Chi vuol salvare il pianeta prima che delle foreste si preoccupi degli uomini

«L’inizio della salvezza è l’apertura a qualcosa che precede, a un dono originario che afferma la vita e custodisce nell’esistenza. Solo nell’aprirci a quest’origine e nel riconoscerla è possibile essere trasformati, lasciando che la salvezza operi in noi e renda la vita feconda, piena di frutti buoni» (Enciclica Lumen fidei, 19).

In questo modo, nella prima enciclica del suo pontificato, papa Francesco ci parlava già dell’avvenimento di Cristo che si propone, qui e ora, come risposta unica e imprevedibile alla profonda oscurità nella quale l’uomo di oggi lotta impotente. La centralità di Cristo per la missione della Chiesa in Amazzonia è proprio uno dei temi trattati nel Sinodo recentemente convocato a Roma per approfondire i «nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale».

Senza dubbio è necessario chiarire che il problema dell’uomo è sempre lo stesso, per cui anche la sua ricerca si rivolge allo stesso luogo e ha la sua origine in quelle esigenze ed evidenze che in ultima istanza costituiscono il suo cuore. Quindi il punto di partenza sono sempre i fatti, la realtà, come ci insegna don Luigi Giussani nel decimo capitolo de Il senso religioso. Ciò che vi leggiamo è lo stesso che incontriamo nel Vangelo: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre».

L’avvenimento più importante

Da dove parte Gesù? Guarda gli uccelli del cielo, ma non dà per scontato che esistano. Per cui prendendo coscienza della realtà non può fermarsi finché non arriva a riconoscere il Padre. In questo modo Gesù ci insegna a guardare senza ristagnare nell’apparenza, ma giungendo fino all’origine, fino al Padre dal quale sorge continuamente la realtà.

E il fatto, l’avvenimento più importante per l’umanità e che definisce la nostra fede è registrato all’interno della Basilica dell’Annunciazione a Nazareth: «Verbum caro hic factum est». Ci ricorda che lì, nel grembo della Vergine Maria, Dio si è fatto uomo. Nazareth è il luogo dell’incarnazione di Dio, il luogo della “quotidianità cristiana” e per questo motivo custodisce un profondo messaggio per il cristianesimo che è una vita, un viso concreto, “con un nome e un cognome”, come direbbe un amico.

Il rischio risiede nel voler ridurre questo avvenimento, questo fatto, a un insieme di norme e valori o diritti. Senza dubbio questo non è l’unico pericolo del vivere un cristianesimo deformato, l’altro rischio, ci avverte il Santo Padre, è quello di vivere la fede in modo spiritualistico, senza carne, una sorta di new age cristiana imbevuta di un ecologismo male inteso, dove soppiantiamo Dio per l’ambiente, così che scartiamo tutta la convinzione per un sentimentalismo vago e panteista, con un discorso spirituale inodore, incolore e insapore. È il tipico “buonismo” infantile del politicamente corretto tanto apprezzato per il suo presunto essere progressista.

Una persona in carne e ossa

Entrambe le posizioni si sono dimenticate di Cristo fatto carne che viene fuori nell’incontro con l’uomo così come è, con tutti i suoi limiti, non nonostante quelli ma con quelli. Cristo non è un manuale di morale che a ogni condotta assegna un premio o un castigo e neppure è una figura diffusa o un eroe sociale con alcune idee buone e rivoluzionarie. In fondo queste due posizioni sono errate e partono dalla superbia dell’uomo, che non si lascia abbracciare da Dio e costruisce una fede ideologica che può avere varianti: liberale, marxista, ecologista, moralista, nazionalista, eccetera. In questa situazione ci troviamo, cristiani tristi senza niente da offrire a una società che inesorabilmente è ogni giorno più materialista e relativista, anche quando non lo sia coscientemente o non lo riconosca, ma nella sua forma di vivere e pensare lo è.

La sete di verità batte dentro il nostro cuore, la ragione cerca la verità e questo desiderio non sarà soddisfatto finché non incontrerà una risposta tanto grande o maggiore del suo stesso anelito. In questo contesto dell’umano, non è salvando gli alberi o gli animali che salveremo il pianeta, questa sarà la conseguenza quando l’uomo avrà compreso che lui per primo ha bisogno di essere salvato.

paldo.trento@gmail.com

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