La Cei di Matteo Zuppi oltre la retorica sul “prete di strada”

Il nuovo presidente dei vescovi italiani è descritto soprattutto come semplice e attento agli ultimi. Ma il suo è anche un profilo "politico"

L’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, con Papa Francesco durante il Concistoro in cui è stato creato cardinale, il 5 ottobre 2019 (foto Ansa)

La nomina di Matteo Zuppi alla presidenza della Cei è stata salutata con soddisfazione bipartisan da politici, intellettuali, giornali e semplici fedeli. È difficile trovare qualcuno che non esprima stima nei confronti dell’arcivescovo di Bologna, che non lo consideri amico e che non sottolinei la sua capacità di ascolto e di dialogo.

Zuppi non è solo “prete degli ultimi”

Papa Francesco, che i retroscenisti vaticani davano più propenso a nominare Augusto Lojudice, oggi arcivescovo a Siena, ha scelto Zuppi dopo che questi era risultato essere il più votato dai vescovi italiani nella terna tra cui il Pontefice avrebbe dovuto pescare. Il presule romano, legato a Sant’Egidio, eredita una Conferenza episcopale che dopo gli anni ruggenti di Ruini e Bagnasco ha perso peso e centralità nel discorso pubblico ma soprattutto politico italiano. Leggendo i suoi ritratti usciti sui giornali oggi ci si imbatte in molta retorica: «prete degli ultimi», «prete di strada», «il vescovo che viene dalle periferie», l’amico dei poveri, l’arcivescovo che si fa chiamare «don», il vescovo che non si fa baciare l’anello, «il don Matteo di tutti», e poi la sintonia con Papa Francesco nella scelta di non vivere nell’arcivescovado ma con gli altri preti “semplici”, gli spostamenti in bicicletta per le vie di Bologna, e così via.

Bisogna fare lo slalom tra lo zucchero dei giornali per rendersi conto che, come scrive Matteo Matzuzzi sul Foglio, ridurlo a macchietta “sociale” «farebbe torto prima di tutto a lui. Matteo Zuppi non è il curato d’Ars, non è in cerca di beatificazioni e canonizzazioni. È uomo che conosce la politica, l’ha vissuta». Il neopresidente della Cei ha il pregio di essere autorevole (e di essere considerato tale da tutti), di non avere un profilo divisivo ma neppure di essere un “tiepido” come tanti suoi colleghi vescovi. «La Cei tornerà a vivere nel dibattito pubblico, come ai tempi della lunga stagione ruiniana», è la previsione di Matzuzzi, «tornerà a risplendere sulle prime pagine dei giornali, le sue assemblee e i suoi consigli permanenti faranno notizia, s’attenderà con trepidazione quel che il presidente dirà sui temi d’attualità, che siano relativi al ddl Zan o al fine vita».

La “benedizione” di Casini: «Con lui la Cei torna protagonista»

«Non è solo un prete di strada», ha sottolineato in un’intervista al Messaggero Pier Ferdinando Casini, che “don Matteo” lo conosce bene essendo bolognese. Il senatore di scuola democristiana rifugge gli stereotipi con cui viene dipinto il nuovo capo dei vescovi italiani, pur confermandone «la capacità di ascoltare tutti» e di essere inclusivo. Per l’ex presidente della Camera Zuppi «può veramente dare una spinta alla Conferenza episcopale» che da tempo patisce «una certa afonia». L’arcivescovo di Bologna è «la persona giusta» per rilanciare il ruolo dei cattolici italiani, dice Casini, «è un presenzialista, uno che c’è e si fa sentire», uno con cui la Cei «tornerà a farsi sentire e avrà un nuovo protagonismo, anche grazie a un’interlocuzione più serrata con la politica».

Se quello di Casini resterà soltanto un auspicio si vedrà presto: Zuppi dovrà affrontare il delicatissimo dossier delle accuse di abusi nella Chiesa, e decidere se istituire una commissione ad hoc che studi la faccenda, oltre che il ritorno del ddl Zan in Parlamento, che già aveva criticato in passato. Chi lo conosce assicura che saprà come muoversi: è uno che sa che «non basta per essere cattolici aiutare i più deboli e compiere opere di solidarietà», ha detto ancora Casini al Messaggero, «ci sono valori ben definiti».

Una Chiesa dialogante ma dai giudizi chiari, di nuovo “al centro del villaggio” anche grazie a quella che Casini chiama «furbizia politica» di Zuppi (qualità di cui l’ex leader udc è certamente dotato, e che sa riconoscere). Non aspettiamoci una Cei battagliera e pronta allo scontro con il mondo come ai tempi di Ruini, ma neppure, come sembra da certi peana letti sui giornali, una Cei attenta solo ai poveri e agli emarginati.

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