Cina in crisi: «Rallenterà rapidamente e senza preavviso»

Il Wall Street Journal anticipa un rapporto della Banca mondiale sulla crisi economica che minaccia la Cina. Come diceva il docente cinese riportato da tempi.it: «Siamo sull'orlo della bancarotta, ma non possiamo dirlo».

Se la Cina non attuerà profonde riforme, è destinata ad affrontare una dura crisi economica. Lo afferma un rapporto della Banca mondiale che verrà presentato lunedì e che è stato anticipato dal Wall Street Journal (Wsj), secondo cui se la Cina non si muove prontamente, «rallenterà in modo rapido e senza grande preavviso».

Il rapporto, steso in collaborazione con un think tank cinese, critica un’economia guidata dalle imprese statali, finanziate da un sistema bancario che rischia il collasso e dove la competizione non esiste a causa degli aiuti statali che vengono indirizzati solo a certe imprese. Se negli ultimi 10 anni la crescita, secondo fonti ufficiali, della Cina si è attestata intorno al 10 per cento, nel 2012 dovrebbe scendere all’8 per cento, per calare al 6,6 per cento dal 2013 al 2016. Secondo il Wsj, il rapporto potrebbe aiutare Xi Jinping, il presidente designato della Cina, e la nuova Commissione permanente del Politburo, che sarà rinnovata quasi interamente in autunno, ad agire di conseguenza.

Le difficoltà economiche di Pechino non sono però una novità dell’ultima ora. E non si tratta solo della bolla speculativa immobiliare che, secondo un docente cinese dell’università Tsinghua di Pechino, «è la più grande bolla del secolo ed è appena scoppiata». Secondo Larry Lang, docente di Studi finanziari presso l’Università cinese di Hong Kong e noto opinionista della televisione nazionale della Cina continentale, «l’economia cinese è sull’orlo della bancarotta, le nostre province hanno i conti simili a quelli della Grecia. Ma, secondo i canoni di questo sistema politico, non abbiamo il permesso di dire la verità».

Pechino ufficialmente cresce del 9 per cento, anche se si pensa che la crescita reale si attesti al 6 per cento, e il rapporto deficit/Pil è pari al 180% (quello italiano è 120%). Nel 2011 la Borsa di Shanghai ha perso in totale il 22 per cento e secondo dati della Banca del popolo cinese, i ricchi miliardari hanno portato fuori dal paese ogni mese per tutto il 2011 150 miliardi di yuan (oltre 16 miliardi di euro). Senza contare che il debito reale di Pechino dovrebbe aggirarsi intorno ai 36 mila miliardi di yuan (circa 4 mila miliardi di euro).

E non c’è da stupirsi che la Cina presenti tutti questi problemi. La forza economica del Dragone non rispecchia il benessere dei cinesi, anzi, è costruita a scapito e sulle spalle degli abitanti, come spiegano dei semplici numeri esposti da un importante analista finanziario che vive a Pechino: «Qui si usa dire che tutto in Cina è enorme, ma se lo dividi per la popolazione totale diventa piccolo piccolo. La Cina produce il 20 per cento del Pil mondiale, ma la gente comune non gode dello sviluppo del paese. Nonostante questa sia la seconda potenza economica dietro gli Stati Uniti, secondo i dati del Fmi, il Pil pro capite è pari a 7.500 dollari l’anno, il 94esimo del mondo, contro i 46 mila degli Stati Uniti o i 27 mila dell’Italia».
twitter: @LeoneGrotti

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