del popolo.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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